Sentenza nº 68 da Constitutional Court (Italy), 05 Aprile 2016

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione05 Aprile 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 68

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo GROSSI Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettera g), del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 9-14 gennaio 2015, depositato in cancelleria il 16 gennaio 2015 ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2016 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi gli avvocati Luca Antonini e Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso depositato il 16 gennaio 2015, la Regione Veneto promuove questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164 e, tra queste, dell’art. 17, comma 1, lettera g), in riferimento agli artt. 3, 23, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione.

    Secondo la ricorrente, l’intervento normativo in discorso mirerebbe a regolare «la c.d. perequazione inerente all’urbanistica contrattata, ovvero quella forma di perequazione diretta alla riappropriazione di quota parte del valore che l’amministrazione determina con le decisioni in materia urbanistica». Detta quota verrebbe «ritenuta vuoi una sorta di prelievo fiscale addizionale diretto al parziale recupero del plusvalore fondiario, vuoi un contributo per il miglioramento delle città in corrispettivo dell’attribuzione di una maggiore edificabilità o di un mutamento di destinazione urbanistica più favorevole».

    La disposizione impugnata risulterebbe «viziata di incostituzionalità sotto molteplici profili e palesemente irragionevole».

    Anzitutto, il previsto «contributo straordinario» verrebbe determinato autoritativamente, senza contrattazione alcuna con la parte privata, anche se in base a tabelle regionali, peraltro ampiamente discrezionali.

    Inoltre, una volta determinato il maggior valore e stabilito che una quota di esso non inferiore al 50 per cento dovrà essere suddivisa tra Comune e parte privata, resterebbe imprecisata la percentuale del riparto. Con la conseguenza «che la stessa norma potrà giustificare sia previsioni perequative che sequestrino pressoché interamente il plusvalore, sia previsioni che lo lascino pressoché interamente al privato». Sarebbe, così, violato l’art. 23 Cost., tenuto conto dell’«amplissima discrezionalità amministrativa assegnata alle amministrazioni comunali».

    Dal momento, poi, che «sono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali», la disposizione in esame risulterebbe contraddittoria rispetto allo scopo di dettare una norma di principio – tesa, di per sé, a garantire l’uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale –, rendendo il principio cedevole non solo di fronte alle legislazioni regionali, ma anche ad atti amministrativi, come gli strumenti urbanistici generali comunali.

    La norma risulterebbe, peraltro, irragionevole, in quanto sovrapporrebbe «l’interesse pubblico al pagamento del contributo straordinario allo specifico interesse pubblico urbanistico che deve sostenere la variante o la deroga», con possibili compromissioni di interessi ambientali...

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