Brevi note in merito alla presunta abrogazione dell'art. 513 C.P.P.

AutoreGiuseppe Luigi Fanuli
Pagine605-606

Page 605

A seguito dell'introduzione del "nuovo" art. 111 Cost., secondo cui "La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato e del suo difensore" e delle norme che allo stesso hanno dato attuazione 1, in applicazione dell'art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, con riferimento ai procedimenti in corso, si è andata affermando la tesi secondo cui la "nuova disciplina" avrebbe implicitamente abrogato l'art. 513 (comma 2 u.p.) c.p.p. 2.

In particolare, è stato sostenuto che "il combinato disposto dell'art. 111 della Costituzione e della relativa legge di attuazione hanno riscritto i principi da applicare al caso degli imputati di reato connesso che si avvalgano della facoltà di non rispondere. Precisamente le dichiarazioni originariamente rese da questi soggetti, possono ora essere acquisite al fascicolo del dibattimento solo se emerge la prova che il rifiuto sia frutto di attività illecita. Tale disciplina si pone in netto contrasto con quella precedentemente prevista dall'art. 513 c.p.p., come novellato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 361/98, la quale permetteva l'acquisizione e l'utilizzabilità anche a seguito di contestazione di tali dichiarazioni ove le stesse fossero riscontrate da altri elementi". Sulla base di tali premesse si è ritenuta l'abrogazione totale della precedente disciplina, con conseguente impossibilità di acquisire al fascicolo per il dibattimento, attraverso le contestazioni, le dichiarazioni precedentemente rese da persona ex art. 210 c.p.p. che si sia avvalsa in dibattimento della facoltà di non rispondere 3.

Tale tesi non può essere condivisa, anche perché sembra "galleggiare" su una complessità invece meritevole di approfondimenti adeguati.

Va anzitutto evidenziato che la ricordata disposizione di cui all'art. 111 non disciplina l'acquisizione della prova o, meglio, l'acquisizione "al fascicolo del dibattimento" delle "dichiarazioni originariamente rese", ma attiene al momento della "valutazione" della prova, della sua "utilizzazione" (logicamente e cronologicamente successivo a quello dell'"acquisizione").

In particolare la disposizione in esame detta una "regola di esclusione": si versa cioè, in un'ipotesi di inutilizzabilità della prova 4, riconducibile alla previsione generale di cui all'art. 191 c.p.p.

Trattasi, peraltro, di una ipotesi di inutilizzabilità che presenta alcune caratteristiche peculiari in quanto la sanzione della eliminazione della prova non opera nel caso in cui la stessa abbia dato esiti favorevoli od indifferenti per l'imputato alle cui domande (e a quelle del cui difensore) la persona di cui all'art. 210 c.p.p., per libera scelta, si sia sempre volontariamente sottratta. Per cui saranno pienamente utilizzabili le dichiarazioni originariamente rese, nei casi in cui le stesse siano favorevoli o indifferenti nei confronti dell'imputato in questione.

Si tratta, quindi, di una regola di inutilizzabilità parziale o unilaterale.

Ma, allora, il problema della compatibilità dell'art. 513, comma 2 u.p., c.p.p., quale "rimodellato" per effetto della sentenza n. 361/1998 della Corte Costituzionale, con il ricordato principio costituzionale di cui all'art. 111, si presenta di agevole soluzione.

In realtà, la possibilità di procedere alle contestazioni, da parte del P.M. e - si badi- delle altre parti, ex art. 500, comma 2 bis e la successiva, eventuale, acquisizione del verbale utilizzato per le contestazioni ex art. 500, comma 4, c.p.p. non sono in contrasto con il principio costituzionale secondo cui "la colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio...

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