La Cassazione riconferma l'applicabilità della concessione del termine di grazia anche nelle azioni ordinarie di risoluzione locatizia, quand'anche deferite alla decisione arbitrale

AutoreAldo Carrato
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giur
2/2015 Arch. loc. e cond.
LEGITTIMITÀ
chiesta in un ordinario giudizio di cognizione, trovando
in tal caso applicazione l’art. 1453, comma 3, c.c. il quale
non consente al conduttore di adempiere la propria ob-
bligazione dopo la proposizione della domanda (cfr. Cass.,
Sez. I, 8 agosto 1996, n. 7302; Cass., Sez. III, 7 agosto 1996,
n. 7253; 29 novembre 1994, n. 10202). Per effetto di tale
orientamento, l’applicabilità dell’istituto in esame doveva
ritenersi esclusa anche nel caso in cui la domanda di riso-
luzione fosse stata avanzata dinanzi agli arbitri ai quali le
parti avessero devoluto le controversie derivanti dal con-
tratto di locazione, non potendo essere proposta in sede
arbitrale la domanda di convalida dello sfratto, attribuita
alla competenza funzionale ed inderogabile del Giudice
ordinario, e restando quindi circoscritta la predetta pos-
sibilità alla sola ipotesi in cui il procedimento arbitrale
fosse stato preceduto da quello di cui all’art. 658 cit. Se-
nonché, la Corte costituzionale, alla quale era stata rimes-
sa la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 cit.,
nella parte in cui non consentiva la sanatoria giudiziale
della morosità nel giudizio ordinario di risoluzione, la di-
chiarò infondata, rilevando che il testuale riferimento di
tale disposizione alla sede giudiziale ed alla prima udienza
non era suff‌iciente a circoscriverne l’ambito applicativo al
procedimento per convalida di sfratto, e ritenendo per-
tanto possibile un’interpretazione idonea ad escludere il
prospettato contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. (cfr. Corte
cost., sent. n. 3 del 1999). A seguito di tale pronuncia, la
giurisprudenza di legittimità ha mutato orientamento, ri-
conoscendo l’applicabilità della sanatoria anche in caso di
proposizione della domanda di risoluzione in via ordinaria
(cfr. Cass., Sez. III, 18 luglio 2008, n. 19929; 24 febbraio
2000, n. 2087), con la conseguenza che la stessa deve rite-
nersi ammissibile anche nell’ipotesi in cui la domanda sia
proposta direttamente dinanzi agli arbitri.
2.2. - Nella specie, tuttavia, l’ammissibilità della
sanatoria avrebbe dovuto comunque essere esclusa in
virtù della circostanza, risultante dalla sentenza impu-
gnata, che il contratto di locazione aveva ad oggetto un
immobile adibito ad uso commerciale, al quale non era
pertanto applicabile la disciplina dettata dalla L. n. 392
del 1978, art. 55, che, facendo testualmente riferimento
alla morosità nel pagamento dei canoni o degli oneri di
cui all’art. 5 della medesima legge, riguarda le sole lo-
cazioni d’immobili destinati ad uso abitativo (cfr. Cass.,
Sez. III, 31 maggio 2010, n. 13248; 19 maggio 2006, n.
11777; 11 maggio 2005, n. 9878). La questione di legit-
timità costituzionale di tale disposizione, nella parte in
cui non consente la sanatoria della morosità per i con-
tratti di locazione ad uso diverso da quello di abitazione,
è stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte
costituzionale, la quale ha escluso che un siffatto tratta-
mento differenziato si ponga in contrasto con gli artt. 3 e
24 Cost., evidenziando la disomogeneità delle situazioni
poste a confronto, e precisando che attraverso il ricono-
scimento della predetta possibilità il legislatore ha inte-
so, nell’esercizio della propria discrezionalità, appresta-
re all’interesse primario della persona all’abitazione una
tutela eccezionale e perciò stesso più intensa di quella
riconosciuta all’interesse economico di cui è portatore
il conduttore d’immobili destinati ad uso non abitativo
(cfr. Corte cost., ord. n. 410 del 2001).
3. - Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese proces-
suali, che si liquidano come dal dispositivo. (Omissis)
lA cAssAzione riconfermA
l’ApplicAbilità
dellA concessione
del termine di grAziA
Anche nelle Azioni
ordinArie di risoluzione
locAtiziA, quAnd’Anche
deferite AllA decisione
ArbitrAle
di Aldo Carrato
La sentenza in rassegna ci consente di riprecisare
quale sia l’ambito oggettivo di applicabilità della speciale
disciplina del c.d. “termine di grazia” prevista dall’ancora
vigente art. 55 della L. n. 392 del 1978.
Com’è noto, nel procedimento di sfratto per morosità,
l’intimato, all’udienza di convalida, anziché acconsentire
all’emanazione dell’ordinanza di convalida (ed anzi, per
evitare questa eventualità) ovvero opporsi formalmente (od,
in alternativa, scegliere di pagare solo la somma non conte-
stata, secondo la previsione scaturente dall’art. 666 c.p.c.),
può scegliere di procedere alla (completa ed integrale) sa-
natoria della morosità dedotta con l’intimazione, in tal modo
ricorrendo all’istituto disciplinato dal citato art. 55 della L.
n. 392 del 1978, così dando vita ad un subprocedimento, at-
traverso il quale vengono stabilite modalità e termini entro i
quali è consentito al conduttore di evitare la convalida.
Al riguardo bisogna sottolineare che all’intimato è ri-
conosciuta una duplice possibilità: di sanare la morosità
nel contesto della stessa udienza pref‌issata per l’eventuale
convalida (ovvero banco iudicis) oppure previa assegna-
zione di apposito termine in sede giudiziale (denominato,
appunto, “termine di grazia” nel gergo forense) (1).
Infatti, il conduttore convenuto può scegliere di sanare
subito spontaneamente la morosità su cui è stata fondata
l’azione di sfratto, corrispondendo i canoni scaduti (e/o

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