Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento penitenziario - Sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva - Preclusione dell'ammissione al beneficio per le persone condannate che abbiano subito la revoca di una misura alternativa alla detenzione - Mancata previsione - Lamentata irrag...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Annibale MARINI;

Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 1° agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni), promosso con ordinanze del 22 agosto 2005 dal Magistrato di sorveglianza di Avellino, del 22 novembre 2005 dal Magistrato di sorveglianza di Palermo, del 15 dicembre 2005 dal Magistrato di sorveglianza di Bari e del 20 dicembre 2005 dal Magistrato di sorveglianza di Cagliari, rispettivamente iscritte al n. 531 del registro ordinanze 2005 e ai nn. 24, 34 e 36 del registro ordinanze 2006, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2005 e nn. 6, 7 e 8 1ª serie speciale, dell'anno 2006.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 5 aprile 2006 il giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che, con ordinanza del 22 agosto 2005, il Tribunale di sorveglianza di Avellino (reg. ord. n. 531 del 2005) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 1° agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni), nella parte in cui non prevede, tra le cause ostative all'applicazione del beneficio, la revoca di una misura alternativa;

che il rimettente riferisce che con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli il condannato veniva ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare, revocata, in seguito, ex art. 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta) con ordinanza dello stesso Tribunale di sorveglianza;

che, successivamente, il medesimo condannato ha chiesto di essere ammesso al beneficio della sospensione condizionata della pena ex lege n. 207 del 2003, invocando a sostegno della richiesta la recente sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2005, con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, lettera d), della legge n. 207 del 2003, che precludeva l'accesso al beneficio per coloro i quali erano stati ammessi alla misura alternativa;

che, a seguito della richiamata sentenza della Corte costituzionale, anche i soggetti che, dopo essere stati ammessi ad una misura alternativa, si sono resi destinatari di un provvedimento di revoca ex art. 51-ter della legge n. 354 del 1975 per violazioni di prescrizioni, dimostrandosi immeritevoli della concessione della misura, per di piu' in concreto, e non sulla base di una semplice prognosi negativa, possono ottenere il beneficio della sospensione condizionata della pena (c.d. indultino) in quanto nessuna disposizione contempla la revoca di una misura alternativa quale causa d'inammissibilita' del beneficio;

che la mancata previsione nell'art. 1 della legge n. 207 del 2003 della revoca della misura alternativa tra le cause di inammissibilita', legittimando i soggetti destinatari di un provvedimento ex art. 51-ter della legge n. 354 del 1975 a poter fruire di un regime eventualmente addirittura piu' favorevole di quello che e' stato loro revocato, appare in contrasto sia con il principio rieducativo della pena di cui all'art. 27 della Costituzione, sia con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificata disparita' di trattamento che si determina rispetto a coloro che non hanno commesso violazioni;

che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata;

che, secondo la difesa erariale, il c.d. indultino ha la finalita' di ovviare al sovraffollamento carcerario (che rappresenta un grave ostacolo alla funzione rieducativa), senza pero' dimenticare il fine del recupero sociale del condannato, dal momento che quest'ultimo vede sostituito un trattamento penale scarsamente significativo (detenzione non superiore a due anni) con un altro trattamento di durata assai piu' lunga (cinque anni) che ha la funzione di stimolo all'astenersi dall'infrangere ulteriormente la normativa penale;

che, ai sensi della sentenza n. 278 del 2005, rientra nella discrezionalita' del legislatore modulare in vario modo i benefici da concedere ai condannati, con l'unico limite della non manifesta irragionevolezza, con la conseguente insussistenza della violazione dell'art. 3 della Costituzione, perche' a coloro che non si sono visti revocare una misura alternativa alla detenzione non viene riservato un trattamento deteriore rispetto a quelli attinti da una siffatta revoca e l'ammissione di questi ultimi all'indultino e' servente agli scopi di deflazione carceraria (che, a sua volta, si propone lo scopo di permettere la funzione rieducativa della pena);

che, quanto all'art. 27 della Costituzione, l'indultino e' istituto servente alla funzione di recupero sociale del condannato, ne' ha senso il dubbio che ammettere al beneficio tanto i destinatari di revoca di misura alternativa alla detenzione, quanto coloro che non siano stati raggiunti da un simile provvedimento, sia pregiudizievole alla funzione rieducativa della pena, posto che il beneficio si consegue per tutti allorche' vi sia...

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