Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Contenzioso tributario - Poteri istruttori delle Commissioni tributarie - Facolta' di ordinare alle parti, nei limiti dei fatti dedotti, di produrre documenti ritenuti necessari per la decisione - Mancata previsione - Denunciata assoluta irrazionalita', ingiustificata discriminazione tr...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza del 26 maggio 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Novara sul ricorso proposto da Fallara Francesco contro l'Agenzia delle Entrate di Novara, iscritta al n. 435 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il giudice relatore Romano Vaccarella.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza del 26 maggio 2006 la Commissione tributaria provinciale di Novara ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui non prevede, tra i poteri istruttori delle commissioni tributarie, quello di ordinare alle parti, pur nei limiti dei fatti dedotti, di produrre documenti ritenuti necessari ai fini della decisione.

    1.1. - L'incidente e' stato prospettato nel corso del giudizio di impugnativa di un avviso di accertamento in materia di IVA, fondato su due verbali, l'uno del Servizio Ispettivo dell'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), nel quale era stato contestato l'impiego di quattro lavoratrici non iscritte nei libri obbligatori, e l'altro della Guardia di Finanza, col quale era stato quantificato l'ammontare delle ritenute non operate sugli emolumenti ad esse corrisposti, come ricostruiti dagli ispettori che avevano effettuato la prima verifica: atti in base ai quali l'Agenzia delle Entrate aveva poi calcolato, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, l'ammontare dei ricavi non contabilizzati, corrispondenti alle retribuzioni pagate "in nero".

    Dato atto che nessuna delle parti costituite in giudizio aveva depositato i predetti documenti e che gli stessi erano assolutamente necessari ai fini della decisione della controversia, dovendo in mancanza il giudicante risolverla sulla base della regola, per vero tutta formale, dell'onere della prova, piuttosto che sull'effettiva fondatezza delle pretese hinc et inde addotte dalle parti, osserva il rimettente, in punto di rilevanza, che l'intervenuta abrogazione - attuata con decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - del terzo comma dell'art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (il quale prevedeva il potere officioso di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari ai fini della decisione) gli preclude l'esercizio di tale facolta' ed esclude altresi' la praticabilita' di opzioni ermeneutiche idonee a recuperarla.

    1.2. - Quanto alla non manifesta infondatezza del dubbio, secondo il giudice a quo non varrebbe a giustificare la norma il richiamo alla regola che, nel processo civile ordinario, vieta all'ufficio di supplire con la sua iniziativa all'inerzia delle parti, in attuazione del principio costituzionale della terzieta' della giurisdizione: ed invero tale disciplina, del tutto congruente al criterio della disponibilita' della prova, appare inaccettabile nel processo tributario, ove vige una disposizione, come quella racchiusa nel menzionato primo comma dell'art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in base alla quale le commissioni hanno "ai fini istruttori, e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, [...] tutte le facolta' di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferiti agli uffici tributari ed all'ente locale da ciascuna legge di imposta".

    Ne deriverebbe un quadro normativo assolutamente irrazionale, atteso che il giudice, pur avendo, nei limiti dei fatti dedotti, gli stessi poteri istruttori, anche autoritativi, dell'amministrazione finanziaria, non potrebbe tuttavia ordinare l'acquisizione di documenti, ancorche' ritenuti decisivi ai fini della pronuncia.

    Tale normativa sarebbe segnatamente lesiva dell'art. 3 della...

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