Ordinanza del 15 febbraio 2008 emessa dal G.u.p. del Tribunale di Ferrara nel procedimento penale a carico di C. M. ed altro Processo penale - Competenza per territorio - Disciplina per i procedimenti riguardanti i magistrati - Applicabilita' nel caso in cui la qualita' di persona sottoposta ad indagini, di imputato, di persona offesa o danneggi...

IL TRIBUNALE

All'udienza preliminare del 15 febbraio 2007 nel p.p. n. 1690\06 RGg.i.p.-311\06 RNR nei confronti di C. M. e Z. S., entrambi imputati del reato di cui agli artt. 81 secondo comma cp e 73 quarto comma d.P.R. n. 309\1990, con l'aggravante, per il solo C., di avere commesso il fatto nei confronti di persona minorenne;

Sentiti il pubblico ministero e i difensori degli imputati; ha pronunciato la seguente ordinanza.

Ritenuto in fatto

Il primo ottobre 2007 il Procuratore della Repubblica di Ferrara iniziava l'azione penale nei confronti degli odierni imputati e di altri sette per diverse ipotesi di spaccio individuale di sostanze stupefacenti, prevalentemente ma non esclusivamente, del tipo marijuana ed hascisc.

Il processo in base ai criteri oggettivi di distribuzione degli affari tra i magistrati della sezione g.i.p.\g.u.p. era assegnato per la fissazione e celebrazione dell'udienza preliminare al giudice R. C. avendo gli altri due magistrati della predetta sezione svolto le funzioni di g.i.p. nel medesimo procedimento.

L'8 ottobre 2007 il magistrato titolare del procedimento trasmetteva al Presidente del tribunale dichiarazione di astensione dal processo ai sensi dell'art. 36, comma primo, lett. h, c.p.p.

Il dichiarante osservava che tra gli imputati figurava C. M. figlio della dott.ssa E. G., magistrato in servizio presso la locale Procura della Repubblica con la quale nel corso degli anni aveva avuto «costanti rapporti per ragioni connesse all'attivita' d'ufficio».

Il coinvolgimento del C. nel procedimento in questione rendeva «particolarmente sconveniente la trattazione dello stesso» da parte del magistrato assegnatario del fascicolo «in quanto potrebbe apparire non garantita' la sua serenita' e imparzialita», in ragione dei rapporti professionali intercorrenti con la madre del prevenuto, «particolarmente intensi attesa la funzione di g.i.p.-g.u.p.» dallo stesso svolte.

Il successivo 12 ottobre il presidente del tribunale f.f. accoglieva la dichiarazione di astensione, designando se medesimo giudice dell'udienza preliminare nel procedimento in questione anche nella sua qualita' di presidente della sezione penale.

Nel provvedimento si chiariva che l'autoassegnazione del processo scaturiva da una informale riunione nel corso della quale tutti i magistrati del settore penale avevano confermato come le ragioni di convenienza addotte dal dott. C. sussistevano parimenti per ognuno di essi, ragion per cui successive designazioni tabellari avrebbero dato inevitabilmente luogo ad altrettante dichiarazioni di astensione, fondate sulle medesime ragioni addotte nella prima dichiarazione, posto che anche i magistrati addetti alla sezione dibattimento intrattenevano da anni costanti rapporti professionali con la dott.ssa G., situazione che rendeva inopportuno e imbarazzante giudicare il figlio della stessa.

All'udienza del 15 dicembre 2007 sette dei nove imputati formulavano richiesta di applicazione pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. con il consenso del pubblico ministero. Le relative posizioni erano separate e definite con sentenza.

Il processo principale proseguiva nei confronti degli imputati C. e Z.

Entrambi chiedevano di essere giudicati con rito abbreviato, previa produzione di documenti e di consulenza tecnica tossicologica.

La causa era rinviata all'odierna udienza affinche' fosse pregiudizialmente esaminata l'eventuale non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 c.p.p. nella parte in cui non prevede che anche i procedimenti in cui il prossimo congiunto di un magistrato assume la qualita' di imputato, danneggiato o persona offesa dal reato che sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto della Corte di appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni o le esercitava al momento del fatto, siano di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel distretto di corte di appello determinato ai sensi dell'art. 1 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

Le parti hanno oggi discusso la questione e concluso come in atti.

Considerato in diritto

Il tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 c.p.p. nella parte in cui non prevede che la speciale competenza territoriale per i procedimenti riguardanti direttamente i magistrati che assumono la qualita' di imputati, indagati ovvero danneggiati e offesi dal reato non si estenda anche a quei procedimenti nei quali dette qualita' siano assunte dai prossimi congiunti dei magistrati medesimi.

I parametri costituzionali sotto cui la questione di legittimita' costituzionale va esaminata e sollevata sono gli artt. 3, 24 secondo comma, 25 primo comma, 111 secondo comma della Costituzione.

La norma impugnata, nella parte in cui non estende la sua disciplina ai prossimi congiunti del magistrato, viola la Costituzione sotto i distinti profili della violazione del principio di razionalita' e ragionevolezza; della violazione del diritto di difesa dell'imputato; della mancanza di effettive garanzie di predeterininazione del giudice competente; della mancata garanzia di un giudice terzo e imparziale. A) Violazione dell'art. 3 della Costituzione.

La Corte costituzionale da tempo sottolinea come la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita, anche nella diversa versione contenuta nell'art 41-bis dell'abrogato codice di procedura penale (R.D. 19 ottobre 1930, n. 1399), abbia la funzione di prevenire turbative alla serenita' e imparzialita' dei giudizi tutte le volte in cui per rapporti interpersonali tra i giudici tale premessa necessaria del giusto processo non possa essere realizzata (ord. n. 593/1989).

Nell'ordinanza n. 462 del 1997 si legge che «le ragioni della deroga alle regole ordinarie di competenza, predisposta dall'art. 11 cod. proc. pen. , vanno ravvisate nella necessita' di assicurare la serenita' ed obbiettivita' dei giudizi, nonche' l'imparzialita' e terzieta' del giudice ... anche con riferimento all'esigenza di eliminare presso l'opinione pubblica qualsiasi sospetto di parzialita' determinato dal rapporto di colleganza e dalla normale frequentazione tra magistrati operanti in uffici giudiziari appartenenti al medesimo distretto di corte di appello».

Il profilo della immagine di neutralita' e di terzieta' presso l'opinione pubblica del magistrato chiamato a giudicare un collega e' richiamato nell'ordinanza n. 570 del 2000 e posto a fondamento della disciplina derogatoria della competenza territoriale dettata dall'art. 11 cod. proc. pen.

Nella sentenza 390 del 1991 la Corte costituzionale ha individuato la ratio della norma...

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