Brevi cenni sul giudizio di opposizione a cartella esattoriale relativa a violazioni del codice della strada

AutorePatrizia Bianchetto
Pagine465-467

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@1. Premessa

- Il giudizio in esame è stato introdotto nella pratica giudiziaria a seguito di una importante pronuncia della Corte costituzionale, la quale, con sentenza n. 437 del 6-21 settembre 19951, ne ha chiarito l'ambito di applicazione.

Il giudizio era stato originato dalla asserita illegittimità costituzionale dell'art. 203 e dell'art. 206 c.s. e degli artt. 53 e 54 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito; tali norme, secondo il pretore rimettente, non avrebbero consentito al giudice, in sede di opposizione avverso la cartella esattoriale emessa per la riscossione di somme a titolo di sanzione da infrazione stradale, di disporre la sospensione dell'esecutorietà del ruolo.

Con la cennata sentenza, il giudice delle leggi ha ritenuto che anche l'art. 22 ultimo comma della L. n. 689/81 fosse applicabile nel giudizio di opposizione avverso la sanzione amministrativa non irrogata con ordinanza-ingiunzione, con possibilità, quindi, per il giudice ordinario di sospendere la riscossione.

La Corte, con sentenze n. 255 del 20 giugno 1994 e n. 311 del 6 luglio 1994, aveva in precedenza chiarito che il preventivo esperimento del ricorso amministrativo avverso il verbale di accertamento di un'infrazione stradale doveva ritenersi meramente facoltativo e rimesso alla scelta dell'interessato.

La procedura da seguirsi è quella disciplinata dagli artt. 22 e ss. della L. 24 ottobre 1981, n. 689.

@2. L'atto introduttivo. Legittimazione attiva e passiva

- Il ricorso deve essere presentato, a seguito delle recenti modifiche apportate dal D.L.vo 30 dicembre 1999, n. 507, entrato in vigore il 15 gennaio 2000, all'ufficio del giudice di pace; in precedenza, si effettuava mediante deposito presso la cancelleria del giudice unico del tribunale, a seguito dell'avvenuta soppressione delle preture operata con il D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51.

La presentazione deve avvenire mediante consegna a mani del cancelliere e non a mezzo posta, poiché solo la consegna costituisce il presupposto per portare il ricorso a conoscenza del giudice; al riguardo, la Cassazione non ritiene applicabile analogicamente l'art. 134 att. c.p.p. che prevede la possibilità di spedire a mezzo posta il ricorso per cassazione2.

In pratica si riscontra una estrema difficoltà da parte dei privati nel comprendere i contenuti della cartella di pagamento o dell'eventuale avviso di mora, sia per le loro caratteristiche grafiche sia per la distanza temporale intercorrente tra la notifica del verbale o dell'ordinanza inserita a ruolo e il ricevimento della cartella stessa.

Per ciò che riguarda il contenuto, non pare che il decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321 abbia apportato sostanziali modifiche al riguardo, limitandosi a stabilire che, nel caso in cui l'iscrizione a ruolo consegua ad un atto precedentemente notificato, oltre ai dati relativi all'ente creditore, al codice fiscale, ai dati anagrafici del debitore e all'importo dovuto, devono esserne indicati gli estremi e la data di notifica.

La sinteticità dei dati è confermata dalla giurisprudenza più recente, secondo la quale la cartella esattoriale deve contenere gli «elementi necessari e sufficienti affinché il destinatario possa individuare a quale infrazione il pagamento richiesto si riferisca ricollegando infrazione e pagamento» e perché ciò avvenga è sufficiente che sia riportato il numero del verbale e la relativa data3.

L'inserimento a ruolo dei verbali del c.s. (e delle ordinanze-ingiunzioni prefettizie) non è soggetto ai brevi termini di decadenza di cui all'art. 17 comma 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e ciò per effetto del combinato disposto dell'art. 6 del D.L.vo 26 febbraio 1999, n. 46 (recante norme in materia di riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'art. 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337) - che ha sostituito l'art. 17 cit. - e dell'art. 23 dello stesso D.L.vo.

Tale ultima norma ha, infatti, stabilito che le disposizioni dell'art. 17 si applicano esclusivamente alle imposte sui redditi e all'imposta sul valore aggiunto.

Peraltro, già prima della modifica legislativa appena ricordata, la giurisprudenza non dubitava che in materia di formazione e trasmissione di ruoli da parte del prefetto trovasse applicazione unicamente la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 209 c.s. per le sanzioni previste dal c.s. e dall'art. 28 della L. n. 689/81 per...

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