Ordinanza emessa il 5 maggio 2006 dalla Corte di appello di Salerno nel procedimento penale a carico di De Luca Vincenzo Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di non luogo a procedere - Mancata previsione - Violazione del principio di ragionevolezza e del p...

LA CORTE DI APPELLO

Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento in epigrafe indicato a carico di De Luca Vincenzo, nato a Ruvo del Monte l'8 maggio 1949, residente a Salerno, via Lanzalone.

Con sentenza dell'1l ottobre 2001 il G.u.p. del Tribunale di Salerno dichiarava non doversi procedere nei confronti di De Luca Vincenzo in ordine al reato di cui all'art. 317 c.p. ascritto perche' il fatto non sussiste.

Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica ed appello il procuratore generale, chiedendo che la Corte volesse disporre il giudizio nei confronti del De Luca davanti al Tribunale di Salerno.

All'udienza odierna il p.g. ha depositato una memoria con la quale ha chiesto a questa Corte di voler sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 428 c.p.p., come modificato dall'art. 4 della legge 9 marzo 2006, n. 46, e dell'art. 10 della predetta legge perche' in contrasto con gli articoli 3, 111 e 112 della Costituzione.

Il difensore dell'imputato ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' dell'appello.

Tanto premesso, questa Corte, sotto il profilo della rilevanza della questione. osserva che l'art. 10, secondo comma, della legge prevede l'immediata dichiarazione di inammissibilita', con ordinanza non impugnabile, dell'appello contro una sentenza di proscioglimento proposto dall' imputato o dal pubblico ministero, con una esplicita deroga al principio tempus regit actum, che normalmente regola la successione delle norme processuali.

L'inesistenza di eccezioni alla dichiarazione di inammissibilita' e di qualsiasi valutazione da parte del giudice, diversa dalla mera constatazione che e' stato proposto un appello dal p.m. avverso una sentenza di proscioglimento (per cui si prevede anche la non impugnabilita' della relativa ordinanza) non consente di pervenire, con il mezzo della interpretazione, ad altra soluzione.

Ne consegue che la questione di legittimita' costituzionale del nuovo testo dell'art. 428 c.p.p. e dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006 proposta dal p.g. e' rilevante perche' solo la dichiarazione di incostituzionalita' delle citate norme consentirebbe a questa Corte di appello di esaminare i motivi di appello proposti dal p.m. appellante.

Passando ora ad esaminare il profilo della non manifesta infondatezza, si osserva che la proposta questione appare non manifestamente infondata in relazione agli articoli 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione per i motivi che di seguito, sinteticamente, si espongono.

A) L'art. 111, secondo comma, della Costituzione prevede che: "Ogni processo si svolge nel contradclittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata".

Dunque:

  1. la parita' delle parti deve connotare l'intero processo, quindi anche ogni sua singola fase (esclusa quella delle indagini preliminari);

  2. in ogni momento del processo deve essere garantito il contraddittorio delle parti.

Attraverso questi due momenti si svolge il tentativo di giungere all'accertamento della verita', in cui si sostanzia il processo.

Il quarto comma della stessa norma prevede poi che: "il processo penale e' regolato dal contradddtorio nella formazione della prova".

A meno di non voler interpretare quest'ultima disposizione come una inutile ripetizione del primo comma, se ne deve dedurre che questo afferma la necessita' che il processo, nella sua interezza, si svolga nel contraddittorio fra le parti ed in condizioni di parita' delle stesse ed il quarto regoli specificamente il principio del contraddittorio nella fase della formazione della prova, tanto piu' che, nel secondo comma dell'art. 111 vi e' un espresso riferimento al fatto che la parti si muovono, in parita', davanti ad un giudice terzo ed imparziale e queste sue qualita' hanno modo di oggettivarsi non solo nel momento della acquisizione della prova, ma anche in quello della decisione del processo.

Gia' dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 421 del 2001, peraltro, si evince che il Giudice delle leggi non ha condiviso la tesi di chi sostiene che il principio della parita' delle parti sarebbe limitato alla fase del contraddittorio, perche', in realta', il principio introdotto dal secondo comma dell' art. 111 Cost. non e' altro che la veste autonoma data ad un principio desumibile dal sistema dei valori costituzionali (art. 3 Cost. in...

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