Ordinanza emessa il 3 maggio 2006 dalla Corte di appello di Trieste nel procedimento penale a carico di Mazzoli Taic Edith ed altri Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione (salvo nelle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, se ...

LA CORTE DI APPELLO

Nel procedimento penale in grado di appello n. 514/04 R.G. App. nei confronti di Mazzoli Taic Edith, Corsi Maurizio, Zambon Patrizia, Antonini Marina, Rossit Angelo e Ridolfo Vilma Silvana, giudicati con sentenza dd. 6 maggio 2003 del Tribunale di Pordenone con la quale i medesimi imputati sono stati assolti dal reato di cui agli art. 112, n. 1), 479 in rif. all'art. 476, commi 1 e 2 c.p. perche' il fatto non sussiste, sentenza gravata da rituali appelli da parte del Procuratore della Repubblica di Pordenone, del procuratore generale e della parte civile Mazzoli Taic Carlo con richiesta, rispettivamente, di condanna a pena di giustizia e di risarcimento del danno;

Ha pronunciato la seguente ordinanza.

In limine all'odierna udienza dibattimentale ritiene la Corte di dover sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, legge 20 febbraio 2006, n. 46, in riferimento all'art. 593 c.p.p., come modificato dall'art. 1 della medesima legge, per violazione del principio della parita' delle parti nel processo e della ragionevole durata del processo sanciti dall'art. 111 Cost., siccome rilevante e non manifestamente infondata per le ragioni appresso indicate.

Sotto il profilo della rilevanza e', infatti, evidente che la Corte, in applicazione della sopravvenuta normativa di cui all'art. 10 cit., legge n. 46 del 2006 in rif. all'art. 593 c.p.p., dovrebbe definire il grado di giudizio mediante pronuncia di ordinanza non impugnabile di inammissibilita', di talche' verrebbe ad essere precluso l'esame delle questioni di merito proposte con i gravami del Procuratore della Repubblica di Pordenone e del procuratore generale, siccome non deducibili nell'eventuale ricorso per cassazione che l'organo d'accusa intendesse proporre, ai sensi del comma 3 del cit. art. 10, legge n. 46 del 2006, contro la sentenza di primo grado.

Sotto il diverso profilo della non manifesta infondatezza, non par dubbio alla Corte che la menzionata normativa si ponga in contrasto con i parametri degli artt. 3 e 111 Cost.

A tale riguardo conviene ricordare che nella giurisprudenza della Corte costituzionale e' stato piu' volte "ribadito che il principio della parita' tra accusa e difesa non comporta necessariamente l'identita' tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell'imputato e del suo difensore" ed e' stato, altresi', "sottolineato come una diversita' di trattamento rispetto a tali poteri possa risultare...

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