Ordinanza nº 90 da Constitutional Court (Italy), 26 Maggio 2015

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione26 Maggio 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 90

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), promossi dal Tribunale ordinario di Bergamo con ordinanza del 27 febbraio 2014 e dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con ordinanza del 10 luglio 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 126 e 188 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 35 e 46, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti gli atti di costituzione di M.T. ed altri, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2015 e nella camera di consiglio del 29 aprile 2015 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi nella stessa udienza pubblica del 28 aprile 2015 l’avvocato Goffredo Gobbi per M.T. ed altri e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ordinanza del 27 febbraio 2014, il Tribunale ordinario di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 36, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche);

che il giudice rimettente premette di essere stato investito dal ricorso proposto da alcuni infermieri professionali dipendenti dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate, con il quale gli stessi chiedono accertarsi che l’Azienda medesima non ha il diritto di pretendere, in base alla disposizione oggetto di censura, il versamento delle somme da essi percepite per prestazioni infermieristiche svolte presso terzi al di fuori dell’orario di lavoro ma «senza premurarsi di ottenere la previa autorizzazione» dell’amministrazione di appartenenza;

che il rimettente sottolinea come l’amministrazione ospedaliera, dopo aver comminato le sanzioni disciplinari reputate adeguate ed aver iniziato ad esigere ratealmente le somme pretese, non ha mancato di puntualizzare, nei provvedimenti disciplinari, che «ciascuno dei dipendenti sanzionati aveva mantenuto un elevato standard qualitativo nello svolgimento del servizio, che lo svolgimento dell’attività lavorativa esterna non aveva recato danni all’azienda in relazione all’organizzazione del lavoro […], che lo svolgimento dell’attività lavorativa esterna non aveva pregiudicato il principio di imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa ed infine che non vi era stato alcun nocumento all’immagine aziendale»;

che il Tribunale reputa incontestabile l’obbligo per i pubblici dipendenti di osservare il principio di esclusività del rapporto di pubblico impiego, che trova fondamento nell’art. 98, primo comma, Cost., e considera altrettanto ovvio che la trasgressione del dovere di chiedere l’autorizzazione integri – secondo la stessa norma denunciata – un comportamento censurabile sul piano disciplinare;

che l’obbligo, tuttavia, di restituire all’amministrazione i compensi percepiti in assenza di autorizzazione sarebbe in contrasto, anzitutto, con l’art. 36 Cost., trattandosi di attività lavorativa lecita nell’ordinamento generale e correlato ad una violazione meramente formale, in quanto priva di connessione rispetto ad un eventuale danno per la pubblica amministrazione, sul piano della organizzazione e del buon andamento dell’azione amministrativa;

che sarebbe, altresì, violato l’art. 3 Cost., risultando previsto uno stesso trattamento sanzionatorio (restituzione dell’intero compenso) tanto per chi abbia effettivamente violato il dovere di fedeltà ed esclusività (ad esempio in caso di attività incompatibili), quanto per chi tali doveri non abbia concretamente violato (ad esempio per attività che non interferisca con quella di ufficio), tenuto anche conto, a proposito di incompatibilità, del progressivo delinearsi, nel «diritto vivente della Costituzione», di un concetto «più flessibile» di esclusività;

che violato sarebbe pure il «principio costituzionale di proporzionalità e modulazione delle sanzioni (artt. 1-2-3 Cost.)»;

che l’automatismo di cui alla previsione censurata impedirebbe, infatti, di bilanciare il bene preservato (esclusività del servizio in...

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