Condominio per la gestione di canali di bonifica e durata temporale dell'accertamento di non debenza dei contributi imposti

AutoreAntonio Nucera
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giur giur
Arch. loc. cond. e imm. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
tenuto non dovuto il contributo consortile da parte di con-
dominii privati cui era stata demandata la manutenzione
della rete dei canali di distribuzione delle acque. Secondo
i Giudici bolognesi, infatti, la c.t.u., eseguita in primo gra-
do, aveva consentito di rilevare che la gestione di tale rete
era stata aff‌idata agli utenti dei singoli rivi costituiti in al-
trettanti condominii i quali avevano provveduto “alla ma-
nutenzione dei canali e alla gestione della risorsa idrica”.
E da tanto i giudici d’appello avevano fatto discendere che
dall’attività consortile non erano conseguiti (e non conse-
guivano) “benef‌ici economicamente apprezzabili” a favore
degli immobili di interesse.
Tesi, questa, alla quale la Corte di cassazione, nella cir-
costanza, si allinea, liquidando come inammissibile l’ec-
cezione sollevata dal Consorzio di Piacenza circa l’omesso
esame, in sede di appello, della documentazione prodotta
a dimostrazione della (presunta) effettuazione, da parte
dello stesso ente, dell’attività manutentiva ordinaria della
rete idraulica. E ciò, perché tale produzione era stata giu-
dicata tardiva dalla corte territoriale e questo non era sta-
to oggetto di censura in quella sede.
La conclusione della Cassazione, al di là del problema
della tardività della documentazione prodotta, non avreb-
be potuto, del resto, essere diversa.
Come abbiamo visto, infatti, per la giurisprudenza non
rileva né il benef‌icio complessivo che deriva dall’esecuzio-
ne di tutte le opere di bonif‌ica, destinate a f‌ini di interes-
se generale, né il miglioramento complessivo dell’igiene e
della salubrità dell’aria: occorre un incremento di valore
dell’immobile soggetto a contributo, in rapporto causale con
le opere di bonif‌ica (e con la loro manutenzione). Conclu-
sione, questa, che ha portato a sostenere, anche, che il c.d.
“rischio evitato” (intendendosi con ciò opere manutentive e
interventi consortili tali da scongiurare il pericolo di eson-
dazioni, allagamenti o tracimazioni d’acqua) non costitui-
sca di per sé incremento di valore e, dunque, presupposto
suff‌iciente ed idoneo a rendere legittima l’applicazione del
contributo obbligatorio (cfr. P. FRATTINI, La giurispruden-
za ed i contributi di bonif‌ica: realtà e prospettive. Il c.d.
ricorso cumulativo/collettivo, in questa Rivista, 2011, 407).
Nel caso che ci occupa non solo non emerge alcuno dei
presupposti indicati ma, addirittura, la gestione della rete
dei canali di distribuzione delle acque risulta attribuita
agli utenti dei singoli rivi che, costituiti in condominio,
provvedono – come abbiamo visto – essi stessi alla manu-
tenzione di detti canali e alla gestione della risorsa idrica.
Con la conseguenza che l’attività consortile non apporta,
all’evidenza, alcun incremento di valore agli immobili sog-
getti a contributo.
Ma la decisione in rassegna va esaminata anche sotto
un altro prof‌ilo: come abbiamo accennato, infatti, si sof-
ferma sulla natura tributaria del contributo di bonif‌ica e
sugli effetti che derivano da tale natura in relazione alla
liquidazione delle spese processuali.
Ma la tesi sostenuta è da respingere.
All’azione di accertamento in questione, infatti, non
può essere riconosciuta una valenza riconducibile ad un
singolo anno impositivo. E questo perché è di tutta evi-
denza come l’esito favorevole del giudizio comporti, per gli
interessati, l’esonero def‌initivo – salvo, ovviamente, non
mutino i presupposti di fatto (e ciò venga accertato giu-
dizialmente) – dal pagamento del contributo consortile.
