Riforma del catasto (punti fermi), blocco «sfratti» e ici aree fabbricabili

AutoreCorrado Sforza Fogliani
Pagine353-355

Page 353

@1. Riforma del Catasto (punti fermi)

- Il Catasto conosce di questi tempi un'improvvisa popolarità. Ma la confusione è tanta (e permette giochi di parole diversivi, a vanvera). Per orientarsi nella materia, è indispensabile porre alcuni punti fermi.

  1. Il Catasto in essere è un Catasto che censisce il valore degli immobili del biennio 1988-89. I valori riscontrati sul mercato vengono - ai fini della tassazione - ricondotti a (finti) redditi con l'applicazione di tre (apodittici) coefficienti, validi per l'Italia intera: 1, per le abitazioni; 2, per gli uffici;

    3, per i negozi. L'iniquità è questa (altro che l'abusato, e papagallesco, confronto romanocentrico fra Piazza di Spagna e periferia).

    Questo tipo di Catasto è stato giudicato illegittimo - su ricorso della Confedilizia - dal Tar Lazio e dal Consiglio di Stato e, come rimedio, nel 1993 è stato dal Governo Amato «legificato»: di qui, il ricorso della Confedilizia - allora - alla Corte costituzionale che, nel 1994, soprassedette ad ogni dichiarazione di illegittimità rilevando «la transitorietà della disciplina denunciata, superata dai nuovi criteri indicati dal legislatore, e cioè il valore di mercato insieme al valore locativo».

  2. La normativa per la riforma del Catasto che è attualmente in vigore (normativa varata nel 1998 - Governo Prodi, Ministro delle Finanze Visco - e confermativa di quella richiamata dalla Corte costituzionale) stabilisce la revisione delle tariffe d'estimo «facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare».

    L'attuale Governo ha invece presentato un disegno di legge - in discussione alla Commissione finanze della Camera - che prevede la messa a regime di un Catasto patrimoniale, e cioè di valori che verrebbero ricondotti a redditi attraverso l'applicazione di «saggi di redditività».

    Aperture, a suo tempo ottenute dal Governo, per la rilevazione sul territorio anche dei redditi, non sono state di fatto confermate in sede parlamentare. I «saggi di redditività» verrebbero quindi fissati senza alcun aggancio alla realtà reddituale, piegabili - in qualsiasi momento e con qualsiasi Governo - ad esigenze di cassa del momento, oltretutto in palese spregio alla riserva di legge prevista in materia dalla Costituzione.

    Stante la rilevata discrezionalità dei saggi in parola, si avrebbe di fatto un Catasto patrimoniale e basta, verificato sul territorio. Con un ritorno a quel carattere della patrimonialità che contraddistingueva i vari Catasti italiani addirittura preunitari, e che venne abbandonato dallo Stato unitario proprio con la legge di perequazione tributaria. Al proposito non si può non rilevare la forte connotazione ideologica della scelta del Governo di tassare in buona sostanza i valori, e cioè il patrimonio (indipendentemente dalla fuorviante, e illusoria, riconduzione del Catasto patrimoniale a redditi, come visto). Che è...

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