Sentenza nº 4027 da Council of State (Italy), 07 Luglio 2003

Data di Resoluzione07 Luglio 2003
EmittenteCouncil of State (Italy)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.4027/03

Reg.Dec.

N. 10750 Reg.Ric.

ANNO 2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 10750 del 2002, proposto dalla Provincia di La Spezia, in persona del Presidente, legale rappresentante in carica, Sig. Giuseppe Ricciardi, rappresentata e difesa dall'Avv. Piero Barbieri, con domicilio eletto in Roma, via Panama n. 68, presso lo studio degli Avv. Giovanni Puoti e Bruno Cucchi;

contro

l'Associazione italiana per il World Wide Found for Nature - W.W.F., in persona del Presidente, legale rappresentante in carica, Arch. Fulvio Pratesi, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Alessio Petretti e Daniele Granara, con domicilio eletto in Roma, via degli Scipioni n. 268/A, presso lo studio del primo;

e nei confronti

della Regione Liguria, in persona del Presidente, legale rappresentante in carica, non costituito;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione II, n. 1124 del 22 novembre 2002;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Associazione appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza dell'8 aprile 2003, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell'espressione imprevista, altresì, l'Avv. Barbieri per la Provincia di La Spezia, appellante e l'Avv. Petretti per l'Associazione del W.W.F., resistente!Fine dell'espressione imprevista;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

  1. Con sentenza n. 1124 del 22 novembre 2002, la Sezione II del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, in accoglimento del ricorso proposto dall'Associazione italiana per il World Wide Found for Nature - W.W.F., ha annullato la deliberazione del consiglio provinciale del 27 marzo 2002 n. 33, recante approvazione del piano faunistico venatorio approvato, con validità quinquennale, dal Consiglio provinciale della Provincia di La Spezia, con deliberazione del 27 marzo 2002, non 33.

    Disattese le eccezioni pregiudiziali dell'Amministrazione (omessa notificazione del ricorso ad almeno uno delle associazioni venatorie e difetto di interesse del W.W.F.), il Tribunale adito ha ritenuto l'illegittimità del provvedimento impugnato per i profili che seguono:

    - contrasto con l'art. 14, comma 1, della legge n. 157 del 1992, nella parte in cui prevede un unico ambito territoriale di caccia per l'intero territorio provinciale;

    - violazione dell'art. 10 della stessa legge per avere ricompresso nei territori destinati ala protezione della fauna selvatica anche zone in cui l'attività venatoria é già di per sé vietata per inidoneità delle zone medesime, nonché nella parte in cui avrebbe duplicato il computo di talune aree urbanizzate, inserite in parchi nazionali e provinciali ed infine nella parte in cui prevede che, per tutto l'anno, si possano fare, nelle zone di tipo B e C, prove e gare per l'addestramento e l'allevamento dei cani da ferma e da cerca su selvaggina allevata in cattività con o senza possibilità di abbattimento.

  2. Avverso l'anzidetta sentenza è proposto appello dalla Provincia di La Spezia, che ne denuncia l'illegittimità, in primo luogo, per avere respinto, il giudice di primo grado, le eccezioni pregiudiziali dalla stessa dedotte (violazione del principio del contraddittorio e mancanza di interesse dell'Associazione ricorrente) e quindi, nel merito, in quanto;

    - sarebbe erronea l'interpretazione dell'art. 14 della L. 11 febbraio 1997 n. 157 (in relazione anche all'art. 19 della L. reg. n. 29 del 1994), perché la natura subprovinciale degli "ambiti" previsti dalla legge, non impedirebbe l'individuazione di un unico ambito, nella provincia, coincidente con l'intero territorio agro-silvo-pastorale, distinto in comprensori omogenei;

    - sarebbe, altresì, erronea l'interpretazione degli artt. 10 L. n. 157/92 e 3 L.reg. n. 29 del 1994, perché le disposizioni in esse contenute richiedono di ricomprendere all'interno delle pervenutali del territorio agro-silvo-pastorale destinate alla protezione della fauna, i territori ove sia "comunque" vietata l'attività venatoria "anche per effetto di altre legge o disposizioni" (come, in termini, si sarebbe espressa anche la Corte Costituzionale);

    - il terzo motivo di impugnazione del ricorso di primo grado (nel quale è stato assorbito dal giudice di primo grado anche il quarto motivo),doveva essere dichiarato inammissibile per mancanza di interesse e, comunque, respinto; ove anche fosse dimostrato in eventuale scarto percentuale del territorio urbanizzato all'interno delle aree naturali, esso non inciderebbe, infatti, sul raggiungimento della percenutale di territorio destinato dal Piano alla protezione della fauna selvaggia, che, sulla base della cartografia allegata risulterebbe di gran lunga superiore a quella stabilita per legge;

    - il quinto motivo di impugnazione inciderebbe su di una disposizione (concernente le aree per l'addestramento, l'allevamento e le gare cinofile) priva di lesività immediata, in quanto aventi valore puramente propositivo; in ogni caso, le relative censure sarebbero infondate, poiché l'attività di addestramento dei cani ha un contenuto diverso dall'attività venatoria, definita dall'art. 12 L. n. 157 del 1992, così come natura e tutela differenziata sarebbero riservate alle zone destinate alle suddette attività.

    In definitiva, la sentenza appellata dovrebbe essere riformata, nel senso della declaratoria di inammissibilità e, comunque con la reiezione, nel merito, del ricorso proposto in primo grado dalla appellata.

  3. Costituitasi quest'ultima per resistere alle censure dedotte, la causa è stata successivamente chiamata alla pubblica udienza dell'8 aprile 2003 e trattenuta in decisione.

    DIRITTO

  4. Nella controversia in esame, avente ad oggetto la delibera consiliare con la quale la Provincia di La Spezia ha approvato il Piano faunistico venatorio provinciale (del. n. 33 del 27 marzo 2002), deve essere, innanzitutto, respinto il primo motivo di impugnazione, in quanto la mancata notificazione del ricorso di primo grado ad alcuna della Associazioni venatorie.

    Non ha alcun rilievo, per i fini che interessano, la circostanza che, durante il procedimento attraverso cui si è pervenuti alla redazione del piano, sia stato mantenuto, da parte dell'Amministrazione provinciale, un costante confronto con dette associazioni oltre che con altri organismi esponenziali di interessi diffusi e di categoria.

    La qualità di controinteressato deve essere infatti individuata in base al riconoscimento della titolarità di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso ed alla circostanza che il provvedimento impugnato riguardi nominativamente un soggetto determinato, esplicitamente menzionato o comunque agevolmente individuabile, il quale abbia un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento stesso, in contrasto con l'interesse del soggetto che proposto l'impugnazione..

    D'altra parte, la posizione di controinteressato in senso proprio non é configurabile per categorie di soggetti, come pretenderebbe l'Amministrazione appellante (per tutte, Sez. VI, n. 6216 dell'11 dicembre 2001).

    Per di più, con riguardo a soggetti esponenziali di interessi complessi, fra di loro in posizione non necessariamente antitetica, la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte di uno di essi non necessariamente lascia individuare contrapposti interessi qualificati alla conservazione dell'atto, ancorché non possa negarsi la legittimazione all'intervento in giudizio, a sostegno del provvedimento impugnato.

    La considerazione che precede non è smentita dall'orientamento citato dalla appellante (Sez. VI n. 939 del 1986) secondo cui le associazioni dei cacciatori riconosciute ex lege sono legittimate, in virtù della particolare posizione loro riconosciuta dall'ordinamento a tutela degli interessi dei cacciatori, ad impugnare i provvedimenti che impongono limitazioni al libero esercizio della caccia, non essendo configurabile concettualmente, una pedissequa coincidenza fra legittimazione attiva alla impugnazione e la posizione di controinteressato alla impugnazione di un atto generale, quale é il piano faunistico venatorio, oggetto di causa.

    La titolarità di un autonomo interesse a contraddire, ove anche legittima l'intervento nel processo di un soggetto che intende opporsi all'annullamento di un atto alla cui conservazione sono legati dei vantaggi a suo favore, non è sufficiente a far assumere la qualità di controinteressato in senso proprio, a cui debba essere assicurata la partecipazione al processo mediante la notifica dell'atto introduttivo del giudizio (Sez. VI, n. 6216 del 2001 cit.).

    D'altra parte, soltanto una visione riduttiva e limitata dell'attività venatoria può indurre a non riconoscere, nelle associazioni di cacciatori, la titolarità di interessi diffusi di natura squisitamente ambientalista (coincidenti, quindi, nelle linee generali...

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