Sentenza nº 8 da Constitutional Court (Italy), 18 Gennaio 2022

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione18 Gennaio 2022
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 8 del 2022

SENTENZA N. 8

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente:

Giancarlo CORAGGIO;

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catanzaro nel procedimento penale a carico di M. V. e altri, con ordinanza del 6 novembre 2020, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 novembre 2021 il Giudice relatore Franco Modugno;

deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 6 novembre 2020, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catanzaro ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 77 e 97 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, recante modifiche all’art. 323 del codice penale, in tema di abuso d’ufficio.

    1.1.– Il giudice a quo riferisce di essere investito della richiesta di rinvio a giudizio di cinque persone, ritenute responsabili di plurime condotte di abuso d’ufficio.

    Secondo la prospettazione accusatoria, tre degli imputati – in qualità di membri della commissione esaminatrice nominata nell’ambito della procedura concorsuale indetta da un’azienda ospedaliera, per il conferimento di incarichi di dirigente medico – avrebbero indebitamente favorito gli altri due coimputati, garantendo loro dapprima l’ammissione alla procedura, sebbene privi del richiesto titolo di specializzazione, e successivamente la collocazione in posizione utile nella graduatoria finale, approvata il 9 gennaio 2017, tramite l’attribuzione di un punteggio maggiore rispetto a quello riconosciuto ad altri candidati in possesso di titoli equipollenti o addirittura superiori.

    Dalle indagini espletate sarebbe emerso che le indicate irregolarità erano state poste in essere al dichiarato fine di assicurare l’assunzione dei due candidati, perché già conosciuti dalla dirigenza. Vario personale medico aveva riferito, in particolare, degli ottimi rapporti intercorrenti tra i candidati favoriti e uno dei membri della commissione esaminatrice, il quale, in più occasioni, aveva manifestato la sua intenzione «di stabilizzare ed internalizzare» i candidati stessi, i quali già prestavano servizio con la struttura ospedaliera in regime di convenzione.

    Sulla base di tali elementi, il pubblico ministero aveva contestato agli imputati plurime condotte di abuso d’ufficio, addebitando loro l’intenzionale violazione del dovere di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), anche in tema di procedure ad evidenza pubblica (art. 35, comma 3, lettera a, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»), nonché di specifiche norme di rango regolamentare in materia di requisiti per la partecipazione alle pubbliche selezioni e di attribuzione dei punteggi (l’art. 8 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, «Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi», e l’art. 11 del d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483, «Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale»).

    1.2.– Fissata l’udienza preliminare, era intervenuto, nelle more, l’art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, che ha riscritto in senso limitativo la fattispecie incriminatrice.

    La citata disposizione ha, infatti, modificato la previgente formulazione dell’art. 323 cod. pen. (a tenore della quale «[s]alvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni»), sostituendo la locuzione «di norme di legge o di regolamento» con l’altra «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità».

    In questo modo – osserva il rimettente – la novella legislativa ha ristretto la fattispecie, operando un’abolitio criminis parziale su tre distinti fronti: rispetto all’oggetto, la violazione commessa dal soggetto pubblico deve riguardare un regola di condotta (e non, ad esempio, una regola organizzativa); rispetto alla fonte, la regola violata deve essere specifica ed espressamente prevista da una legge o da un atto avente forza di legge, con esclusione delle norme regolamentari; rispetto al contenuto, la regola violata non deve lasciare spazi di discrezionalità.

    1.3.– Il giudice a quo dubita, peraltro, della legittimità costituzionale dell’intervento, sia sotto l’aspetto procedurale, con riguardo alla sua attuazione mediante decreto-legge, sia per il suo contenuto sostanziale.

    Le questioni sarebbero rilevanti nel giudizio principale.

    Alla luce della previgente formulazione dell’art. 323 cod. pen. e degli elementi raccolti, gli imputati avrebbero dovuto essere rinviati a giudizio, in quanto le violazioni di norme legislative e regolamentari loro ascritte risultavano senz’altro idonee a integrare il delitto di abuso d’ufficio: e ciò – in base a costante giurisprudenza – anche per quel che attiene alla contestata inosservanza dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, sanciti dall’art. 97 Cost., il quale, nella sua componente immediatamente precettiva, impone a ogni pubblico ufficiale di non usare il potere che la legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi, ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni.

    La norma censurata avrebbe, per converso, operato una sostanziale depenalizzazione delle condotte in esame. Venuta meno la possibilità di ritenere integrato l’abuso d’ufficio dalla violazione di norme regolamentari, neppure la violazione delle residue norme di rango legislativo e costituzionale potrebbe ritenersi idonea a realizzare il delitto, trattandosi di disposizioni recanti principi ai quali deve uniformarsi l’azione amministrativa, e non già di regole di condotta dalle quali non residuino margini di discrezionalità. A seguito della novella, pertanto, il giudizio dovrebbe essere definito nell’udienza preliminare con sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non è più previsto come reato.

    1.4.– Riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni, la norma denunciata violerebbe anzitutto – secondo il rimettente – l’art. 77 Cost., in quanto completamente estranea alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del d.l. n. 76 del 2020 e «assolutamente avulsa dalle ragioni giustificatrici della normativa adottata in via d’urgenza dal Governo».

    Il citato decreto-legge, adottato a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 che ha coinvolto il Paese, è stato, infatti, motivato – per quanto si legge nel preambolo – con la ritenuta «straordinaria necessità e urgenza di realizzare un’accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture attraverso la semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici e di edilizia, operando senza pregiudizio per i presidi di legalità», nonché con l’esigenza, ritenuta anch’essa indifferibile, «di introdurre misure di semplificazione procedimentale e di sostegno e diffusione dell’amministrazione digitale, nonché interventi di semplificazione in materia di responsabilità del personale delle amministrazioni, nonché di adottare misure di semplificazione in materia di attività imprenditoriale, di ambiente e di green economy, al fine di fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all’emergenza epidemiologica da Covid-19».

    In questa prospettiva, il decreto contiene, da un lato, molteplici disposizioni volte a semplificare le procedure amministrative in materia di contratti pubblici, edilizia, organizzazione del sistema universitario e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, nonché le procedure in materia di attività di impresa, ambiente e green economy; dall’altro, misure volte al sostegno e alla diffusione dell’amministrazione digitale.

    Sarebbe quindi evidente la completa disomogeneità della norma denunciata, per contenuto e finalità, rispetto al resto del corpo normativo in cui è inserita, non potendo ravvisarsi alcun nesso di strumentalità tra la modifica, in senso fortemente restrittivo, del delitto di abuso d’ufficio e l’esigenza di semplificare le procedure amministrative in vista del rilancio economico del Paese.

    Una tale incisiva riforma della figura criminosa, implicante delicate scelte di natura politico-criminale, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, possibile ove si fossero seguite le ordinarie...

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