Ostilità al risarcimento diretto

AutoreEdgardo Colombini
CaricaIspettore assicurativo - Pino Torinese
Pagine1087-1097

Page 1087

Secondo le indicazioni dell'Ania si è registrato - dopo l'entrata in vigore del Codice delle assicurazioni - un incremento nel ricorso alla utilizzazione della procedura del risarcimento diretto da parte dei danneggiati negli incidenti stradali. Cionondimeno si ha la sensazione che contro questo istituto - nel suo duplice profilo dell'art. 141 del Codice delle assicurazioni (risarcimento del terzo trasportato da parte dell'assicuratore del veicolo su cui viaggiava) e dell'art. 149 (risarcimento dei danni al veicolo e alle cose trasportate e delle lesioni subìte dal conducente) - siano rivolti con particolare accanimento molti strali, circostanza forse anche influenzata dal fatto che la procedura del risarcimento diretto, accelerando i tempi di liquidazione del danno e eliminando possibili controversie giudiziarie, ha indubbiamente infastidito quei danneggiati che preferivano cercare di trarre vantaggio da lunghe e defatiganti discussioni e cause con le Compagnie di assicurazione.

A questa situazione di ostilità serpeggiante si aggiunge l'accusa di incostituzionalità della normativa in questione, insieme ad altre disposizioni dello stesso codice.

Alla Corte costituzionale ha infatti trasmesso gli atti il Giudice di pace di Pavullo nel Frignano con ordinanza n. 3 del 20 febbraio 2007 (in questa Rivista 2007, 627) in una controversia in cui la persona trasportata, rimasta ferita nello scontro fra due veicoli, aveva deciso - in contrasto con quanto disposto dall'art. 141 del Codice delle assicurazioni - di non rivolgere le sue istanze risarcitorie alla Compagnia di assicurazione del proprio vettore ma direttamente al guidatore e al proprietario del veicolo con il quale era venuto a collisione l'automezzo su cui viaggiava. Alla inevitabile eccezione di carenza di legittimazione passiva dei due convenuti - in quanto soggetti non tenuti a rispondere del danno sofferto dal trasportato di altro veicolo, così come disposto dall'art. 141 del D.L.vo 209/05 - si era così contrapposta, da parte della danneggiata attrice in causa, l'asserita illegittimità costituzionale dell'intero apparato predisposto dal Codice delle assicurazioni «specie laddove non prevede espressamente che, in tema di risarcimento dei danni, l'azione diretta contro l'impresa di assicurazione è una facoltà e non un obbligo giuridico, e che non residua l'azione ex art. 2054 c.c.».

Eccezione di illegittimità costituzionale cui si era associati gli stessi convenuti che, con una certa incoerenza rispetto alla tesi primieramente sostenuta di sola carenza di legittimazione passiva, avevano finito con l'affermare che «il decreto legislativo 209/2005 cozza inesorabilmente contro le norme del Codice civile (artt. 2043 e 2054) in quanto costringe il danneggiato-ricorrente a fare ricorso alla procedura speciale prevista dal decreto legislativo stesso e non gli offre la possibilità di agire in giudizio secondo i disposti del Codice civile».

Trasmissione alla Corte costituzionale che il Giudice di pace di Pavullo nel Frignano «in via preliminare, e con efficacia assorbente rispetto alle altre eccezioni di incostituzionalità, per le norme del Codice delle assicurazioni relative alla disciplina del risarcimento diretto e precisamente art. 141 (risarcimento del terzo trasportato), 143 (denuncia del sinistro), 144 (azione diretta del danneggiato), 148 (procedura di risarcimento), 149 (procedura di risarcimento diretto), 150 (disciplina del sistema di risarcimento diretto)» ritiene necessaria «in quanto riguardante materie che non appaiono comprese in quelle indicate all'art. 4 comma 1 L. 29 luglio 2003 n. 229 (Riassetto in materia di assicurazioni) in ordine alle quali era stata concessa al Governo delega per adottare uno o più decreti legislativi, e ciò in violazione dell'art. 76 della Costituzione».

A parte ogni considerazione sul fatto che nell'ordinanza citata l'asserita incostituzionalità dell'art. 141 del Codice delle assicurazioni (che è poi quello direttamente attinente al caso in esame trattandosi di danno al terzo trasportato) non compare nelle ipotesi subordinate (che vanno oltre il semplice debordamento asserito rispetto alla legge delega) ove ci si sofferma invece sull'art. 149 che riguarda, sì, il risarcimento diretto, ma per i danni ai veicoli, alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente e per le lesioni subìte dal conducente non responsabile purché nei limiti previsti dall'art. 139, sta di fatto che anche qui ci si rifà in primis all'asserita incostituzionalità dell'intero apparato normativo in materia per violazione dell'art. 76 della Costituzione conseguente ad un eccesso di delega.

