Sentenza nº 45 da Constitutional Court (Italy), 17 Marzo 2023

Data di Resoluzione17 Marzo 2023
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 45 del 2023

SENTENZA N. 45

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 630, terzo comma, del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Udine, sezione seconda civile, nel procedimento vertente tra M. L. V. e altro e S. S. e altro, con ordinanza del 21 aprile 2022, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

deliberato nella camera di consiglio del 6 febbraio 2023.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 21 aprile 2022, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2022, il Tribunale ordinario di Udine, sezione seconda civile, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 630, terzo comma, del codice di procedura civile, «nella parte in cui richiama l’applicazione dell’art. 178, quarto e quinto comma c.p.c., disponendo quindi che il reclamo si propone al giudice dell’esecuzione (con ricorso o all’udienza) e che del collegio giudicante sul reclamo faccia parte anche il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato, anziché richiamare quanto previsto dall’art. 669-terdecies, comma secondo, primo periodo, c.p.c. o dall’art. 186-bis disp. att. c.p.c.».

  2. – Il rimettente riferisce che, nell’ambito di una procedura di esecuzione immobiliare presso il Tribunale di Udine, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 30 dicembre 2021, ha rigettato l’istanza di estinzione del giudizio avanzata dalle debitrici esecutate e che, avverso tale ordinanza, le debitrici hanno proposto tempestivo reclamo al collegio, ai sensi dell’art. 630, terzo comma, cod. proc. civ.

    Costituitosi il collegio, le reclamanti hanno formulato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., un’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 50-bis, 50-quater, 178, 630, 669-terdecies e 738 cod. proc. civ., nonché dell’art. 186-bis delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, in quanto consentirebbero la partecipazione del giudice che ha adottato il provvedimento reclamato al collegio che decide sul reclamo.

  3. – Il Tribunale di Udine ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del solo art. 630, terzo comma, cod. proc. civ. nel suo rinvio all’art. 178, commi quarto e quinto, cod. proc. civ., in riferimento a parametri costituzionali parzialmente diversi: gli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU.

    Il giudice a quo ritiene che il citato rimando dell’art. 630, terzo comma, cod. proc. civ. all’art. 178, commi quarto e quinto, cod. proc. civ. comporti la necessaria partecipazione al collegio del reclamo del magistrato che, in veste di giudice dell’esecuzione, si è pronunciato sull’estinzione.

    3.1.– In punto di rilevanza, il Tribunale di Udine afferma che, poiché nel giudizio a quo del collegio che esamina il reclamo fa parte anche il giudice-persona fisica che ha emesso l’ordinanza reclamata, la norma su cui vertono i dubbi di legittimità costituzionale sarebbe di «diretta applicazione [nel] giudizio», in quanto vòlta a «determinare la composizione [del] collegio giudicante».

    3.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ravvisa plurime ragioni di contrasto con diverse norme costituzionali.

    3.2.1.– In primo luogo, il Tribunale di Udine svolge una censura in riferimento all’art. 3 Cost., che si sviluppa a partire dalla considerazione che, nell’attuale ordinamento giuridico, numerose previsioni sono vòlte a impedire la partecipazione del giudice, che ha adottato un provvedimento, al successivo giudizio promosso contro il medesimo.

    In particolare, ravvisa una irragionevole disparità di trattamento fra le disposizioni censurate e la disciplina relativa all’opposizione agli atti esecutivi, rispetto alla quale l’art. 186-bis disp. att. cod. proc. civ. prevede che «[i] giudizi di merito di cui all’articolo 618, secondo comma, del codice [di procedura civile] sono trattati da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione».

    Inoltre, muove un’ulteriore, analoga censura, adottando quale tertium comparationis anche la disposizione relativa al reclamo avverso l’ordinanza con la quale viene concesso o negato il provvedimento cautelare nell’ambito del processo esecutivo. Si tratta dell’art. 669-terdecies, secondo comma, primo periodo, cod. proc. civ., in base al quale «[i]l reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato».

    3.2.2.– In secondo luogo, il rimettente sostiene che la partecipazione obbligatoria del giudice dell’esecuzione al giudizio di reclamo, unitamente all’omessa previsione della sua incompatibilità, arrechi un vulnus all’art. 111 Cost., secondo comma, Cost., nella parte in cui «prescrive che ogni processo si svolga dinanzi a un giudice imparziale».

    A supporto di tale censura, invoca quanto chiarito da questa Corte in merito alla necessità che il legislatore impedisca «che il giudice possa pronunciarsi due volte sulla medesima res iudicanda (Corte Cost. n. 335/2002), onde evitare la c.d. forza della prevenzione».

    In particolare, dopo aver dato atto – sempre sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte – che le implicazioni del principio di imparzialità nel processo civile e in quello amministrativo non sono le stesse che il medesimo principio ha nel processo penale, il giudice a quo osserva che il giudizio di reclamo, ex art. 630, terzo comma, cod. proc. civ., è fondato su «un contraddittorio solamente cartolare» e si limita ad accertare il «verificarsi o meno di una fattispecie estintiva del processo, e cioè la stessa identica questione che il giudice dell’esecuzione ha affrontato, allorché è stato chiamato in prima battuta a risolvere l’eccezione sollevatagli o rilevata d’ufficio».

    L’identità di res iudicanda tra la valutazione svolta dal giudice dell’esecuzione e quella destinata a compiersi dinanzi al collegio del reclamo implicherebbe la necessità costituzionale di non consentire la partecipazione del giudice dell’esecuzione alla fase del reclamo.

    3.2.3.– Infine, le medesime considerazioni concernenti la forza della prevenzione inducono il rimettente a ravvisare una lesione anche dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, nella parte in cui «afferma il diritto di ogni persona a che il suo processo si svolga dinanzi ad un tribunale “imparziale”».

    Il giudice a quo richiama, in proposito, diverse pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’imparzialità del giudice (sentenze 1° febbraio 2005, Indra contro Slovacchia; 24 luglio 2012, Toziczka contro Polonia; 2 maggio 2019, Pasquini contro San Marino), osservando che, secondo la giurisprudenza convenzionale, «[u]na delle possibili situazioni in cui si può temere un difetto di imparzialità dell’organo giurisdizionale, di natura funzionale, può riguardare l’esercizio nel medesimo procedimento di diverse funzioni giudiziarie da parte della stessa persona».

    Di qui, il dubbio di un contrasto delle disposizioni censurate anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, come interpretato dalla Corte EDU.

    3.3.– Il rimettente sostiene di aver tentato un’interpretazione costituzionalmente orientata, ma di averla reputata impraticabile.

    Sarebbe...

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