Sentenza nº 231 da Constitutional Court (Italy), 13 Novembre 2019

Date13 Novembre 2019
IssuerConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 231

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, commi 6 e 7, della legge della Regione Basilicata 16 novembre 2018, n. 35 (Norme di attuazione della parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti - Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 15-21 gennaio 2019, depositato in cancelleria il 25 gennaio 2019, iscritto al n. 5 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;

udito nell’udienza pubblica del 9 ottobre 2019 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato dello Stato Francesca Morici per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Anna Carmen Possidente per la Regione Basilicata.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 15-21 gennaio 2019 e depositato in cancelleria il 25 gennaio 2019 (reg. ric. n. 5 del 2019), ha promosso, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, commi 6 e 7, della legge della Regione Basilicata 16 novembre 2018, n. 35 (Norme di attuazione della parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti - Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto).

    1.1.– Le disposizioni impugnate prevedono che: «6. Sono improcedibili le istanze di autorizzazione relative alle nuove attività destinate allo smaltimento, trattamento e/o recupero dei rifiuti urbani, frazioni di rifiuti urbani, rifiuti speciali anche contenenti amianto, non conformi alle previsioni del P.R.G.R. 7. Sono procedibili le istanze relative ad impianti esclusivamente di recupero di materia che dimostrino, con specifica analisi, il rispetto del principio di prossimità come definito al precedente art. 2, commi 3 e 4. Tali istanze sono ammissibili solo quando la produzione degli scarti di processo è minore dell’otto per cento e quando almeno il settanta per cento della capacità impiantistica è dedicata a soddisfare i fabbisogni regionali.».

  2. – Premette la difesa statale che il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) (da qui: cod. ambiente), innovando la disciplina di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), ha introdotto la gestione integrata dei rifiuti, ossia un sistema volto a gestire l’intero processo dei rifiuti (comprendente raccolta, trasporto, trattamento e destinazione finale), con la finalità del recupero energetico delle materie prime, allo scopo di minimizzare, mediante una rete integrata e adeguata di impianti, la frazione destinata alla discarica.

    Nello specifico, gli artt. 178 e seguenti cod. ambiente individuano, tra le misure prioritarie, le azioni volte a prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti, alle quali seguono le attività di recupero e, come ultima ipotesi, lo smaltimento. In particolare, l’art. 182 chiarisce che lo smaltimento dei rifiuti è una soluzione residuale, che opera quando non esistano alternative tecnicamente valide o economicamente sostenibili per consentire il recupero. Il successivo art. 182-bis precisa che lo smaltimento dei rifiuti e il recupero dei rifiuti urbani non differenziati «sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, con lo scopo di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica».

    Tali disposizioni recepiscono il principio di autosufficienza e il principio di prossimità, entrambi di derivazione comunitaria, sanciti dall’art. 16 della direttiva n. 2008/98/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive. In coerenza con tali principi, la gestione dei rifiuti, come attività di «pubblico interesse» (art. 178, comma l, cod. ambiente), richiede una serie di azioni nel rispetto di una scelta gerarchica, che, prioritariamente, persegue la prevenzione, il recupero e, in via residuale, lo smaltimento. A tal fine, quindi, deve prevedersi: da un lato, il divieto di smaltire rifiuti solidi urbani non pericolosi in ambiti territoriali diversi o lontani rispetto a quelli topografici in cui vengono prodotti; dall’altro, che tale divieto risulti temperato dal principio di prossimità degli impianti di smaltimento o recupero.

    Le citate disposizioni statali, concernendo la scelta delle politiche da perseguire e degli strumenti da utilizzare in concreto per superare il ciclico riproporsi delle emergenze rifiuti, atterrebbero, come da costante giurisprudenza costituzionale, alla competenza esclusiva in materia di «tutela dell’ambiente» che, in virtù della sua natura “trasversale”, può interessare diverse competenze legislative regionali, spettando allo...

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