Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di un parlamentare per il reato di diffamazione aggravata - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Giudice dell'udienza preliminare ...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 17 marzo 2004 (Doc. IV-ter, n. 4-A) relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'onorevole Vittorio Sgarbi nei confronti del dottor Piercamillo Davigo, promosso con ricorso del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brescia, notificato il 23 marzo 2003, depositato in cancelleria il 2 aprile 2005 ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 2005.

Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

Udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2007 il giudice relatore Alfonso Quaranta;

Udito l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1. - Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brescia ha promosso, con ricorso depositato pressa la cancelleria della Corte il 26 ottobre 2004, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, per l'annullamento della deliberazione da quest'ultima adottata "nella seduta del 17 marzo 2004" (Doc. IV-ter, n. 4-A).

    1.1. - Premette il ricorrente di essere chiamato a giudicare della responsabilita' penale dell'onorevole Vittorio Sgarbi, "imputato del delitto di diffamazione aggravata in danno del magistrato dott. Piercamillo Davigo", in ragione delle "frasi pronunciate" e delle "condotte tenute" nel corso della puntata del 26 giugno 1998 della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani", diffusa dall'emittente "Canale 5".

    Il parlamentare, difatti, "conduttore del programma televisivo suddetto", avrebbe esposto "durante la sigla iniziale della trasmissione un disegno raffigurante due maiali vestiti da magistrati con tocco, toga, un coltello e un grembiule sporco di sangue", rivolgendosi inoltre al disegnatore Martinez con le seguenti parole: "E' tua la copertina? Ti volevi riferire ai magistrati di Venezia? Di qualunque altra citta' d'Italia? .... non c'e' nessun collegamento tra la copertina di Martinez e la musica che fa siam tre piccoli porcellini e quello che diro' io ... i porci miei sono porci miei, i porci tuoi sono porci tuoi ...".

    Il deputato Sgarbi, poi, avrebbe dichiarato nel corso della trasmissione "in relazione alla recensione di un libro pubblicato dal dott. Davigo "io vi suggerisco, se avete intenzione di scrivere libri, di fare prima i magistrati: se voi volete avere una recensione sul Corriere in terza pagina, voi dovete non fare il libro e basta, ma fare il magistrato, magari del pool di Milano, perche' se lo fai a Forli' o Ravenna o anche a Venezia, non ti danno neanche la quindicesima; allora dovete fare i magistrati a Milano per pubblicare un libro di cui spero godrete i diritti di autore e allora soltanto avrete una recensione in terza pagina"".

    Il parlamentare, inoltre, "mostrando la terza pagina del quotidiano "Corriere della Sera", suggeriva agli ascoltatori: "Come la chiamereste voi questa pagina? Io la chiamerei leccata di c. ... (bip). Trattasi del c. ... (bip) del dott. Davigo"", aggiungendo "frasi sarcastiche sulla circostanza che la recensione occupasse lo spazio di sette colonne".

    Infine l'on. Sgarbi, conclude sul punto il ricorrente, durante un dialogo con l'ospite della trasmissione avv. Carlo Taormina, "accreditava la tesi che il dott. Davigo avesse "mandato" il Maresciallo della Guardia di Finanza Scaletta Salvatore (...) ad interrogare il finanziere Francesco Pacini Battaglia al precipuo scopo di "fargli dire" che Taormina era legato a clan camorristici e dunque al fine di "incastrarlo" e provocare un'indagine per reati di mafia a carico di quest'ultimo".

    1.2. - Tanto premesso sul contenuto dell'addebito elevato a carico del parlamentare, il ricorrente informa la Corte che all'udienza preliminare, celebrata il 16 dicembre 2003, il difensore dell'imputato "chiedeva al giudice di pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 del codice di procedura penale per la insindacabilita' delle opinioni espresse dal proprio assistito, ritenute scriminate ai sensi dell'art. 68 della Costituzione".

    Il predetto giudice dell'udienza preliminare, tuttavia, con ordinanza del 23 dicembre 2003, "investiva della questione la Camera dei deputati", provvedendo cosi' ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), in base all'assunto che le condotte poste in essere dal deputato Sgarbi (e sopra meglio descritte) non sarebbero "ricomprese tra quelle oggetto del disposto dell'art. 68 Cost., siccome non espresse nell'esercizio di funzioni parlamentari, ne' a queste funzionalmente connesse".

    Essendo, tuttavia, pervenuta all'odierno ricorrente - in data 22 marzo 2004 - la nota con la quale il Presidente della Camera dei deputati comunicava che, con delibera adottata il 17 marzo 2004, l'assemblea aveva dichiarato l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal parlamentare, respingendo la proposta della Giunta per le autorizzazioni (di segno contrario), il ricorrente ha promosso il presente conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.

    1.3. - A sostegno dell'iniziativa assunta, sono dedotti, innanzitutto, "i principi delineati dalla sentenza 29 dicembre 1988 n. 1150 della Corte costituzionale".

    In base ad essi - espone il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brescia - "le prerogative parlamentari non possono non implicare un corrispettivo potere valutativo dell'organo a tutela del quale sono disposte", potere che "puo' dirsi legittimamente esercitato solo entro i limiti della fattispecie contemplata dall'art. 68, primo comma, Cost.". Esso, difatti, "lungi dall'essere arbitrario o vincolato a sole regole interne di self-restraint, e' soggetto al controllo di legittimita' affidato all'organo giurisdizionale di garanzia costituzionale, mediante lo strumento del conflitto di attribuzione". Quest'ultimo, a propria volta, "non si configura nei termini di una vindicatio potestatis (il potere di valutazione del Parlamento non e' in astratto contestabile), bensi' come contestazione dell'altrui potere in concreto, per vizi del procedimento oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido esercizio di esso".

    Alla stregua, dunque, di tale indirizzo (che il ricorrente pone in luce essere stato confermato dalle sentenze n. 129 del 1996 e n. 443 del 1993), sarebbe evidente che il giudizio devoluto alla Corte in sede di conflitto di attribuzione "non si limita alla verifica della validita' e congruita' della motivazione con la quale la Camera di appartenenza del parlamentare abbia dichiarato insindacabile l'opinione espressa". Sebbene esso, difatti, non si atteggi "a giudizio sindacatorio (...) su di una determinazione discrezionale dell'assemblea politica", e' pur vero che la Corte, "chiamata a svolgere, in posizione di terzieta', una funzione di garanzia, da un lato dell'autonomia della Camera di appartenenza del parlamentare, dall'altro della sfera di attribuzione dell'autorita' giurisdizionale, non puo' verificare la correttezza, sul piano costituzionale, di una pronuncia di insindacabilita' senza verificare se...

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