Ordinanza nº 240 da Constitutional Court (Italy), 22 Ottobre 2014
Relatore | Sergio Mattarella |
Data di Resoluzione | 22 Ottobre 2014 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
ORDINANZA N. 240
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giuseppe TESAURO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO
- Alessandro CRISCUOLO
- Paolo GROSSI
- Giorgio LATTANZI
- Aldo CAROSI
- Marta CARTABIA
- Sergio MATTARELLA
- Mario Rosario MORELLI
- Giancarlo CORAGGIO
- Giuliano AMATO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dellart. 2-bis, comma 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dellarticolo 375 del codice di procedura civile), promossi dalla Corte dappello di Reggio Calabria, sezione civile, con ordinanze del 27 e del 30 settembre, del 3 e del 18 ottobre, del 7, del 15 (due ordinanze) e del 28 (tre ordinanze) novembre, del 10 giugno, del 31 ottobre, del 28 novembre, del 20 e del 30 dicembre, del 25 novembre (tre ordinanze) 2013, rispettivamente iscritte ai nn. da 44 a 61 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 16, 17, 18 e 19, prima serie speciale, dellanno 2014.
Visti latto di costituzione di L.P., nonché latto di intervento di Cittadinanzattiva e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 settembre 2014 il Giudice relatore Sergio Mattarella.
Ritenuto che, con ordinanza del 27 settembre 2013 (r.o. n. 44 del 2014), la Corte dappello di Reggio Calabria, sezione civile, nella persona del giudice designato al fine di provvedere sulla domanda di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, nel corso di un procedimento avente ad oggetto una domanda di equa riparazione proposta nei confronti del Ministero della giustizia dalla parte risultata soccombente nel processo presupposto, ha sollevato, in riferimento allart. 117 della Costituzione, in relazione allart. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (dora in avanti: «CEDU» o «Convenzione»), questione di legittimità costituzionale del comma 3 dellart. 2-bis della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dellarticolo 375 del codice di procedura civile), articolo aggiunto dallart. 55, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134;
che ad avviso del giudice a quo, tale impugnata disposizione secondo cui: «La misura dellindennizzo, anche in deroga al comma 1 [che prevede, a sua volta, che: «Il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo»], non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice» − víola il parametro invocato «nella parte in cui limita la misura dellindennizzo (liquidabile in favore della parte che abbia subito un danno per la durata irragionevole del processo presupposto) al valore del diritto accertato senza alcuna ulteriore specificazione o limite, comportando in tal modo limpossibilità di liquidare in alcuna misura unequa riparazione in favore della parte che, nel processo presupposto, sia risultata interamente soccombente»;
che il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto: a) di essere investito del ricorso, proposto il 5 agosto 2013, con il quale O.L. aveva chiesto lindennizzo del danno subíto per effetto dellirragionevole durata di un processo; b) che il ricorrente nel giudizio a quo era risultato interamente soccombente in detto processo presupposto, definito con una decisione, emessa il 27 novembre-11 dicembre 2012, divenuta irrevocabile; c) che la domanda di riparazione era stata proposta nel rispetto del termine di decadenza previsto dallart. 4, comma 1, della legge n. 89 del 2001; d) che il processo presupposto, articolatosi in due gradi di giudizio, aveva avuto una durata effettiva di diciannove anni, undici mesi e venti giorni, eccedente, perciò, di quattordici anni, undici mesi e venti giorni il termine ragionevole stabilito dagli artt. 2-bis e 2-ter (recte: dai commi 2-bis e 2-ter dellart. 2) della legge n. 89 del 2001;
che il medesimo giudice rimettente espone poi le seguenti considerazioni in punto di rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione sollevata;
che egli premette anzitutto che la soccombenza nel giudizio presupposto è espressamente prevista come causa di rigetto della domanda di equa riparazione solo nel caso in cui ricorrano le ulteriori condizioni previste dalle lettere a) e b) del comma 2-quinquies dellart. 2 della legge n. 89 del 2001 o quando la parte soccombente nel giudizio presupposto abbia «posto in essere un abuso di poteri processuali che abbia determinato uningiustificata dilatazione dei termini del procedimento», sicché persiste la «legittimazione in capo [a detta] parte [ ] a far valutare leventuale sussistenza duna lesione del suo diritto a conseguire in un tempo ragionevole una pronuncia risolutiva della questione controversa»;
