N. 167 SENTENZA 18 - 29 maggio 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 18 della legge della Regione Umbria 26 maggio 2004, n. 8 (Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), promosso dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria nei procedimenti riuniti vertenti tra il Consorzio del tartufo di Roscetti ed altri e la Comunita' Montana dell'Alto Tevere Umbro ed altri con ordinanza del 5 giugno 2008, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.

Visti gli atti di costituzione del Consorzio del tartufo di Roscetti ed altra, di Brofferio Diego ed altro e dell'Associazione Tartufai del Comprensorio Eugubino-Gualdese;

Udito nell'udienza pubblica del 21 aprile 2009 il giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

Uditi gli avvocati Mario Rampini per il Consorzio del tartufo di Roscetti ed altra, Marco Massoli per Brofferio Diego ed altro.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria con ordinanza del 5 giugno 2008 ha sollevato, in riferimento agli artt.

3, 41, 42 e 117 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Umbria 26 maggio 2004, n. 8 (Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), nella parte in cui, aggiungendo i commi 2-quater e 2-quinquies all'art. 4 della legge della Regione Umbria 28 febbraio 1994, n. 6 (Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), prevede limiti all'estensione territoriale delle tartufaie controllate o coltivate, nonche', in riferimento ai medesimi parametri, dell'art. 18 della medesima legge regionale n. 8 del 2004 nella parte in cui estende l'applicazione delle nuove norme anche alle tartufaie gia' riconosciute.

Il rimettente premette che la disciplina statale in materia di raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi prevede, ai sensi dell'art. 3 della legge quadro statale, 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo), che 'la raccolta dei tartufi e' libera nei boschi e nei terreni non coltivati' e che 'hanno diritto di proprieta' sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano [...] purche' vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse'. La Regione Umbria ha dato attuazione alla disciplina statale con la legge regionale n. 6 del 1994 che, nel suo testo originario, non poneva alcun limite alle dimensioni delle tartufaie coltivate o controllate, limiti che invece sono stati introdotti, per le tartufaie controllate, dall'art. 4 della legge n.

8 del 2004 oggetto del presente giudizio di costituzionalita'. In particolare la norma censurata ha previsto, al comma 2-quater aggiunto all'art. 4 della legge regionale n. 6 del 1994, che 'la superficie massima delle tartufaie controllate non puo' superare i tre ettari', e al comma 2-quinquies che 'nei confronti di eventuali consorzi od altre forme associative tra aventi titolo alle tartufaie controllate, comunque tra loro confinanti, il limite di cui al comma 2-quater e' elevato a 15 ettari'. Inoltre, all'art. 18, e' previsto che 'entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, le tartufaie controllate costituite precedentemente dovranno essere riperimetrate'.

Cosi' delineato il quadro normativo di riferimento, il TAR dell'Umbria riferisce che i ricorrenti nel giudizio principale hanno impugnato i provvedimenti delle locali comunita' montane con i quali e' stata rigettata la domanda di rinnovo del riconoscimento della qualifica di tartufaie controllate per la parte di terreno eccedente il limite previsto dalle norme ora indicate, vale a dire di quindici ettari per i consorzi e di tre ettari negli altri casi e aggiunge, in punto di rilevanza, che gli atti amministrativi impugnati risultano aderenti alle disposizioni della legge regionale e che per tale motivo 'appare rilevante e non eludibile la questione di legittimita' costituzionale'.

Secondo il rimettente, le norme in oggetto violerebbero l'art.

117, terzo comma, Cost. in quanto, rientrando nell'ambito della competenza concorrente relativa alla valorizzazione dei beni ambientali, si porrebbero in contrasto con il principio fondamentale recato dall'art. 3 della legge quadro n. 752 del 1985 per la disciplina della raccolta libera dei tartufi, che non prevede limiti per l'individuazione delle tartufaie controllate.

Inoltre, l'introduzione dei suddetti limiti di estensione territoriale violerebbe gli artt. 3, 41 e 42 Cost. determinando una irragionevole disparita' di trattamento fra il ricercatore e il proprietario del fondo, il primo dei quali si arricchirebbe ingiustamente a detrimento del secondo, potendo lucrare, oltre al giusto compenso per la propria opera di ricerca, anche il maggior valore inerente ad un bene economico alla cui produzione in nessun modo ha concorso, sottraendolo interamente al proprietario.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente evidenzia che i prodotti vegetali sono frutti naturali che appartengono di diritto al proprietario del fondo, quand'anche alla loro produzione non concorra l'opera dell'uomo. Il diritto di proprieta' sui frutti della cosa sarebbe un principio fondamentale dello statuto della proprieta' fondiaria: anzi, ne costituirebbe l'essenza, in quanto, a ben vedere, la proprieta' di un terreno agricolo o boschivo consisterebbe proprio nel dritto esclusivo di appropriarsi dei frutti, anche spontanei. Pertanto, le eventuali eccezioni al principio indicato dovrebbero avere una giustificazione razionale, etica e sociale e dovrebbero comunque essere limitate.

L'eccezione che ammette la liberta' di raccolta di taluni prodotti spontanei quali i fiori di campo, le bacche ed erbe selvatiche e simili si baserebbe, dunque, su due presupposti: che i prodotti siano privi di un valore economico intrinseco, raccolti solo per diletto e destinati all'autoconsumo o, al piu', alla cessione ad un prezzo che non eccede la modesta remunerazione dell'opera del raccoglitore, e che si possa presumere il disinteresse...

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