Secondo l'INCOGNITO (Linee guida di critica costituzionale al nuovo Codice delle assicurazioni, in questa Rivista 2008, 3) «il Governo, ove avesse voluto attenersi alla delega ottenuta, avrebbe dovuto provvedere solo ed esclusivamente al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni e mai operare fino a creare istituti normativi nuovi», per cui saremmo di fronte ad «una ipotesi di illegittimità costituzionale per eccesso di delega ex art. 76 Cost. e ciò, sia in rapporto alla mancanza formale di una delega espressa nei sensi poi espletati dall'attività del legislatore delegato, sia, soprattutto, in relazione alla sostanziale novellazione di profili sistematici dell'ordinamento civile, in nessun modo riconducibili alla previsione della legge delega; illegittimità relativaPage 1088 quindi a tutta una parte del Codice delle assicurazioni relativa agli artt. 137-150».

L'Autore si richiama infatti all'art. 4 della legge delega (29 luglio 203 n. 229) nel quale si disponeva che «il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all'art. 20 della L. 15 marzo 1997 n. 59, come sostituito dall'art. 1 della presente legge e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli».

In relazione all'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali l'INCOGNITO (ibid. pag. 4) sostiene così che «tenendo conto del fatto che la normativa comunitaria, in relazione alla V Direttiva Comunitaria dell'11 maggio 2005 n. 14 afferma la necessità, per gli Stati membri, di adottare sistemi risarcitori tali da consentire al danneggiato la soddisfazione di tutte le potenziali ragioni dei danni subìti a seguito di sinistro, si pone certamente un problema di compatibilità tra la norma comunitaria e la legge sull'indennizzo diretto, laddove questa prevede la non rimborsabilità delle spese legali e di patrocinio che pone a carico del danneggiato».

Rilievo che, a nostro sommesso avviso, non sembra poter essere determinante sia perché la Direttiva comunitaria in materia - per la sua stessa generica formulazione (sistemi risarcitori tali da consentire) - lascia un certo spazio di manovra, una certa libertà di scelta delle procedure adottabili per conseguire il fine della soddisfazione delle pretese risarcitorie dei singoli danneggiati, sia perché non è affatto vero venga esclusa sempre ed in ogni caso la rimborsabilità delle spese legali (come si evince dall'ultimo comma dell'art. 148 che ne dispone la documentazione e la comunicazione al danneggiato se pagate direttamente al professionista dall'assicuratore) al punto da poter sostenere che non sono soddisfatti dal nostro Codice delle assicurazioni «tutte le potenziali ragioni di danno», come sostiene l'INCOGNITO.

L'ultimo comma dell'art. 148, intervenendo sull'annosa questione degli onorari dei legali che assistono i danneggiati nella gestione delle pratiche di risarcimento, mantiene invero praticamente una posizione del tutto neutra, limitandosi a disporre che, quando l'impresa corrisponde compensi professionali per l'eventuale assistenza prestata dal professionista, è tenuta a richiedere la documentazione probatoria relativa alla prestazione stessa e ad indicarne il corrispettivo separatamente rispetto alle voci di danno nella quietanza di liquidazione, mentre deve darne comunicazione al danneggiato, indicando l'importo corrisposto, quando abbia provveduto direttamente al pagamento dei compensi dovuti al professionista.

Ciò è tanto vero che, ad esempio, il CASSANO (L'azione di risarcimento nel nuovo Codice delle assicurazioni, in questa Rivista 2006, 457) ne ha tratto la conclusione - su cui noi invero non concordiamo - che si può affermare che «il comma 11 dell'art. 148 prevede l'obbligo di liquidare degli onorari ai professionisti intervenuti».

Secondo noi, invece, il legislatore usa opportunamente espressioni quali «quando corrisponde» e «che abbia provveduto direttamente al pagamento dei compensi», espressioni però ben lontane dall'indicare un obbligo di riconoscimento della ripetibilità di tali somme da parte del danneggiato lasciando così inalterata e non risolta l'annosa controversia in proposito.

Dubbia appare quindi la doglianza di incompatibilità tra la normativa comunitaria e la legge sull'indennizzo diretto sotto il profilo della esclusione sempre ed in ogni caso della rimborsabilità delle spese legali e di patrocinio.

Se qualche rilievo s'ha da fare questo riguarda semmai il secondo comma dell'art. 9 del Regolamento di attuazione dell'art. 150 del Codice delle assicurazioni varato con D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254 che presta indubbiamente il fianco ad una qualche censura, che ne renderebbe opportuna una rielaborazione legislativa, anche se, tutto ben considerato - come meglio vedremo successivamente - ci appare comunque incerta la possibilità di censura di incostituzionalità ex art. 76 della Carta fondamentale in funzione di un asserito contrasto con le direttive...

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