Ordinanza nº 203 da Constitutional Court (Italy), 02 Luglio 2009

RelatoreLuigi Mazzella
Data di Resoluzione02 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 203

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Alfio FINOCCHIARO “

- Alfonso QUARANTA “

- Franco GALLO “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Maria Rita SAULLE “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

- Giuseppe FRIGO “

- Alessandro CRISCUOLO “

- Paolo GROSSI “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37 del codice penale militare di pace, promosso dalla Corte militare d’appello di Roma nel procedimento penale militare a carico di P.A. con ordinanza del 21 luglio 2008, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 maggio 2009 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto che, con ordinanza del 21 luglio 2008, la Corte militare d’appello di Roma ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 del codice penale militare di pace, nella parte in cui non prevede, come reato militare, il reato di abuso di ufficio di cui all’art. 323 del codice penale, qualora commesso dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato militare;

che, riferisce la Corte rimettente, la questione viene in rilievo in seguito all’appello proposto dal difensore contro la sentenza pronunciata, all’esito di giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale militare della Spezia, nei confronti di P.A., quale detto militare era stato dichiarato responsabile di quattro episodi di peculato militare (art. 215 del codice penale militare di pace) per essersi appropriato, tra il 25 maggio ed il 29 giugno 2004, delle energie lavorative di militari in servizio presso il suo reparto, utilizzandoli per effettuare taluni lavori di pulizia nell’alloggio avuto in concessione dall’amministrazione militare;

che il rimettente, condividendo la tesi dell’appellante, in adesione a un diffuso orientamento giurisprudenziale fondato sull’impossibilità di concepire, sotto il profilo civilistico, la ‘‘detenzione” della persona umana e, conseguentemente, la sottrazione delle relative ‘‘energie lavorative”, ritiene non sussumibile tale condotta nella fattispecie del peculato e ravvisa in tale condotta gli estremi del reato di abuso di ufficio;

che, pertanto, la Corte rimettente dovrebbe, coerentemente, dichiarare la propria carenza di giurisdizione ed ordinare la trasmissione degli atti al competente ufficio dell’autorità giudiziaria ordinaria, dal momento che, in forza dell’attuale formulazione dell’art. 37 del codice penale militare di pace, costituisce reato militare solo ogni violazione del codice penale militare di pace e nella parte speciale del predetto codice è previsto il reato di peculato militare, ma non quello di abuso di ufficio;

che la Corte rimettente, tuttavia, dubita, della legittimità costituzionale del citato art. 37 del codice penale militare di pace proprio nella parte in cui non qualifica come reato militare la fattispecie di abuso di ufficio previsto dall’art. 323 cod. pen., se commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato di militare;

che, prosegue il rimettente, se da un lato è vero che, con la sentenza n. 298 del 1995, la Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, primo comma, del codice penale militare di pace, rilevava...

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