che il comma 3 dellart. 2-bis della legge n. 89 del 2001, che ha introdotto un tetto massimo o valore soglia della misura dellindennizzo, «in quanto non coordinato con [detto] superiore principio», farebbe insorgere i seguenti due problemi interpretativi che, in quanto reciprocamente interdipendenti, necessitano di soluzioni tra loro coerenti: a) il significato da attribuire alla locuzione valore del diritto accertato dal giudice; b) «se lintroduzione dun tetto massimo allindennizzo liquidabile [ ] valga per tutti i possibili epiloghi del giudizio presupposto e per tutte le parti di esso (qualora, ovviamente, promuovano un ricorso ex lege Pinto)»;
che, quanto al primo dei problemi segnalati, il giudice a quo osserva che: a) il parametro del valore del diritto accertato, ancorché suppletivo, prevale rispetto a quello del valore della causa, qualora in concreto sia inferiore a questultimo; b) al fine di individuare il parametro primario del valore della causa, il solo riferimento è quello alla disciplina della determinazione del valore della controversia dettata dagli articoli da 7 a 17 cod. proc. civ.; c) mentre per la cause di valore determinato o determinabile il limite dellindennizzo costituito dal valore della causa sarebbe agevolmente individuabile, per le cause di valore indeterminabile «è dubbio se debba applicarsi il criterio per cui la causa avrà valore entro il tetto massimo di competenza del giudice adito (soluzione che potrebbe operare peraltro soltanto per le cause di competenza del giudice di pace) o quello aliunde determinato ai sensi degli artt. 10 e ss., ovvero se la predetta disposizione non trovi applicazione e quindi lindennizzo liquidabile ex lege n. 89 del 2001 non debba, in tali ipotesi, incontrare alcun tetto massimo»; d) lepilogo del procedimento presupposto, in particolare la soccombenza di chi successivamente proponga domanda di equa riparazione, rileva come elemento per stabilire il limite massimo della misura in concreto dellindennizzo; e) «in subiecta materia notoriamente è ammesso che sussiste un pregiudizio in re ipsa, suscettibile dunque di quantificazione equitativa», con la conseguenza che non potrebbe affermarsi né che è onere del ricorrente dedurre e provare se sussista e quale sia, nella specie, il valore soglia di cui al comma 3 dellart. 2-bis, né che, in difetto di allegazione o deduzione di elementi idonei a consentire lindividuazione dello stesso, ciò comporterebbe linammissibilità o il rigetto del ricorso (trovando applicazione, in virtù del rinvio ad essi operato dal secondo periodo del comma 4 dellart. 3 della legge n. 89 del 2001, i primi due commi dellart. 640 cod. proc. civ.); e) mentre, ai fini della competenza, la legge fa riferimento, per la determinazione del valore della causa, al petitum (o ai petita), la legge n. 89 del 2001 fa riferimento al valore ritenuto nella decisione, ragione per cui «va chiarito quale sia leffettivo contenuto prescrittivo della disposizione»;
che, quanto al secondo dei problemi segnalati, secondo la Corte rimettente andrebbe verificato se la disposizione censurata integri unulteriore causa di eventuale esclusione dellindennizzo, ancorché non indicata come tale, «nel senso che nulla possa essere riconosciuto allistante nel caso in cui il diritto dallo stesso asseritamente vantato sia fatto valere in giudizio ma sia stato affermato insussistente (in tutto o in parte), ovvero se qualora il ricorrente sia stato soccombente (in tutto o in parte) nel giudizio presupposto e detto giudizio abbia avuto durata irragionevole, la negazione del diritto preteso non valga anche ad escludere il diritto ad equo indennizzo»;
che, a fronte di tale problema, sussisterebbero, secondo il rimettente, «almeno» le tre seguenti opzioni praticabili: a) quella ora indicata per prima che, pur se apparentemente in contrasto con lorientamento della Corte europea dei diritti delluomo (di seguito: «Corte EDU») secondo cui anche la parte interamente soccombente ha diritto allequa soddisfazione nel caso di durata irragionevole del processo, sarebbe praticabile in quanto: a.1) quella «probabilmente [ ] più coerente con lesigenza calmieratrice» alla quale avrebbe inteso rispondere lart. 55 del d.l. n. 83 del 2012; a.2) «in sintonia [ ] con alcuni spunti offerti dalla relazione introduttiva del testo del disegno di legge poi [ ] approvato dal Parlamento» (in particolare, con il rilievo da essa attribuito alla «necessità darginare la...
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