Ordinanza nº 43 da Constitutional Court (Italy), 11 Febbraio 2010
Relatore | Franco Gallo |
Data di Resoluzione | 11 Febbraio 2010 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
ORDINANZA N. 43
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 53, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nellart. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), periodo aggiunto dallart. 3-bis, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto allevasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005 n. 248, promosso dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia nel giudizio vertente tra Fortunato Michele e lAgenzia delle entrate - ufficio di Luino, con ordinanza depositata il 3 luglio 2008, iscritta al n. 227 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dellanno 2009.
Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con ordinanza depositata il 3 luglio 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità del secondo periodo del comma 2 dellart. 53 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nellart. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), periodo introdotto dallart. 30 [recte: 3-bis], comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto allevasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, ed entrato in vigore il 3 dicembre 2005, il quale stabilisce che, «Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, lappellante deve, a pena di inammissibilità, depositare copia dellappello presso lufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata»;
che il giudice rimettente premette che, nella specie: a) un medico aveva impugnato davanti alla Commissione tributaria regionale la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Varese aveva rigettato il ricorso da lui proposto avverso il provvedimento, emesso della competente Agenzia delle entrate, di diniego di rimborso dellIRAP versata per gli anni dal 1998 al 2001; b) la copia dellatto di appello era stata depositata presso la segreteria del giudice di primo grado in data 19 novembre 2007 «e cioè oltre i trenta giorni dalla data di notifica dellappello allUfficio avvenuta il 17.10.2007»; c) lappellata Agenzia delle entrate aveva eccepito linammissibilità dellappello, ai sensi del secondo periodo del comma 2 dellart. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in ragione della tardività del suddetto deposito;
che su tali premesse il giudice a quo afferma che la disposizione censurata si pone in contrasto sia con lart. 3 Cost. − sotto il profilo della violazione dei princípi di eguaglianza e di ragionevolezza − sia con lart. 24 Cost., per violazione del diritto di difesa;
che, al riguardo, il rimettente muove dal presupposto interpretativo, comune a tutte le prospettate censure, che detta disposizione è priva di ratio, non identificabile neppure nellesigenza di rendere nota alla segreteria del giudice di primo grado lintervenuta proposizione dellappello notificato senza il tramite dellufficiale giudiziario e di impedire, cosí, lerronea declaratoria di esecutività di sentenze non ancora passate in giudicato;
che infatti, per il giudice a quo, anche tale ratio legis deve essere esclusa, in quanto: a) la eventuale, indebita declaratoria di esecutività sarebbe comunque revocabile; b) alla notificazione dellappello potrebbe non seguire la rituale costituzione in giudizio dellappellante, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata; c) quando «il legislatore ha voluto evitare infondate declaratorie di esecutività ha dettato la regola generale che la impugnazione venga proposta davanti al giudice a quo (art. 582, c. 1, c.p.p.)»; d) lesigenza di rendere nota alla segreteria del giudice di primo grado lintervenuta proposizione dellappello è già soddisfatta dallobbligo, posto a carico della segreteria del giudice di appello dal comma 3 dellart. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, di richiedere alla segreteria del giudice di primo grado, subito dopo il deposito del ricorso in appello, la trasmissione del fascicolo processuale con la copia autentica della sentenza impugnata;
che, sulla base di tale presupposto interpretativo, il rimettente osserva, quanto alla dedotta violazione del principio di eguaglianza, che la censurata disposizione: 1) riguarda il solo processo tributario e non anche il processo civile, con conseguente ingiustificata «diversità di trattamento fra situazioni giuridiche eguali, ancorché verificatesi in differenti ordinamenti processuali»; 2) nellàmbito del processo tributario, impone il deposito della copia dellappello presso la...
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA