Corte di Cassazione civile sez. VI, ord. 13 maggio 2014, n. 10369

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 7-8/2014
LEGITTIMITÀ
Ed infatti l’intrinseca incapacità dell’atto invalido di
accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a
tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, de-
rivante da precise sequenze procedimentali, che siano in
grado di assegnare alle cause estintive già maturate una
loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti
fatti storicamente verif‌icatisi ma giuridicamente indiffe-
renti per essersi già formato il giudicato sostanziale (così,
in termini, Sez. U., Bracale cit.).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, tenuto
conto del disposto di cui all’art. 616 cod. proc. pen., il ricor-
rente va condannato al pagamento delle spese processuali
e della somma di mille euro in favore della Cassa delle am-
mende non ravvisandosi ragioni di esonero per assenza di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 13 MAGGIO 2014, N. 10369
PRES. PETITTI – EST. PETITTI – RIC. A.R. (AVV. BARILI) C. PREFETTURA DI
VITERBO (AVV. GEN. STATO)
Depenalizzazione y Ordinanza-ingiunzione y Op-
posizione y Sanzione amministrativa per violazio-
ne del Codice della strada y Regime introdotto dal
D.L.vo n. 150/2011 y Sentenza del giudice di pace y
Appellabilità.
. In tema di sanzioni amministrative, nel regime def‌ini-
to dagli artt. 2 e 6 del D.L.vo n. 150 del 2011, la sentenza
resa dal giudice di pace sull’opposizione ad ordinanza-
ingiunzione è soggetta all’appello e non al ricorso per
Cassazione. (Mass. Redaz.) (d.l.vo 1 settembre 2011, n.
150, art. 2; d.l.vo 1 settembre 2011, n. 150, art. 6; nuovo
c.s., art. 205) (1)
(1) Non risultano editi precedenti negli esatti termini. Per utili rife-
rimenti in argomento, si veda Cass. civ. 10 febbraio 2014, n. 2907, in
Iux&Lex dvd n. 4/2014, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritenuto che A. R. propone ricorso per cassazione av-
verso la sentenza n. 1126 del 2012 emessa dal Giudice di
pace di Viterbo, depositata in data 19 dicembre 2012, che
ha rigettato il ricorso da lui proposto per l’annullamento
dell’ordinanza con la quale la Prefettura di Viterbo, ai
sensi dell’ art. 120 del codice della strada, aveva disposto
la revoca della patente e di ogni altro documento di guida
di cui il ricorrente risultasse titolare, in ossequio alla sen-
tenza n. 271 del 2011 del Tribunale di Viterbo, divenuta
irrevocabile, con cui era stata applicata una pena concor-
data per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309 del 2009;
che la Prefettura resiste con controricorso, eccependo
l’inammissibilità del ricorso;
che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione
del ricorso in camera di consiglio è stata redatta relazione
ai sensi dell’art. 380 bis c. p. c., che è stata comunicata
alle parti.
Considerato che il relatore designato ha formulato la
seguente proposta di decisione, che è stata comunicata
alle parti:
«[ (... )] Premesso che la nullità della notif‌icazione del
ricorso, eseguita presso la Prefettura di Viterbo anziché
presso l’Avvocatura generale dello Stato, risulta sanata, con
effetto ex tunc, dalla costituzione in giudizio dell’ammini-
strazione per il tramite dell’Avvocatura generale (Cass. n.
9411 del 2011), il ricorso appare comunque inammissibile.
Come correttamente controdedotto dalla Prefettura di Vi-
terbo, il ricorso è stato proposto avverso un provvedimento
appellabile e non direttamente ricorribile in Cassazione.
Occorre rilevare che, per effetto delle modif‌icazioni appor-
tate dall’art. 26 del D.L.vo n. 40 del 2006 all’art. 23 della
legge n. 689 del 1981, avverso le sentenze pubblicate dopo
il 2 marzo 2006 nei procedimenti iniziati ai sensi della
citata disposizione, il rimedio proponibile è l’appello.
Occorre altresì chiarire che il presente procedimento è
iniziato dinnanzi al Giudice di pace di Viterbo dopo l’en-
trata in vigore del D.L.vo n. 150 del 2011, che ha abrogato il
citato art. 23 e ha disposto, all’art. 6, primo comma, che “le
controversie previste dall’art. 22 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (opposizione ad ordinanza ingiunzione), sono
regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito
dalle disposizioni del presente articolo”. È ben vero che il
D.L.vo n. 150 del 2011 non contiene una specif‌ica dispo-
sizione nel senso dell’appellabilità delle sentenze emes-
se nei giudizi di opposizione a ordinanza-ingiunzione, e
tuttavia, per effetto della previsione dell’applicabilità, alle
suddette controversie, del rito del lavoro, non è dubitabile
che le sentenze di primo grado siano tuttora appellabili e
non ricorribili per cassazione. L’art. 2 del medesimo decre-
to legislativo, infatti, dispone, al primo comma, che “nelle
controversie disciplinate dal Capo II (rubricato ‘Delle
controversie regolate dal rito del lavoro’), non si applica-
no, salvo che siano espressamente richiamati, gli articoli
413, 415, settimo comma, 417, 417 bis, 420 bis, 421, terzo
comma, 425, 426, 427, 429, terzo comma, 431, dal primo al
quarto comma e sesto comma, 433, 438, secondo comma,
e 439 del codice di procedura civile”; il che comporta che
alle medesime controversie siano invece applicabili le di-
sposizioni del codice di rito concernenti la disciplina dell’
appello, ad eccezione di quelle di cui all’art. 433, concer-
nente la individuazione del “giudice d’appello”, all’art. 438,
secondo comma, contenente il rinvio all’art. 431, in tema
di esecutorietà della sentenza, e all’art. 439, concernente
il cambiamento del rito in appello.
In conclusione, il rimedio proponibile avverso la sen-
tenza qui impugnata era l’appello e non il ricorso per Cas-
sazione.
Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, e qua-
lora il Collegio condivida i rilievi in precedenza formulati,
si ritiene che il giudizio possa essere trattato in Camera di
consiglio ed essere dichiarato inammissibile»;
che il Collegio condivide la richiamata proposta di
decisione, alla quale, del resto, non sono state rivolte cri-
tiche di sorta;

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