Sentenza nº 11 da Constitutional Court (Italy), 02 Febbraio 2023

RelatoreLuca Antonini
Data di Resoluzione02 Febbraio 2023
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 11 del 2023

SENTENZA N. 11

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, ultimo periodo, della legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2011, n. 23 (Norme di organizzazione territoriale delle funzioni relative ai servizi pubblici locali dell’ambiente), promosso dal Consiglio di Stato, sezione quarta, nel procedimento vertente tra Herambiente spa e la Regione Emilia-Romagna e altro, con ordinanza del 6 luglio 2021, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di costituzione di Herambiente spa e della Regione Emilia-Romagna;

udito nell’udienza pubblica del 29 novembre 2022 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi gli avvocati Aristide Police per Herambiente spa, Giandomenico Falcon e Gaetano Puliatti per la Regione Emilia-Romagna;

deliberato nella camera di consiglio del 29 novembre 2022.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 6 luglio 2021 (r.o. n. 138 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione quarta, ha sollevato, in riferimento agli artt. 23, 117, secondo comma, lettere e) ed s), e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2011, n. 23 (Norme di organizzazione territoriale delle funzioni relative ai servizi pubblici locali dell’ambiente).

    1.1.– Tale disposizione prevede: «[i]n presenza di un soggetto privato proprietario dell’impiantistica relativa alla gestione delle operazioni di smaltimento dei rifiuti urbani di cui all’articolo 183, comma 1, lettera z), del decreto legislativo n. 152 del 2006, compresi gli impianti di trattamento di rifiuti urbani classificati R1 ai sensi dell’Allegato C, Parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, l’affidamento della gestione del servizio dei rifiuti urbani non ricomprende detta impiantistica che resta inclusa nella regolazione pubblica del servizio. A tal fine l’Agenzia individua dette specificità, regola i flussi verso tali impianti, stipula il relativo contratto di servizio e, sulla base dei criteri regionali, definisce il costo dello smaltimento da imputare a tariffa tenendo conto dei costi effettivi e considerando anche gli introiti».

    1.2.– In particolare, sotto un primo profilo, il giudice rimettente, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dubita della legittimità costituzionale dell’ultimo periodo della norma censurata nella parte in cui, nell’ambito della determinazione della tariffa regionale di accesso agli impianti di smaltimento di rifiuti urbani, nella titolarità di soggetti privati, comprende la dizione «e considerando anche gli introiti».

    In secondo luogo, «[s]otto un diverso profilo», in riferimento agli artt. 23, 117, secondo comma, lettera e), 119, secondo comma, Cost., censura la medesima norma in quanto la riduzione dell’importo della tariffa, «potrebbe integrare un tributo o, comunque, una surrettizia “prestazione patrimoniale imposta”».

    1.3.– Il giudice rimettente riferisce che le questioni sono sorte nel corso del giudizio di appello, avverso le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sezione seconda, 16 giugno 2020, n. 408 e n. 413, che avevano rigettato i ricorsi di Herambiente spa, società proprietaria degli impianti di smaltimento, per l’annullamento delle delibere della Giunta della Regione Emilia-Romagna, n. 380 del 2014 e n. 467 del 2015, di attuazione dell’art. 16 della legge regionale n. 23 del 2011, con cui erano stati fissati i «criteri regionali» per l’individuazione e la quantificazione dei costi sostenuti dai soggetti privati proprietari degli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani, che dovevano essere imputati alla tariffa gravante sugli utenti finali.

    Il Consiglio di Stato muove dalla premessa che la disposizione regionale in esame prevede che «l’affidamento della gestione del servizio dei rifiuti urbani non ricomprende detta impiantistica [ossia quella, in proprietà di privati, deputata alle operazioni di smaltimento dei rifiuti] che resta inclusa nella regolazione pubblica del servizio».

