Decreto ascensori, I riflessi in ambito comdominiale e sui rapporti locatore/conduttore

AutoreAntonio Nucera
CaricaUfficio studi Confedilizia
Pagine610-611

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Alla luce dell’entrata in vigore del D.M. 23 luglio 2009 in materia di sicurezza degli ascensori, si pone il problema dei riflessi di questa normativa in ambito condominiale.

Il provvedimento in questione, infatti, dispone – con diverse scadenze in relazione alla data di installazione dei singoli impianti – una verifica straordinaria degli ascensori messi in esercizio prima del 30 giugno 1999, finalizzata alla realizzazione di un’analisi delle situazioni di rischio. La verifica dovrà essere richiesta dai proprietari o, nei condominii, dagli amministratori condominiali, in occasione della prima verifica biennale programmata sulla base della vigente normativa (che, com’è noto, prevede anche un controllo manutentivo semestrale). Successivamente, gli stessi soggetti dovranno – in questo caso – con scadenze legate al tipo di rischi ritenuti presenti – realizzare i «conseguenti interventi di adeguamento». Si tratta però di una prescrizione, quest’ultima, che apre una serie di interrogativi.

I più comuni: quali sono le maggioranze necessarie per deliberare i predetti «interventi di adeguamento»? E la relativa spesa, come deve essere ripartite? E ancora: se l’assemblea non ottempera alle disposizioni di legge, come può l’amministratore cautelarsi per non incorrere in eventuali responabilità?

Nessuno di questi quesiti, tuttavia, è di difficile soluzione. Ove l’intervento prescritto, infatti, presupponga opere di carattere straordinario di particolare rilevanza economica, il quorum deliberativo necessario, in seconda convocazione, perché la relativa delibera possa essere validamente assunta, non può che essere quello stabilito dal combinato disposto del secondo e quarto comma dell’art. 1136 c.c., che disciplina proprio tale ipotesi. Occorrerà, quindi, una maggioranza – come ha meglio chiarito la Cassazione – che «rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio e che sia costituita dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno un terzo dei partecipanti al condominio» (sent. n. 3952 del 26 aprile 1994). Diversamente, nel caso l’intervento richiesto non presenti le caratteristiche sopra accennate, il quorum deliberativo, sempre in seconda convocazione, sarà quello più basso prescritto dal terzo comma dell’art. 1136 citato, che – com’è noto – è pari ad un terzo dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio.

Pochi dubbi anche in merito al secondo quesito: il criterio da adottare per ripartire le...

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