Circostanza, che giustif‌ica pienamente l’assunto circa il
valore indeterminabile della controversia.
Ma, anche a voler accogliere la ricostruzione della
Cassazione, non si può non osservare come il principio
espresso, mutuato dalla disciplina tributaria, possa vale-
re solo ai f‌ini della determinazione del valore della causa;
non certo con riguardo agli effetti della pronuncia, la qua-
le, pertanto, allo stato, solleva def‌initivamente gli interes-
sati dall’obbligo di contribuenza.
Dello stesso avviso, d’altra parte, è anche autorevole
dottrina (Vittorio Angiolini, professore ordinario presso
l’Università degli Studi di Milano, su interpello Confedi-
lizia).
È stato evidenziato, infatti, che decisioni come quella
che ci occupa valgono “anche per l’avvenire” f‌intanto che
“la situazione (accertata) resti immutata (di fatto e di di-
ritto), è cioè con il limite del principio del rebus sic stan-
tibus”. Questo, peraltro, con l’ulteriore precisazione che
l’onere di dimostrare un eventuale mutamento di siffatta
situazione spetterebbe comunque all’ente impositore, con
la conseguenza che i contributi non sarebbero dovuti sino
a che il Consorzio, nelle dovute forme amministrative,
non comprovasse “ex novo la sussistenza dei presupposti
dell’imposizione, sulla base di fatti diversi o di un diverso
diritto”. Ciò che signif‌ica – in estrema sintesi – che si può
“non pagare f‌ino a un diverso accertamento dei presuppo-
sti e ripetere quanto indebitamente corrisposto, salvo il
limite della prescrizione”.
Fatte queste debite precisazioni, va comunque sotto-
lineato come la decisione in commento, nel cristallizzare
il principio di cui alla massima, non possa che essere ac-
colta con estremo favore, portando chiarezza su un tema
assai delicato come la richiesta di contribuenza, allorché
la gestione della rete dei canali di distribuzione delle ac-
que sia curata dagli stessi utenti dei singoli rivi, costituiti
in condominio.
il Consorzio si duole dell’omesso esame del fatto deci-
sivo inerente l’avvenuta effettuazione da parte sua dell’at-
tività manutentiva ordinaria della rete idraulica, che sa-
rebbe stata evincibile - sempre a suo dire - dai documenti
prodotti in giudizio; sennonché lo stesso ricorrente assu-
me che la corte territoriale aveva inf‌ine ritenuto tardiva
la detta produzione, poiché effettuata dopo lo scadere dei
termini di cui all’art. 184 c.p.c.; e la questione relativa alla
tardività dei documenti non è stata oggetto di censura;
col terzo mezzo il ricorrente censura la sentenza per-
chè nel valutare le prove poste a fondamento del giudizio
non avrebbe indicato le ragioni che supponevano di dare a
quelle prove un determinato signif‌icato;
il motivo è inammissibile per genericità; sotto spoglie
di denunzia di violazione di norme processuali mira difatti
a censurare l’apprezzamento di merito, che la corte d’ap-
pello ha chiaramente desunto dalle risultanze della c.t.u.;
il quarto motivo è invece fondato;
la corte d’appello ha liquidato le spese sul presupposto
del valore indeterminabile della controversia; di contro -
alla controversia doveva essere attribuito il valore desunto
della pretesa tributaria indicata nell’avviso di mora (lire
25.000, nel controvalore in euro), alla cui notif‌ica era con-
seguita - come si dice nell’incipit della sentenza stessa -
l’azione di accertamento negativo;
come detto il contributo di bonif‌ica possiede indubbia
connotazione tributaria (v. tra le altre Cass. sez. un. 8770-
16), e in materia tributaria vige il principio dell’autonomia
dei singoli periodi;
l’azione di accertamento negativo andava dunque ai
f‌ini del valore della causa relazionata all’obbligazione de-
