Sentenza nº 209 da Constitutional Court (Italy), 24 Novembre 2023

RelatoreAugusto Antonio Barbera
Data di Resoluzione24 Novembre 2023
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 209 del 2023

SENTENZA N. 209

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 103, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima, nel procedimento vertente tra S. F. e il Ministero dell’interno, Ufficio territoriale del Governo di Perugia, con ordinanza del 1° febbraio 2023, iscritta al n. 21 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti l’atto di costituzione di S. F. e l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

deliberato nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 1° febbraio 2023 (reg. ord. n. 21 del 2023), il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 10, secondo comma, 35, 76, 97 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 103, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77.

  2. – Il giudice rimettente espone di essere investito del ricorso proposto da un cittadino straniero, per l’annullamento del provvedimento con cui l’Ufficio territoriale del Governo di Perugia – Sportello unico per l’immigrazione ha rigettato la domanda di emersione, presentata in suo favore ai sensi dell’art. 103, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, a causa del parere negativo dell’Ispettorato territoriale del lavoro, che ha ravvisato la mancanza, in capo al datore di lavoro (una società cooperativa), della capacità economica idonea all’assunzione di diciotto lavoratori, come braccianti agricoli, per i quali la domanda di emersione stessa era stata presentata.

    Il TAR Umbria ha accolto la domanda cautelare con ordinanza 14 luglio 2022, n. 95, mediante la fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) e, in questa sede, ha trattenuto la causa in decisione e sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 103, commi 4, 5 e 6, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito.

  3. – Con riferimento alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo osserva che la motivazione del diniego della domanda di emersione si fonda sull’assenza «di idonea capacità reddituale in capo al datore di lavoro e [sulla] conseguente ritenuta inaccoglibilità della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione».

    Dall’accoglimento delle questioni sollevate, che investono appunto i commi 4, 5 e 6 del menzionato art. 103, nella parte in cui prevedono limiti reddituali del datore di lavoro per accedere alla procedura di emersione e impediscono, in caso di difetto di tali limiti, il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, deriverebbe pertanto l’illegittimità e il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

    Ad avviso del TAR rimettente, peraltro, il motivo di ricorso incentrato sulla violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), ancorché apparentemente fondato, non escluderebbe la rilevanza delle questioni sollevate nel giudizio a quo, in quanto, trattandosi di vizio formale, non comporterebbe l’assorbimento di quelli di carattere sostanziale.

  4. – Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente osserva che presupposto indefettibile per la definizione positiva della procedura di regolarizzazione è la titolarità, in capo al datore di lavoro, di un reddito nella misura indicata dall’art. 9 del decreto del Ministero dell’interno 27 maggio 2020 (Modalità di presentazione dell’istanza di emersione di rapporti di lavoro), che ha la «funzione di dimostrare l’effettività e/o sostenibilità del rapporto di lavoro da parte di colui che si afferma datore di lavoro». La mancanza di questo presupposto non consente il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione ai sensi dell’art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), che è consentito, dal comma 4 del censurato art. 103, solamente «se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale», purché, però, l’istanza di emersione sia «presentata da un datore di lavoro in possesso dei requisiti richiesti».

    Ciò a differenza di quanto previsto dall’art. 5, comma 11-bis, del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109 (Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare), che consentiva il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione in tutti i casi in cui la dichiarazione di emersione fosse rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro «(quale è, con riferimento al caso di specie, il mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all’art. 9 del d.m. 27.05.2020)».

    In proposito, il TAR richiama l’orientamento giurisprudenziale che esclude l’applicabilità, alla procedura di emersione di cui all’art. 103 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, dell’art. 5, comma 11-bis, del d.lgs. n. 109 del 2012 e conclude, di conseguenza, che l’assenza del requisito reddituale, come l’assenza ab origine di qualsiasi altro requisito di accesso alla procedura di regolarizzazione, non consenta il rilascio di un permesso per attesa occupazione.

    Esclude, inoltre, di poter «introdurre ex officio nell’art. 103 del d.l. n. 34/2020 una disposizione analoga» a quella prevista dal menzionato art. 5, comma 11-bis, ritenendo che «l’addizione» richieda un intervento di questa Corte, che potrebbe rinvenire «precisi punti di riferimento normativo nel sistema legislativo», tra cui proprio il citato art. 5, comma 11-bis, che ben potrebbe essere assunto a tertium comparationis nel giudizio di ragionevolezza.

  5. – Da qui, quindi, la violazione, da parte del comma 4 del censurato art. 103, dei principi «di uguaglianza e di ragionevolezza» di cui all’art. 3 Cost. e delle «esigenze di tutela costituzionale del lavoro» di cui all’art. 35 Cost., in quanto, laddove il rigetto della domanda di emersione sia dovuta al mancato possesso del requisito reddituale da parte del datore di lavoro, il lavoratore, pur «in presenza dell’avvio del rapporto di lavoro», non potrebbe conseguire un permesso di soggiorno per attesa...

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