Ordinanza del 30 maggio 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 10 gennaio 2007) emessa dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Labate Santo Processo penale - Ricorso per cassazione - Giudizio di rinvio dopo annullamento - Impossibilita' per il giudice di rinvio di rilevare e di sollevare questione di costituzionalita'...

LA CORTE DI CASSAZIONE

Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Labate Santo, nato il 10 ottobre 1952, avverso sentenza del 2 marzo 2005 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria.

Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;

Udita la pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere Fumo Maurizio;

Udito il p.g. in persona del sost. proc. gen. dott.ssa A.M. De Sandro, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;

Udito il difensore dell'imputato, avv. A. Manago', che, illustrando i motivi di ricorso, ne ha chiesto l'accoglimento, osserva quanto segue.

Fatto e Svolgimento del Processo

Labate Santo fu condannato alla pena di anni 12 di reclusione e lire 3.500.000 di multa (oltre pene accessorie e misura di sicurezza) dalla Corte di assise di Reggio Calabria con sentenza 16 giugno 1997 perche' riconosciuto colpevole dei reati di cui all'art. 416-bis c.p., 9, legge n. 575/1965, 56-629, in relazione all'art. 628, terzo comma, nn. 3 e 7, legge n. 152/1991.

La Corte di assise di appello, con sentenza 9 febbraio 2001, in parziale riforma, lo assolse dal reato di tentata estorsione aggravata perche' il fatto non sussiste, rideterminando in melius il trattamento sanzionatorio.

La prima sezione della Corte di cassazione, con sentenza 14 febbraio 2002, ha annullato con rinvio la pronunzia di secondo grado limitatamente alla assoluzione per tentata estorsione aggravata.

La Corte di assise di appello di Reggio Calabria, giudice di rinvio, con sentenza 2 marzo 2005, ha confermato la affermazione di responsabilita' pronunziata dal giudice di primo grado con riferimento al delitto di tentata estorsione aggravata e, stante la declaratoria di estinzione del reato contravvenzionale, ha rideterminato la pena, ritenuta la continuazione, in anni 11 e mesi 9 di reclusione, convertendo in euro (1.807,59) la pena pecuniaria originariamente stabilita in lire, confermando anche le statuizioni accessorie (interdizione perpetua dai pubblici uffici, stato di interdizione legale durante espiazione pena, liberta' vigilata, a pena espiata, per la durata di anni 3).

Per quanto specificamente riguarda il tentativo di estorsione, Labate e' chiamato a rispondere di aver commesso atti idonei diretti inequivocabilmente a costringere, al fine di procurarsi profitto ingiusto e con minaccia indiretta, il suo omonimo Labate Lorenzo a pagare una "tangente" di lire 100 milioni in relazione ad opere di sistemazione urbanistica assegnate dal comune di Reggio Calabria al consorzio CON.RE.CA.

La prova della penale responsabilita', in ordine a tale delitto, fu raggiunta dal giudice di primo grado sulla base delle dichiarazione di due funzionari di polizia giudiziaria (Calabrese e Blasco), i quali riferirono che Labate Lorenzo, da loro ascoltato nell'ambito di indagini condotte, aveva "fuori verbale" riferito l'episodio poi sintetizzato nel capo di imputazione. Nel corso dei dibattimento in primo grado era stato disposto confronto tra la persona offesa (che, ascoltata, aveva negato la circostanza) e il Blasco, erano stati assunti testi (l'ex sindaco di Reggio, Licandro Agatino, il consigliere comunale Quattrone Giuliano), le cui dichiarazioni erano state ritenute riscontro alle affermazioni rese dai due appartenenti alla polizia di Stato.

La natura informale del colloquio tra Labate Lorenzo, da un lato, Blasco e Calabrese, dall'altro, fu tuttavia ritenuta dal primo giudice di appello ragione di inutilizzabilita' delle dichiarazioni dei due funzionari di polizia; conseguentemente, come anticipato, l'imputato fu assolto dal delitto di tentata estorsione aggravata.

Con la sentenza di annullamento, la prima sezione della Corte di cassazione ha ritenuto non corretta tale valutazione, asserendo che la sanzione processuale in questione non e' prevista nell'ordinamento, con la conseguenza che - salvi ovviamente i divieti ex artt. 350, commi sesto e settimo c.p.p. - le dichiarazioni non verbalizzate, rese dalla persona offesa potevano essere oggetto di testimonianza indiretta da parte di ufficiali di polizia giudiziaria. Pertanto, rilevato che il giudice di secondo grado, in conseguenza della ritenuta (e dichiarata) inutilizzabilita', aveva omesso di valutare le deposizioni di Blasco e Calabrese (in una con gli altri elementi emersi), ha annullato, come premesso, la sentenza di appello con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Reggio Calabria.

Il giudice di rinvio...

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