sunta dall’avviso di mora, visto che ogni debito tributario
si misura in relazione ai fatti che si siano verif‌icati - o che
si assuma non si siano verif‌icati - nel corrispondente pe-
riodo; il quinto motivo è assorbito;
la sentenza va cassata in relazione al solo quarto mo-
tivo;
segue il rinvio alla corte d’appello di Bologna che, in
diversa composizione, provvederà a liquidare le spese pro-
cessuali uniformandosi al principio sopra detto;
la corte d’appello provvederà anche sulle spese del giu-
dizio svoltosi in questa sede di legittimità. (Omissis)
CONDOMINIO PER LA GESTIONE
DI CANALI DI BONIFICA
E DURATA TEMPORALE
DELL’ACCERTAMENTO
DI NON DEBENZA
DEI CONTRIBUTI IMPOSTI
di Antonio Nucera
La pronuncia in rassegna tratta della legittimità
dell’imposizione consortile laddove la gestione della rete
dei canali di distribuzione delle acque sia stata deman-
data agli utenti dei singoli rivi, costituiti in altrettanti
condominii, e questi provvedano alla manutenzione di tali
canali ed alla gestione della risorsa idrica. Altresì, si sof-
ferma sulla natura tributaria del contributo di bonif‌ica e
sugli effetti che derivano da tale natura in relazione alla
liquidazione delle spese processuali. Sul primo punto la
conclusione, che si allinea al ragionamento dei giudici di
merito, è ineccepibile. Sul secondo punto, invece, la tesi
sostenuta non può essere condivisa.
Rammentiamo che la normativa statuale di riferimento
in tema di consorzi di bonif‌ica è essenzialmente contenuta
nel R.D. n. 215 del 13.2.1933 (c.d. legge Serpieri), oltreché
nel codice civile (dall’art. 857 all’art. 865). Da tale quadro
normativo emerge il principio – consolidato in giurispruden-
za – secondo cui l’obbligo di contribuire alle opere eseguite
da un consorzio di bonif‌ica (e, quindi, l’assoggettamento al
potere impositivo di quest’ultimo) postula la proprietà di
un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che
tragga vantaggio, cioè un incremento di valore, da quelle
opere. Tale vantaggio, peraltro, deve essere diretto e specif‌i-
co, conseguito o conseguibile dal singolo fondo a causa della
bonif‌ica; deve essere, cioè, idoneo a tradursi in una qualità
del fondo, ossia dar luogo ad un vero e proprio incremento
di valore dello stesso, non essendo suff‌iciente un benef‌icio
relativo al complessivo territorio e meramente derivante
solo per rif‌lesso dall’inclusione in esso del bene.
Trattasi di un principio frutto di un’evoluzione giu-
risprudenziale segnata dall’arresto delle Sezioni Unite
(sent. n. 8960 del 14.10.1996, in www.latribunaplus.it)
che affermarono che il benef‌icio deve essere diretto e
specif‌ico, conseguito o conseguibile a causa della bonif‌ica,
e cioè tradursi in una "qualità" del fondo. Con la conse-
guenza, per un verso, che non è suff‌iciente qualsiasi tipo
di vantaggio, ma è necessario che si tratti di un vantaggio
di tipo fondiario, cioè strettamente incidente sull’immo-
bile soggetto a contribuzione, e derivante dalla bonif‌ica e
non dalla pura e semplice inclusione del bene nel relativo
comprensorio. Per altro verso, che il benef‌icio non pos-
sa essere generico, e ciò perché non attiene al territorio
nel suo complesso, ma al bene specif‌ico di cui si tratta: si
perderebbe, altrimenti, l’inerenza al fondo benef‌iciato, la
quale è invece assicurata dal carattere particolare (anche
se ripetuto per una pluralità di fondi) del vantaggio stesso
(cfr., ex multis, Cass. sent. n. 8770 del 10.4.2009, in CED,
Archivio civile, rv. 608020-01).
Nel caso di specie, la Corte di appello di Bologna, con-
fermando la decisione del Tribunale di Piacenza, aveva ri-

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