N. 320 SENTENZA 30 novembre 2009 - 4 dicembre 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Lecce, nel procedimento penale a carico di S.A. ed altro, con ordinanza del 19 maggio 2008, iscritta al n. 384 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.

Visti l'atto di costituzione di S.A., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 3 novembre 2009 il giudice relatore Giuseppe Frigo;

Uditi l'avvocato Livia Rossi per S.A. e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 19 maggio 2008, il Tribunale di Lecce, in composizione collegiale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli 'artt. 234 e 266 e seguenti' del codice di procedura penale, nella parte in cui - secondo l'interpretazione della giurisprudenza di legittimita', assunta quale 'diritto vivente' - includono tra i documenti, anziche' tra le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, sottraendole cosi' alla disciplina dettata per queste ultime o comunque non subordinandole ad un provvedimento motivato dell'autorita' giudiziaria, le registrazioni di conversazioni (telefoniche o tra presenti) effettuate da uno degli interlocutori o dei soggetti ammessi ad assistervi, all'insaputa degli altri, 'di intesa con la polizia giudiziaria, eventualmente utilizzando mezzi messi a disposizione' da quest'ultima, 'e, in ogni caso, nel contesto di un procedimento penale gia' avviato'.

Il Tribunale rimettente - investito del processo nei confronti di due persone, imputate del delitto di tentata estorsione aggravata premette che, all'esito dell'istruzione dibattimentale e nel corso della discussione finale, il difensore di uno degli imputati aveva eccepito l'inutilizzabilita' della registrazione su audiocassetta di una conversazione tra presenti, acquisita al fascicolo del dibattimento e trascritta mediante perizia. Ad avviso della difesa, detta registrazione - eseguita dalla persona offesa d'intesa con la polizia giudiziaria e tramite strumenti da questa forniti - doveva ritenersi inutilizzabile, in quanto effettuata senza il rispetto delle forme previste dagli artt. 266 e seguenti cod. proc. pen. e, in particolare, senza alcun decreto autorizzativo dell'autorita' giudiziaria.

In proposito, il giudice a quo riferisce che, secondo quanto emerso in dibattimento, la persona offesa - successivamente deceduta - dopo aver ricevuto richieste estorsive telefoniche, in relazione alle quali aveva presentato denuncia ai Carabinieri, era stata nuovamente contattata dagli ignoti estorsori, che avevano preannunciato la visita di un loro inviato 'per definire la faccenda'. Di cio' la persona offesa aveva riferito alla polizia giudiziaria, su indicazione della quale era stato quindi predisposto un servizio investigativo volto a registrare il colloquio con l'inviato.

Riguardo alle modalita' della registrazione, le risultanze probatorie erano contrastanti. Secondo un ufficiale di polizia giudiziaria, sentito come teste, la persona offesa avrebbe utilizzato un registratore fornito dai Carabinieri, mentre questi ultimi, appostati nelle vicinanze, ascoltavano in modo diretto la conversazione. Stando, invece, al figlio dell'offeso, presente anch'egli nel luogo dell'incontro, i due sarebbero stati muniti di microfoni, occultati sulle loro persone, tramite i quali la polizia giudiziaria avrebbe ascoltato e registrato la conversazione in un luogo appartato. Era pacifico, in ogni caso, che il colloquio fosse stato registrato da uno degli interlocutori, o attraverso uno degli interlocutori e con il suo consenso.

La registrazione risulterebbe, inoltre, decisiva ai fini della prova della responsabilita' degli imputati. La persona offesa, in quanto deceduta, non aveva potuto essere infatti sentita in dibattimento, mentre i testi escussi avevano riferito della conversazione in termini 'estremamente generici', tali da non consentire, neppure alla luce delle altre prove acquisite, una compiuta ricostruzione della vicenda.

Tanto premesso, il giudice a quo rileva come le sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 28 maggio 2003-24 settembre 2003, n. 36747, abbiano affermato che, ai fini dell'applicabilita' della disciplina di cui agli artt. 266 e seguenti cod. proc. pen., per 'intercettazione' deve intendersi unicamente l'apprensione occulta, in tempo reale, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione da parte di soggetti estranei al colloquio. Non rientrerebbe, pertanto, in tale nozione la registrazione di un colloquio, tanto telefonico che tra presenti, effettuata da una delle persone che vi partecipano o ammesse ad assistervi: in tale ipotesi, mancherebbe infatti la lesione del diritto alla segretezza della comunicazione, limitandosi l'interessato a memorizzare fonicamente le notizie legittimamente apprese dall'altro interlocutore. Detta registrazione potrebbe essere, quindi, acquisita al processo ai sensi dell'art. 234, comma 1, cod. proc. pen., che qualifica 'documento' tutto cio' che rappresenta fatti o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo: il nastro contenente la registrazione non costituirebbe, in effetti, altro che la documentazione fonografica del colloquio.

In base ai principi enunciati dalle sezioni unite qualificabili, secondo il rimettente, come 'diritto vivente', in quanto recepiti in plurime pronunce successive delle sezioni semplici della Corte di cassazione - la disciplina di garanzia prevista per le intercettazioni non si applicherebbe ai colloqui registrati da uno degli interlocutori, neppure quando la registrazione sia effettuata su richiesta della polizia giudiziaria e con strumenti da essa forniti, ancorche' questa, o qualsiasi terzo, possano contemporaneamente ascoltare la conversazione. Di conseguenza, l'audiocassetta contenente la registrazione di cui si discute nel processo a quo costituirebbe 'documento' legittimamente utilizzabile, indipendentemente dalle modalita' con cui la registrazione e' avvenuta.

Ad avviso del rimettente, tuttavia, la 'pacifica esegesi giurisprudenziale' ora ricordata contrasterebbe con plurimi parametri costituzionali.

Le stesse sezioni unite della Corte di cassazione hanno difatti chiarito, in altra e piu' recente pronuncia (la sentenza 28 marzo 2006-28 luglio 2006, n. 26795), che il documento rilevante come prova ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen. va nettamente distinto dall'atto del procedimento e dalla sua documentazione, giacche' le norme del codice di rito in materia di prova documentale si riferiscono esclusivamente ai documenti formati fuori (anche se non necessariamente prima) del procedimento penale nel quale si chiede o si dispone che essi facciano ingresso. Su tale premessa, le sezioni unite hanno quindi concluso che soltanto le videoregistrazioni effettuate fuori del procedimento possono configurare prova documentale, mentre quelle effettuate nel corso delle indagini costituiscono la documentazione dell'attivita' investigativa.

Alla luce della chiara distinzione cosi' tracciata, si dovrebbe dunque ritenere che la registrazione di una...

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