    Il giudice a quo precisa che, con la delibera n. 135 del 2013, non impugnata, la Regione aveva inizialmente stabilito, per «evitare “extraprofitti” in capo al titolare dell’impianto», di scomputare dai costi complessivi sostenuti la parte dei «connessi incentivi» per la produzione di energia da fonti rinnovabile, corrispondente alla «quota del finanziamento pubblico a fondo perduto», di cui egli avesse eventualmente beneficiato per la costruzione dell’impianto.

    Il rimettente aggiunge che, con le successive delibere n. 380 del 2014 e n. 467 del 2015, impugnate con separati ricorsi, la Regione ha esteso lo scomputo dai costi complessivi anche alla «quota del capitale progressivamente ammortizzato», escludendo «ogni possibile forma di “extra profitto”», privando il proprietario dell’impianto «di quella parte degli incentivi corrispondente al capitale che, non solo ex ante (finanziamento pubblico a fondo perduto), ma anche ex post (quota di progressivo ammortamento del capitale), gravi de facto sulla collettività».

    1.4.– Il Consiglio di Stato, riuniti gli appelli, ha reputato non fondati i primi tre motivi di impugnazione, sospendendo il giudizio per il quarto motivo.

    1.5.– In particolare, con riferimento al primo motivo, il giudice a quo ha ritenuto insussistente la violazione del «metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani», di cui al d.P.R. del 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), il cui art. 3 si limita a prevedere che la tariffa di riferimento a regime deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani, ma «non esclude expressis verbis che anche i ricavi, lato sensu intesi, conseguiti dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei RSU [rifiuti solidi urbani] in relazione a tale specifica attività possano essere computati al fine di quantificare la tariffa gravante sull’utenza finale».

    Le delibere impugnate avrebbero quindi effettuato «un’individuazione dei costi reali sostenuti dall’operatore», scomputando dai costi materiali «e, per così dire, “grezzi”» i «benefici incentivanti» percepiti dall’operatore gravanti sulle casse pubbliche.

    Per il giudice a quo, dunque, i «benefici incentivanti», costituiti dai finanziamenti a fondo perduto e dalla progressiva quota annuale di ammortamento dei costi, sarebbero stati considerati quali «introiti», ai sensi dell’art. 16 della legge reg. Emilia-Romagna n. 23 del 2011, e quindi come «poste algebriche negative» da considerarsi necessariamente nel complessivo computo dei costi finali realmente gravanti, in termini economici, sull’operatore.

    Le due delibere, in sostanza, si sarebbero mosse «entro un’analisi ab interno della struttura di costo dell’attività di smaltimento», in tal modo «non decampando dai principi generali enucleati dal d.p.r. n. 158 del 1999».

    1.6.– Il rimettente, infine, rigettati il secondo ed il terzo motivo, ha sospeso la decisione in ordine al quarto motivo, ritendo rilevanti e non manifestamente infondate le suddette questioni di legittimità costituzionale.

    Ciò in quanto la «ampiezza e la atecnicità» della dizione «introiti» utilizzata nell’ultimo periodo del censurato art. 16, comma 1, «evidentemente voluta» dal legislatore regionale, imporrebbe di ritenervi ricompresi anche gli «incentivi per l’energia prodotta da fonte rinnovabile, i quali, del resto, nella contabilità dell’impresa configurano materialmente un incremento economico, ovvero, in altra prospettiva, una posta reddituale positiva, ossia appunto un “introito”».

    Tuttavia, poiché – ad avviso del giudice a quo – tali incentivi sarebbero stati erogati per rendere economicamente sostenibili forme di produzione di energia «ambientalmente compatibile», derivante, nella specie, dallo smaltimento dei rifiuti, la relativa disciplina perseguirebbe direttamente e sotto un duplice aspetto (gestione del ciclo dei rifiuti e produzione di energia da fonti rinnovabili) finalità di «tutela dell’ambiente».

    La norma regionale, pertanto, si porrebbe in violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

    Essa, infatti, modificando il «fruitore sostanziale» dell’incentivo, si frapporrebbe fra il suo «destinatario formale» e l’incentivo medesimo, deviando quest’ultimo e i suoi effetti economici in...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT