I condomini non rispondono in solido (secondo la Corte di Cassazione): variazioni sul tema della capacità giuridica del condominio

AutoreNino Scripelliti
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  1. – Le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione sono la legge: va bene discuterle, ma poi bisogna attuarle; da parte dei giudici e nel diritto vivente della realtà quotidiana e della prassi condominiale. Nondimeno le sentenze dissonanti rispetto alla nota sentenza n. 9148/20081 dalla quale la presente nota prende spunto, vanno salutate con favore perché dimostrano che il fermento suscitato dal dictum della Corte è tutt’altro che sopito, e che gli operatori della quotidiana realtà condominiale (in primo luogo l’amministratore, i condomini, i residenti a vario titolo nell’edificio, ma anche i fornitori di merci e di servizi) stentano ad adeguarsi al principio affermato dalla Corte. È vero che la sentenza ha dettato principi che riducono la responsabilità dei condomini adempienti rispetto alle obbligazioni condominiali, esonerandoli dal fardello della responsabilità solidale con i condomini inadempienti e soprattutto insolventi, ma si può dubitare che l’esonero dei condomini dal vincolo della solidarietà abbia reso un buon servizio al condominio, quale organizzazione della aggregazione di proprietari delle diverse unità immobiliari di un edificio. Il condominio, divenuto debitore meno affidabile, è destinato a scontare tale sua condizione sul prezzo dell’acquisto di servizi e forniture, con maggiori oneri, economici e contrattuali. Ma non basta; la sentenza della Corte si pone in controtendenza rispetto alle attuali linee evolutive dell’istituto condominiale per il quale la tradizionale disciplina codicistica si dimostra inadeguata a causa di numerosi fattori, quali l’aumento delle dimensioni degli edifici condominiali e la crescente complessità dei servizi e degli impianti ed in generale della attività amministrativa necessaria per la gestione. Si giustifica quindi, in prospettiva, l’emersione ed il consolidamento della maggiore capacità giuridica e della personalità pur embrionale del condominio (che è presupposto della prima)2, rispetto alla quale la sentenza della Corte ha affermato la divisione delle obbligazioni condominiali di pagamento, si presenta come dissonante.

  2. – L’analisi della sentenza evidenzia una lacuna nella considerazione della amministrazione condominiale, che è di competenza dell’amministratore indicato come mandatario con rappresentanza dei condomini, ma soprattutto della assemblea quale principale motore della gestione condominiale3 ed organo collegiale al quale direttamente o indirettamente (tramite l’amministratore) risale l’attività negoziale del condominio e l’assunzione delle obbligazioni. Secondo la sentenza, i presupposti della solidarietà passiva, in generale, sono rappresentati dalla identica causa dell’obbligazione, dalla pluralità di debitore dalla indivisibilità della prestazione: la pluralità di debitori, a ben vedere, non è presupposto in senso proprio ma precondizione logica della solidarietà passiva, e quanto alla indivisibilità della prestazione, occorre dire che se l’integrale adempimento da parte di un solo obbligato è imposto dalla unicità dell’oggetto della obbligazione, siamo al di fuori del concetto stesso di solidarietà. Si deve inoltre considerare che l’attività negoziale del condominio, dalla quale possono scaturire obbligazioni, è imputabile non solo all’amministratore qualificato come mandatario e che pure dispone di una sua competenza4, ma ancora prima alla assemblea, alla cui volontà risale la sua nomina.

    Dunque, la sentenza della Corte afferma che nel caso del condominio siamo in presenza di una pluralità originaria di debitori. Tuttavia occorre chiedersi se, a differenza di quanto affermato dalla sentenza, il procedimento di formazione della volontà del condominio diretto a contrarre obbligazioni (a parte si vedrà il caso delle obbligazioni extracontrattuali), sia imputabile al condominio come soggetto unitario piuttosto che ai singoli condomini. La volontà del condominio si forma infatti per effetto di atti dell’amministratore la cui competenza è fissata dall’art. 1130, e di deliberazioni della assemblea. La sentenza della Corte di cassazione non elude il profilo delle obbligazioni assunte per atto dell’amministratore, ma lo affronta attribuendo a questo la condizione di mandatario con rappresentanza di ogni singolo condomino per effetto del mandato collettivo insito nella nomina, con la conseguenza che ogni atto del mandatario-rappresentante obbliga (ed è imputabile direttamente ad) ogni singolo mandante nei limiti della sua quota millesimale.

    Nondimeno si può dubitare se non si tratti di semplificazione tradizionale e di tralaticia approssimazione nella definizione di un rilevante aspetto della disciplina condominiale che non tiene alcun conto del principio maggioritario che presiede alla amministrazione condominiale, a differenza della amministrazione diffusa tipica della comproprietà5 6, ed alla formazione e manifestazione della volontà della assemblea, per effetto del quale la contestuale espressione del voto della maggioranza dei componenti dell’organo collegiale, debitamente convocato e costituito e secondo le regole dell’art. 1136 (ma il principio vale per ogni organi colle-Page 528giale), fa nascere dalle volontà dei singoli condomini, maggioranza o minoranza ed anche dalla volontà dei condomini contrari e dalla non volontà degli assenti e degli astenuti, la volontà unitaria dell’organo collegiale.

    Questa volontà appare direttamente imputabile ad un soggetto diverso dai singoli condomini e che, sul piano formale, è frutto dell’ordinamento del condominio, mentre sul piano sostanziale ha la funzione di realizzare e tutelare interessi superindividuali rispetto agli interessi individuali dei condomini. Certo, per semplicità ma inesattamente, si può parlare, come fa la sentenza della Cassazione, di amministratore come mandatario-rappresentante in quanto tale del contratto di mandato che si sostiene essere stato stipulato con ogni condomino per effetto della deliberazione della assemblea, ma in realtà l’amministratore è legato alla entità ed alla collettività condominiale da un rapporto organico, costituito con deliberazione (della maggioranza) della assemblea. Non esiste infatti strumento o istituto civilistico che ammetta la costituzione di un rapporto contrattuale (di mandato) e nel caso, anche di rappresentanza, in assenza o contro la...

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