Anagrafe condominiale e doveri dell'amministratore di condominio. Un'indagine sulle fonti

AutoreLuigi Salciarini
Pagine556-558

Page 556

La sentenza che si annota affronta, all'interno di un discorso più ampio, la questione dei doveri spettanti all'amministrazione di condominio in ordine alla tenuta della c.d. «anagrafe condominiale» nonché all'esatta attuazione delle modalità di convocazione dell'assemblea. Più precisamente la Suprema Corte attribuisce all'amministratore di condominio un preciso obbligo di diligenza in ordine all'espletamento di attività di indagine finalizzate all'esatta individuazione e/o al controllo del recapito di condomini allo scopo di procedere efficacemente alla convocazione dell'assemblea condominiale.

A ben vedere nel testo della sentenza è rinvenibile a tale proposito una di quelle affermazioni che sono solite essere definite incidenter data, utilizzando l'espressione latina come sinonimo di «incidentalmente», cioè intendendo un'osservazione che «si intromette incidentalmente in un altro discorso» o anche «una frase con cui si introduce un'osservazione causale, interrrompendo per poco un altro e più lungo discorso» 1.

Per la verità, l'espressione utilizzata in un contesto giuridico vuole alludere, nemmeno troppo velatamente, ad una sostanziale mancanza di motivazione della singola affermazione incidentale e quindi, di conseguenza, ad una sua intrinseca debolezza.

Ciò è sostanzialmente vero sia in generale che nel nostro caso concreto.

Proprio in considerazione di ciò, però, appare vieppiù necessario fuggire dalla tentazione di liquidare l'affermazione della Suprema Corte perché non esplicitamente (e sufficientemente) ancorata al dato normativo ed, altresì, affrontare l'analisi della fattispecie trattata con il massimo rigore possibile al fine di scongiurare qualsiasi perniciosa interpretazione. È stato forse a causa di un simile atteggiamento non privo di elementi di superficialità che, proprio riguardo all'argomento in oggetto, si è formato un orientamento giurisprudenziale (ma anche dottrinale) che, pur corretto nella sostanza, risulta costantemente (e sorprendentemente) ignorare la necessità di procedere alla motivazione di ciascuna singola affermazione.

Detto ciò occorre riferirsi al dato testuale preciso. La sentenza in oggetto letteralmente afferma che «il giudice di appello ha anzitutto enunciato un principio erroneo, ritenendo che l'amministratore non sia tenuto ad operare neppure una sia pur minima ricerca dei condomini che, trasferitisi in località diversa da quella ove risiedevano precedentemente, non abbiano provveduto a comunicare il nuovo indirizzo. Infatti, come tutti gli incarichi, anche quello di amministratore di un condominio deve essere svolto con l'ordinaria diligenza, e ciò presuppone certamente che, in situazioni come quella di cui trattasi, l'amministratore faccia quanto meno dei tentativi per rintracciare i condomini non più presenti nel precedente recapito, per esempio raccogliendo informazioni dagli altri condomini abitanti nella stessa città, o eventualmente legati da rapporti di amicizia o parentela con coloro che hanno mutato residenza».

In altri termini, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte, l'amministratore di condominio sarebbe responsabile (quanto meno fino al limite dell'ordinaria diligenza) 2 dell'eventuale inefficacia di una convocazione di assemblea (e di conseguenza della successiva delibera) indirizzata all'indirizzo erroneo o non aggiornato di un condomino.

L'affermazione, in verità, si colloca su un piano di netta controtendenza rispetto a quanto sostenuto finora dalla giurisprudenza di legittimità e di merito 3. Fino ad oggi l'orientamento giurisprudenziale - che con tranquillità si sarebbe potuto definire consolidato - mentre da una parte riconosceva che la convocazione dell'assemblea condominiale è svincolata dal rispetto di qualsiasi adempimento formale 4, dall'altra attribuiva al condomino l'onere di comunicare all'amministratore il suo esatto recapito (nonché le eventuali variazioni nel tempo) riconoscendo come efficace qualsiasi comunicazione l'amministratore avesse fatto all'indirizzo comunicato e senza attribuire a quest'ultimo particolari compiti di acquisizione e/o verifica dei recapiti stessi.

L'obbligo di comunicazione veniva ritenuto sussistere anche nel caso di mutamento nel tempo della persona del condomino per effetto della trasmissione a terzi - inter vivos o mortis causa - del diritto di proprietà sul piano o porzione di piano 5.

In difetto di tale attività da parte del singolo condomino la convocazione veniva considerata in ogni modo valida, il comportamento dell'amministratore non censurabile e la deliberazione susseguente non impugnabile a tale proposito.

Da parte sua la dottrina, adeguandosi senza sostanziali opposizioni a detto orientamento giurisprudenziale, è sembrata uniformarsi all'impostazione giurisprudenziale anche nel dare per scontate alcune affermazioni che invece, in relazione a quanto in oggetto, appaiono assai rilevanti e, pertanto, meritevoli di approfondimento.

Quando il problema non viene del tutto ignorato, si sostiene, in verità isolatamente 6, che la convocazione dell'assemblea vada effettuata «nel luogo di residenza del condomino» 7 oppure che «l'avviso di convocazione deve, naturalmente 8, essere inviato al domicilio del condominio 9».

In un caso si arriva fino a precisare che se il condomino «abita nel palazzo, può essergli recapitata a mezzo del portiere; se sia fuori qualche difficoltà può sorgere per cambiamento di alloggio ed è perciò che si consiglia sempre agli amministratori di tenere un registro aggiornato con i nominativi dei condomini ed i realtivi indirizzi 10».

Un'attenta lettura di tali precedenti ci costringe, a nostro avviso, a constatare come al perché di tali affermazioni Page 557 i citati autori non si siano incaricati di dare adeguata risposta.

Stante ciò se da una parte non giunge inaspettata la recente presa di posizione della Suprema Corte di cui alla sentenza in oggetto, dall'altra occorre, a nostro avviso, registrare un chiaro cambiamento di opinione da parte della Cassazione riconoscibile, quanto meno, nell'intenzione di coinvolgere l'amministratore di condominio in una responsabilità che, seppure limitata da una concetto non troppo rigoroso di diligenza, finora era stata ritenuta non competergli.

Se fosse lecito in questa sede indagare sulle ragioni psicologiche di un tale mutamento saremmo tentati di affermare che l'attuale revirement della Suprema Corte non è svincolato dalla ripetuta e costante mancanza nelle sentenze precedenti della risposta ad una domanda che giudichiamo cruciale: perché al condomino è attribuito il dovere di comunicare il suo esatto recapito?

Più esattamente: in base a quale giustificazione normativa ogni singolo condomino è giuridicamente obbligato a comunicare all'amministratore di condominio il suo esatto recapito? Ovvero: in base a quale giustificazione normativa dell'adempimento (o...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT