Ordinanza emessa il 28 marzo 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 ottobre 2006) dalla Corte di appello di Bologna nel procedimento penale a carico di Moretti Beppino Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione, salvo ne...

LA CORTE DI APPELLO

Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro Moretti Beppino;

Decidendo sulla eccezione di illegittimita' costituzionale proposta dal procuratore generale relativamente all'art. 593, primo e secondo comma, c.p.p., come modificato dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui esclude che il p.m. possa proporre appello contro una sentenza di proscioglimento dell'imputato (primo comma), salvo l'ipotesi della sopravvenienza di una nuova prova decisiva (secondo comma), per violazione degli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione;

Rilevato che la questione sollevata e' rilevante, sussistendo il requisito della indispensabilita' della previa risoluzione della questione, in riferimento alla posizione dell'imputato Moretti Beppino, nei cui confronti e' stato proposto appello dal procuratore generale a seguito della sentenza di assoluzione di primo grado, poiche' la Corte, in applicazione dell'art. 10, secondo comma, della legge citata, dovrebbe dichiarare, con ordinanza non impugnabile, l'inammissibilita' dell'appello ed in tal modo verrebbe a privare l'appellante del giudizio di merito di secondo grado;

Considerato che la questione proposta non e' manifestamente infondata per i seguenti motivi.

1) Puo' sussistere violazione dell'art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione, secondo il principio di parita' tra accusa e difesa, nel caso in cui la pubblica accusa, in toto soccombente in primo grado nella sentenza di proscioglimento dell'imputato, non possa proporre appello, mentre lo possa proporre in caso di parziale soccombenza; posto che nella procedura penale e' previsto un doppio grado di giurisdizione di merito, non vi e' piu' parita' delle parti se una di esse, soccombente, non possa proporre appello, e il p.m. ha certamente un interesse maggiore ad appellare una sentenza di assoluzione che ritiene ingiusta piuttosto che ad appellare una sentenza di condanna; la pubblica accusa si trova cosi' in netto svantaggio, poiche' il ricorso in Cassazione non potra' mai avere la stessa estensione dell'atto d'appello, che attiene al merito;

2) I primi due commi dell'art. 111 contengono alcune regole generali in materia di attivita' giurisdizionali: il giusto processo e' incentrato sul contraddittorio delle parti, e se il nostro codice di procedura penale prevede tre gradi processuali, il principio della parita' delle parti deve persistere nei tre gradi, ed ogni e qualsiasi limitazione in danno...

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