Locazioni commerciali, pattuizioni in corso di contratto

AutoreLuigi Tiscornia
Pagine423-424

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La sentenza in rassegna si rifà a quella normativa che nel 1978 diede subito luogo ad una serie infinita di discussioni e di controversie in ordine alla sua applicabilità alle locazioni vigenti, perché molte di queste erano basate, a differenza di altre, su contratti così detti «liberi», con - per le due categorie - diversa disciplina. Le altre cause, quelle in materia di cifre pagate in più o in meno, sono invece successive di qualche anno e fanno riferimento, quindi, più o meno al 1982: con la conseguenza che da allora sono passati esattamente vent'anni.

Il tempo non ha comunque influito per nulla sulla Repubblica italiana, che ha mantenuto regolarmente in vigore la legge: laddove le leggi possono durare non venti, ma anche oltre cento anni. Se la materia delle espropriazioni, che ha trovato una nuova disciplina con il 2002, era stata regolamentata sino a questo anno dalla legge 2359 che risale, è noto, al 1865. Sempre che però esse abbiano una loro ragion d'essere.

Nel caso la legge è stata invece mantenuta per un settore, quello del commercio, che di sua natura è quanto di più agile, movimentato, veloce, intelligente, duttile, sensibile, si possa pensare, di tal che del mantenimento in vigore della legge dell'equo canone per le locazioni commerciali non si è mai avvertita necessità alcuna.

E c'è ancora di peggio: perché se la Repubblica italiana mantiene in vigore una legge che poteva avere forse una sua giustificazione appunto vent'anni fa, essa è poi interpretata dai suoi giudici in modo tale da lasciar pensare che essi non si siano resi conto dell'essere tali vent'anni ormai trascorsi.

Più in dettaglio, quello che è poco comprensibile è come si possa parlare, in materia di «equo canone» commerciale, di nullità: considerato che l'equo canone per così dire «vero» aveva una base di partenza che - formata dal conteggio dei metri dell'appartamento per la sua ubicazione e per la vetustà e per quant'altre voci occorreva conoscere - risultava infine rigida, immutabile, indiscutibile, ufficiale.

Così che sgarrare rispetto ad essa era effettivamente un qualche cosa di non ammissibile e di non concepibile perché - stabilita tale base in modo dogmatico - mancava ogni possibilità di discussione e di contestazione.

Fatta questa premessa - e tenuto così conto che qui, al contrario, non esiste una base di partenza intoccabile, assoluta e, per così dire, pubblica - ne deriva che l'articolo 79 non risulta applicabile: perché esso colpisce...

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