Corte di cassazione penale sez. I, 6 settembre 2013, n. 36679 (c.c. 20 giugno 2013)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 1/2014
LEGITTIMITÀ
la sua assenza, che non attengono al diritto di difesa, ma
proprio all’ordinario andamento dell’udienza stessa e del
processo. Diversamente opinando si verrebbe a delineare
una sorta di rimessione in termini, in favore dell’imputato
assente - non espressamente prevista, né deducibile dal si-
stema - per fatti verif‌icatisi in udienza». Principi ribaditi
dagli interventi più recenti in materia della giurisprudenza
di legittimità, ad esempio rilevando che «l’art. 38, comma
secondo, c.p.p., nello stabilire che qualora la causa di ri-
cusazione del giudice sia divenuta nota durante l’udienza
la relativa dichiarazione dev’essere in ogni caso proposta
prima che l’udienza medesima abbia termine, intende ri-
ferirsi ad una situazione obiettiva di pubblicità, collegata
non alla reale conoscenza del fatto, ma soltanto alla sua
conoscibilità con l’ordinaria diligenza» (Cass., sez. II, n.
18210 del 30 aprile 2010, Battipaglia, Rv 247049).
“Situazione obiettiva di pubblicità” che in effetti si era
verif‌icata anche nel caso di specie, sia il 10 marzo che il
28 aprile 2011, nel corso di entrambe le udienze, senza
neppure la necessità di attendere il decorso del termine
di tre giorni previsto dallo stesso primo capoverso del più
volte ricordato art. 38.
Quanto all’ulteriore prof‌ilo di doglianza esposto con il
primo motivo, è la stessa difesa a rilevare nel ricorso che la
“ordinaria diligenza” in base alla quale una causa di ricu-
sazione potrebbe dirsi conoscibile è stata sempre valutata
dalla giurisprudenza «in relazione alla ipotesi di mancata
partecipazione all’udienza da parte dell’imputato (sia
esso assente o contumace)»; non vi sarebbe invece alcuna
pronuncia che «si sia spinta a “trasferire” la potenzialità
conoscitiva dell’imputato che si sottrae alla partecipa-
zione all’udienza (che si riposa sugli effetti conseguenti
alla volontaria assenza dal processo, nel che si riconosce
un difetto di diligenza processuale dell’imputato) ad una
potenzialità conoscitiva specif‌ica e propria del difensore,
che d’altro canto non rinviene alcun addendo normativo
nelle norme regolatrici del processo penale».
E’ dunque il ricorrente a rappresentare che, una volta
interpretata la norma nel senso della non indispensabilità
di una conoscenza effettiva, l’imputato contumace deve
intendersi gravato dal rischio di subire conseguenze pro-
cessuali che derivino dalla sua scelta volontaria di non
partecipare al processo: e ciò è più che suff‌iciente ai f‌ini
qui in esame, senza la necessità di soffermarsi sugli aspet-
ti (evocati ad abundantiam nella motivazione della Corte
territoriale) concernenti la diligenza del difensore.
1.2 Ineccepibili appaiono le argomentazioni del P.G.
presso questa Corte a proposito dell’ultima doglianza del
ricorrente, obiettivamente poco comprensibile laddove
sembra voler estendere alla producibilità di documenti il
regime formale previsto dall’art. 127, comma 2, c.p.p. per
il solo deposito di memorie. Ad ogni modo, dalla lettura
dei verbali dell’udienza camerale de qua non emerge che
a quelle istanze od offerte di produzione da parte del P.M.
vi sia stata opposizione difensiva.
2. Il rigetto del ricorso impone la condanna dello
Iannini al pagamento delle spese del presente giudizio di
Cassazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 6 SETTEMBRE 2013, N. 36679
(C.C. 20 GIUGNO 2013)
PRES. BARDOVAGNI – EST. MAGI – P.M. MAZZOTTA (CONF.) – RIC. P.G. IN PROC.
BORRELLI
Misure cautelari personali y Impugnazioni y
Emissione di seconda misura cautelare y Per lo
stesso fatto y In pendenza di ricorso per il riesame
della misura preesistente.
. Deve ritenersi legittima l’applicazione di una misura
cautelare per lo stesso fatto per il quale analoga misura
sia stata già disposta in precedenza con provvedimento
oggetto di impugnazione sulla quale non sia ancora
intervenuta pronuncia def‌initiva, sempre che il secon-
do provvedimento sia basato su elementi nuovi e che
degli stessi il pubblico ministero non abbia preferito
avvalersi nell’ambito della non ancora def‌inita proce-
dura di impugnazione del primo provvedimento. (Mass.
Redaz.) (c.p.p., art. 309; c.p.p., art. 310) (1)
(1) In senso sostanzialmente conforme si vedano Cass. pen., sez. II,
17 febbraio 2012, D’Agostino, in questa Rivista 2013, 587 e Cass. pen.,
sez. un., 1 marzo 2011, Testini, ivi 2012, 120.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. In data 10 dicembre 2012 il Tribunale di Napoli, de-
cidendo nella procedura incidentale di riesame personale
ai sensi dell’art. 309 c.p.p. instaurata da Borretti Rosario,
annullava il titolo cautelare rappresentato dall’ordinanza
emessa dal Gip di Napoli il 22 novembre 2012 per estorsio-
ne aggravata ed altro. Il motivo dell’annullamento viene
espresso con riferimento alla preclusione processuale de-
rivante dalla avvenuta emissione di analoga ordinanza in
rapporto ai medesimi fatti oggetto di contestazione prov-
visoria (ordinanza del 16 febbraio 2012 confermata dallo
stesso Tribunale in data 7 dicembre 2012). Ad avviso del
Tribunale pur in presenza di una norma - l’art. 297 comma
3 c.p.p. - che prevede in astratto l’esistenza di più titoli
cautelari per il medesimo fatto (unif‌icandone la durata)
va in ogni caso ritenuto che l’emissione di un secondo
titolo cautelare del tutto identico - in rapporto alle fatti-
specie contestate - al primo rappresenta una violazione
del principio sotteso all’art. 649 c.p.p. con conseguente
annullamento.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Mini-
stero presso il Tribunale di Napoli, deducendo violazione
della legge processuale ed in particolare dei contenuti
dell’art. 297 comma 3 c.p.p.. In particolare, il P.M. impu-
gnante premette che nei confronti di Borretti Rosario era
stata emessa la prima ordinanza cautelare in data 16 feb-
braio 2012 ma detto provvedimento era stato in un primo
momento annullato dal TdL di Napoli ai sensi dell’art. 309
c.p.p.. Ne era derivato un ricorso per cassazione accolto
da questa Corte in data 10 luglio 2012 con rinvio per un
nuovo esame. Nelle more del rinvio, anche in virtù della
acquisizione di ulteriori elementi di prova (collaborazione
con la giustizia di uno degli indagati) era stata chiesta ed

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