Corte di cassazione penale sez. VI, 17 luglio 2013, n. 30788 (c.c. 3 luglio 2013)

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giur
6/2013 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
di proscioglimento, ma altresì, sulla base della loro compa-
razione con il complesso delle prove in precedenza raccol-
te, l’insuscettibilità di queste ultime di essere scardinate, o
anche solo scalf‌ite, dai nuovi elementi dedotti, non avendo
questi ultimi - per la pretesa di far coincidere il dato clini-
co, già oggetto di ampie e convergenti verif‌iche probatorie
nel giudizi di merito, con quello risultante dall’indagine
grafopatologica - quei tratti di decisività che, soli, avrebbe-
ro potuto determinare il sovvertimento dell’accertamento
clinico oggetto delle precedenti acquisizioni.
Nel caso di specie, infatti, la sentenza impugnata, dopo
avere analiticamente ricostruito la vicenda processuale,
ha analizzato i contenuti fondamentali della sentenza di
condanna, ha esaminato quindi, puntualmente, la richie-
sta di revisione ed ha inf‌ine esposto le ragioni per le quali
i nuovi elementi di prova, tenuto conto anche di tutte le
valutazioni cliniche fornite nelle sentenze di merito sfo-
ciate: nel giudicato, non assumono connotazioni tali da
intaccare la struttura portante del precedente giudizio di
responsabilità.
Nella valutazione di una richiesta di revisione spetta
al giudice stabilire se il nuovo metodo scientif‌ico posto
a base della richiesta, scoperto e sperimentato succes-
sivamente a quello applicato nel processo ormai def‌ini-
to, sia in concreto produttivo di effetti diversi rispetto a
quelli già ottenuti e se i risultati così conseguiti, da soli
o insieme con le prove già valutate, possano determinare
una diversa decisione rispetto a quella, già intervenuta,
di condanna (sez. I, n. 15139, dell’8 marzo 2011, dep. 13
aprile 2011, Rv. 249864).
Al rispetto di tali regole si è correttamente unifor-
mata la Corte d’appello, evidenziando al riguardo, con
argomentazioni congruamente sviluppate e prive di vizi
logico - giuridici ictu oculi riconoscibili, come gli elementi
valorizzati nella nuova relazione grafopatologica non pos-
sano considerarsi idonei a sovvertire il giudizio conclu-
sivo delle precedenti valutazioni cliniche effettuate alla
stregua delle evidenze disponibili: il tipo di accertamento
grafopatologico, infatti, non dà conto dell’esistenza di una
patologia ingravescente - che invece emerge nitidamen-
te dagli altri elementi processualmente acquisiti - né vi
correla l’evolversi della scrittura, si da non consentire -
anche in ragione della rilevata insuff‌icienza qualitativa
e quantitativa del materiale documentale vagliato - la
formulazione di congrue valutazioni alternative, in senso
favorevole all’istante.
Nella stessa prospettiva, inoltre, l’impugnata pronunzia
si è soffermata anche sul contenuto della più recente di-
chiarazione del Prof. Volterra, che poneva il dubbio circa
la riconoscibilità nel biennio antecedente - della patologia
della vittima da parte di soggetti diversi da specialisti, os-
servando, per un verso, che quella dichiarazione concorre-
va a suffragare il dato dell’esistenza di una patologia clini-
camente rilevabile e già in precedenza manifestatasi, e, per
altro verso, che se la riconoscibilità di quello stato poteva
escludersi in occasione di incontri occasionali e fugaci,
certo non poteva esserlo per coloro che, come il ricorrente,
si trovavano stabilmente in contato con il Randi.
La Corte d’appello, pertanto, pur non ponendo in di-
scussione l’idoneità del metodo scientif‌ico utilizzato, ha
adeguatamente posto in rilievo come la relazione dedotta
a sostegno della nuova istanza sia inidonea ad alimentare
un legittimo dubbio circa la presenza di un diverso stato
di mente della vittima del reato accertato nel corso del
giudizio di cognizione, ovvero in ordine alla concreta rico-
noscibilità della patologia mentale del Randi nei termini
ivi def‌initivamente acclarati.
Sotto il prof‌ilo della violazione della legge processuale
e del vizio di motivazione, in def‌initiva, si tenta di sotto-
porre alla cognizione di questa Corte la formulazione di
un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce
della modif‌ica dell’art. 606, lett. e), c.p.p., introdotta con
la L. n. 46/2006. Si propone, infatti, una lettura del novum
posto a sostegno dell’istanza di revisione, prospettandone
contenuti sostanzialmente alternativi rispetto a quelli
oggetto della valutazione operata dal giudice di merito, e
sollecitando, in def‌initiva, l’esercizio di un sindacato non
consentito in questa sede, mentre il dato probatorio che si
assume travisato, o illogicamente e contraddittoriamente
motivato, deve avere un evidente carattere di decisività,
non essendo possibile da parte della Suprema Corte di
Cassazione una rivalutazione complessiva delle acquisi-
zioni probatorie, che inevitabilmente sconf‌inerebbe in un
illegittimo apprezzamento di merito.
9. Conclusivamente, sulla base delle su esposte consi-
derazioni, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art.
616 c.p.p.. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 17 LUGLIO 2013, N. 30788
(C.C. 3 LUGLIO 2013)
PRES. GARRIBBA – EST. APRILE – P.M. CESQUI (CONF.) – RIC. BJAOUI
Misure cautelari personali y Estinzione y Termine
di durata massima della custodia cautelare y Com-
puto y Applicazione di una circostanza ad effetto
speciale y Nel corso delle indagini preliminari con
sentenza di applicazione della pena y Ridetermina-
zione del termine y Esclusione.
. In tema di termini di durata massima della custodia
cautelare, il fatto che sia stata pronunciata, nel corso
delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 447 c.p.p.,
sentenza di applicazione della pena con il riconoscimento
di un’attenuante ad effetto speciale (suscettibile, come
tale, di valutazione ai sensi e per gli effetti di cui all’art.
278 c.p.p.), non può comportare la rideterminazione,
con effetto retroattivo, del termine di fase, la cui durata
rimane quindi quella stabilita in relazione alla originaria
formulazione dell’imputazione, non comprensiva di det-
ta attenuante. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 447) (1)
(1) Cfr. sul tema Cass. pen., sez. III, 2 ottobre 2006, Formoso, in que-
sta Rivista 2007, 659 e Cass. pen., sez. IV, 20 novembre 2001, Mohmd
Kalid, ivi 2002, 600, secondo cui ai f‌ini del computo dei termini di

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