Sentenza nº 25 da Constitutional Court (Italy), 20 Febbraio 2020

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione20 Febbraio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 25

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 66, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 10-16 luglio 2018, depositato in cancelleria il 17 luglio 2018, iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 14 gennaio 2020 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marina Valli per la Regione Siciliana;

deliberato nella camera di consiglio del 15 gennaio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso depositato il 17 luglio 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 66 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8, (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.

    Il ricorrente osserva che l’art. 4 impugnato, rubricato «Disposizioni a tutela del personale delle società partecipate in liquidazione. Dotazione della società IRFIS Finsicilia Spa», prevede che, per i dipendenti delle società partecipate della Regione, disciplinate dall’art. 64 della legge della Regione Siciliana 12 agosto del 2014, n. 21 (Assestamento del bilancio della Regione per l’anno finanziario 2014. Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 “Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2014. Legge di stabilità regionale”. Disposizioni varie), non trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).

    La norma statale, al comma l, stabilisce che «(s)alvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi».

    Ciò premesso, il ricorrente ritiene che l’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in ragione della descritta deroga, sia in contrasto anche con l’art. 25, comma 4, del citato decreto legislativo, secondo cui, fino al 30 giugno 2018, le società sottoposte a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo agli elenchi del personale eccedente.

    La disposizione regionale censurata, pertanto, prevedendo una disciplina diversa e contrastante con quella stabilita dagli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016, è – ad avviso del ricorrente – in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale assegna alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’«ordinamento civile», nella quale vanno ricompresi i rapporti di diritto privato, regolati dal codice civile e dai contratti collettivi.

    Il ricorrente censura, inoltre, l’art. 66 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, rubricato «Personale addetto alla catalogazione dei beni culturali», il quale stabilisce che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale medesima, «si provvede alla definizione della dotazione organica del personale dell’Amministrazione regionale ricomprendente il personale dei catalogatori ed esperti catalogatori, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 6, 6-ter e 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni».

    La norma regionale riguarda il personale di cui all’art. 1 della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 24 (Stabilizzazione del personale addetto alla catalogazione dei beni culturali della Regione), destinatario di una procedura di stabilizzazione in una società pubblica (Servizi ausiliari Sicilia SAS spa), espletata al fine di coprire i posti dell’amministrazione regionale che sarebbero risultati vacanti a seguito della definizione della dotazione organica.

    L’art. 66 della legge regionale citata, secondo la prospettazione del ricorrente, nel ricomprendere immediatamente il suddetto personale nella dotazione organica, a prescindere dalla necessità di coprire posti vacanti, si porrebbe in contrasto con gli artt. 6, 6-ter e 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Tale contrasto sussisterebbe nonostante il formale richiamo alle disposizioni statali, contenuto nella disposizione censurata.

    Ad avviso del ricorrente la dotazione organica, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 165 del 2001, deve essere definita in base al piano dei fabbisogni, non potendo prevedere un assorbimento di personale aprioristicamente determinato.

    Pertanto, la norma regionale, intervenendo nella materia dell’ordinamento civile, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

    La citata disposizione regionale sarebbe in contrasto anche con l’art. 117, terzo comma, Cost., per la violazione di principi fondamentali nella materia, di legislazione concorrente, del «coordinamento della finanza pubblica», costituendo le previsioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

  2. – Con atto depositato in data 14 agosto 2018, si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, chiedendo, tra l’altro, che le sopra richiamate questioni di legittimità siano dichiarate inammissibili o non fondate.

    In punto di ammissibilità, la difesa regionale, in relazione alla questione sollevata nei confronti dell’art. 4 legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, eccepisce l’eccessiva sinteticità delle argomentazioni addotte a sostegno della illegittimità costituzionale, consistite soltanto nel mero riferimento a talune norme interposte, quali gli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016.

    La questione andrebbe, dunque, dichiarata inammissibile per carenza di una specifica e congrua indicazione delle ragioni per cui vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, e per la non adeguata individuazione delle disposizioni impugnate; tali lacune non consentirebbero di identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi.

    In particolare, la Regione Siciliana rileva che nel ricorso si prospetta l’incostituzionalità dell’art. 4 della legge regionale citata senza ulteriori specificazioni, nemmeno circa la partizione interna del medesimo, con la conseguenza che non sarebbe agevole stabilire, con certezza, quali tra le sue disposizioni, di cui ai commi da 1 a 4, siano sospettate d’illegittimità costituzionale.

    A tal riguardo, la difesa regionale richiama il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui è onere del ricorrente individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali si lamenta la violazione e «proporre una motivazione che non sia “meramente assertiva” [...] e che contenga una “specifica e congrua indicazione” [...] delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati» (sentenza n. 32 del 2017). Sempre in punto di ammissibilità, in relazione a entrambe le disposizioni censurate, la Regione osserva che nel caso dell’impugnazione in via principale di una legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio non può prescindere dall’indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost.

    Pertanto, nel presente giudizio le questioni sarebbero inammissibili in quanto l’Avvocatura generale avrebbe denunciato la lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, senza considerare che la Regione Siciliana ha competenza legislativa primaria in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali e stato giuridico ed economico del personale, in materie, dunque, strettamente pertinenti all’oggetto del contendere.

    Nel merito, poi, le censure sarebbero, comunque, infondate.

    Quanto all’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la Regione, pur riconoscendo che la regolamentazione delle società pubbliche, operata dal d.lgs. n. 175 del 2016, si impone anche alle autonomie speciali, rileva che ciò vale per gli ambiti materiali che afferiscono alle competenze statali.

    Invece, per gli aspetti che incidono sulle...

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