Azione dell'amministratore e tutela dei diritti reali ed esclusivi

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine710-712

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Con la decisione in rassegna la Corte di Cassazione ha affermato che in tema di legittimazione dell'amministratore a proporre azioni (reali) contro singoli condomini o contro terzi, dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale, è principio fermo, correlato alla configurazione del condominio come ente di gestione (che opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti e limitatamente all'amministrazione e al buon uso della cosa comune senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino), privo di personalità giuridica, quello secondo cui, quando si tratti di azioni «a difesa» dei diritti dei condomini sulle cose o parti comuni che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è legittimato per espressa previsione di legge, ex art. 1130 n. 4 c.c.), l'amministratore è legittimato ad agire solo se autorizzato dall'assemblea ai sensi dell'art. 1131 comma 1 c.c., con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 comma 2 dello stesso codice.

Ove si tratti invece di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione dell'equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condomini. Invero il potere di estendere - come nella specie con la domanda di usucapione dell'area rivendicata - il dominio acquisito con gli atti di acquisto delle singole proprietà immobiliari, è un potere estraneo al meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale e può essere conferito all'amministratore solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condomini interessati.

L'assemblea, infatti, può deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell'edificio o il condominio nel suo complesso, oppure sulle liti attive e passive che, esorbitando dalle attribuzioni istituzionali dell'amministratore, riguardino pur sempre la tutela dei diritti dei condomini su tali parti, ma non anche sulle questioni concernenti l'esistenza, il contenuto o l'estensione dei diritti spettanti ai condomini in virtù dei rispettivi acquisti, diritti che restano nell'esclusiva disponibilità dei titolari. In questa seconda ipotesi non possono non rientrare i casi delle azioni reali (di accertamento o costitutive) dirette ad individuare e/o ad estendere la sfera del dominio acquisito pro-quota da ciascun condomino con gli atti d'acquisto delle singole unità immobiliari condominiali, ossia all'atto dell'ingresso nel condominio. Anche in questi casi, invero, l'azione giudiziale esula dall'ambito della mera tutela di una già acquisita proprietà comune, per incidere nella sfera dei diritti e degli interessi individuali, in forma, sia pure solo potenzialmente, negativa: ogni (acquisto od) estensione della proprietà comune, se da un lato comporta un proporzionale accrescimento dell'oggetto del diritto di comproprietà di ciascun condomino, implica, dall'altro, la corrispondente, proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri tutti correlati all'acquisto (concorso alle spese di acquisizione del bene, di conservazione dello stesso, ecc.). E tanto basta ad...

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