Ordinanza nº 143 da Constitutional Court (Italy), 08 Maggio 2009

RelatorePaolo Maria Napolitano
Data di Resoluzione08 Maggio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 143

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 246 del codice di procedura civile promosso, nel procedimento civile vertente tra Nouioui Zahi Ben Amor e la Mutuelles Du Mans Assicurazioni S.p.a. ed altri, dal Tribunale ordinario di Napoli con ordinanza del 27 aprile 2007, iscritta al n. 369 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 marzo 2009 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 27 aprile 2007, il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 246 del codice di procedura civile nella parte in cui non consente, neppure nel caso in cui non si disponga di alcun altro strumento di prova, di assumere come testimoni persone che sono o potrebbero essere presenti nel giudizio come parti;

che, nel riferire le vicende del giudizio a quo, il rimettente precisa: a) di essere chiamato a giudicare in una causa di risarcimento danni da infortunistica stradale nella quale era stato convenuto in giudizio, oltre alla impresa assicuratrice che fornisce la garanzia per la responsabilità civile, il proprietario del veicolo che si assume investitore; b) che, essendo questi deceduto, il giudizio era stato riassunto nei confronti delle eredi del medesimo, rimaste, peraltro, contumaci; c) che la convenuta società assicuratrice aveva indicato quali testi, sulle circostanze di fatto esposte in comparsa di costituzione, il conducente del veicolo al momento del sinistro e la di lui moglie, rispettivamente genero e figlia dell’altro originario convenuto; d) che, avendo la difesa dell’attore eccepito la incapacità di costoro a rendere testimonianza, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., in quanto la seconda era divenuta parte a seguito della riassunzione del giudizio nei suoi confronti successivamente al decesso del padre ed il primo era ab origine portatore di interesse che lo qualificherebbe ad intervenire nel processo, il Tribunale di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 246 cod. proc. civ;

che il rimettente – dato atto che la difesa della impresa assicuratrice ha sostenuto di non avere altre prove da esperire – osserva che – sebbene la Corte abbia in passato già valutato negativamente la compatibilità costituzionale di alcune disposizioni del codice di rito sul divieto di testimoniare gravante su talune categorie di persone, dichiarando, in particolare, incostituzionali quelle che lo prevedevano a carico di coniuge, parenti ed affini delle parti nonché dei minori infraquattordicenni – l’art. 246 del codice di rito ha, invece, superato positivamente il controllo della Corte;

che, aggiunge ancora il rimettente, la questione può tuttavia essere riproposta sotto altri profili e con riguardo a disposizioni costituzionali sopravvenute alle precedenti pronunce;

che il rimettente – osservato che il divieto di testimoniare a carico delle parti trae origine da ordinamenti «intrisi anche di valori religiosi», essendo finalizzato a tutelarle dallo spergiuro, e che esso, in vista di una più ampia nozione di testimonianza, in altri ordinamenti è sconosciuto o è stato superato – rileva come anche nel nostro sistema la separazione fra il ruolo di parte e quello di testimone «pare in qualche misura in sofferenza»;

che, secondo il giudice a quo, emblematica sarebbe a tal proposito la vicenda del giuramento decisiorio: questo fondava la sua ratio all’interno di un ordinamento in cui erano commisti valori civili con altri etico-religiosi; venuto, tuttavia, meno, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 334 del 1996, ogni riferimento alla importanza religiosa dell’atto, risulterebbe non trascurabile la anomalia di un ordinamento che, per un verso, esclude la testimonianza delle parti, anche solo potenziali, del processo e, per altro verso, «consente ad una parte di costringere l’altra ad assumere una veste sotto molti aspetti simile a quella di testimone», con l’aggravante di non poterne contestare le dichiarazioni, decisive sull’esito del giudizio civile, anche ove queste risultassero false in sede penale;

che ancor più incongruente sarebbe divenuto il sistema, ad avviso del rimettente, a seguito dell’introduzione nel rito societario dell’«atipico giuramento suppletorio» volto ad attribuire concludenza all’atto di citazione in caso di contumacia del convenuto, senza che nel giudizio ordinario sia consentito alla parte, in mancanza di altri strumenti di prova, di sottoporre al giudice la sua versione dei fatti, «magari corroborandola con riscontri esterni»;

che, quanto alla rilevanza della questione, il rimettente...

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