Sentenza nº 364 da Constitutional Court (Italy), 19 Dicembre 2003

RelatoreValerio Onida
Data di Resoluzione19 Dicembre 2003
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.364

ANNO 2003

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Riccardo CHIEPPA Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero AlbertoCAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

- Francesco AMIRANTE "

- Ugo DE SIERVO "

- Romano VACCARELLA "

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitti di attribuzione sorti a seguito dell’art. 1, comma 1, lettere a, c, e, g, k, r, s, t e u del d.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli unici per gli impianti produttivi), promossi con ricorsi delle Regioni Veneto e Liguria, notificati il 10 e il 6 aprile 2001, depositati in cancelleria il 10 e il 19 aprile ed iscritti ai numeri 13 e 14 del registro conflitti 2001.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 30 settembre 2003 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Romano Morra per la Regione Veneto nonché l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.1. – Con ricorso notificato il 10 aprile 2001 e depositato nella cancelleria della Corte costituzionale nella stessa data, la Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri (r.confl. n. 13 del 2001), chiedendo la dichiarazione di non spettanza allo Stato del potere di disciplinare con regolamento i procedimenti amministrativi afferenti alla struttura denominata "sportello unico per le attività produttive", e, conseguentemente, l’annullamento del d.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli unici per gli impianti produttivi), con particolare riferimento all’art. 1, comma 1, lettere a, c, e, g, k, r, s, t, u, per violazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione.

Le disposizioni ritenute interferenti con le competenze della Regione sono le seguenti:

la lettera a dell’art. 1, la quale ridefinisce il campo di applicazione del regolamento di cui al d.P.R. n. 447 del 1998, affermando che gli "impianti" presi in considerazione sono quelli "relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche ed alberghiere ...". Non vi sarebbe dunque materia regionale, "propria" o "delegata", che rimanga esclusa dalla disciplina governativa;

la lettera c dell’art. 1, là dove si stabilisce che il procedimento è unico, nel senso che sono soppresse (e/o trasformate) tutte le funzioni amministrative in precedenza attribuite ai diversi enti: la struttura unica adotta "il provvedimento conclusivo del procedimento", ed adotta anche direttamente "gli atti istruttori e i pareri tecnici, comunque denominati dalle normative vigenti", mentre le altre amministrazioni intervengono nel procedimento solo in via eventuale (se la struttura unica ritiene di avvalersene), e solo per la adozione di atti, che sono "trasformati" in "atti istruttori" e in "pareri tecnici" (come confermerebbero le innovazioni della lettera e, della lettera g, che parla di funzioni di "amministrazione consultiva", nonché della lettera k, la quale, con riferimento alle varianti urbanistiche eventualmente occorrenti per la realizzazione degli impianti, esclude la necessità dell’approvazione della Regione);

le lettere r e s dell’art. 1, le quali, con riferimento al "procedimento mediante autocertificazione", assegnano le funzioni di "accertamento" delle autocertificazioni, e, più in generale, tutte le funzioni di "controllo", alla "struttura" comunale: spetta ad essa, quindi, la verifica della conformità di quanto dichiarato dall’interessato con le norme relative alla prevenzione degli incendi, alla sicurezza degli impianti, alle emissioni inquinanti in atmosfera, alle emissioni nei corpi idrici, ecc. (sinteticamente: con tutte le norme considerate nel comma 2 dell’art. 7 del d.P.R. n. 447 del 1998). Ad avviso della ricorrente, solo se la struttura comunale riterrà di avvalersene, altre amministrazioni pubbliche potranno svolgere queste verifiche; tant’è vero che il comma 3 dell’art. 7, che pure continua a fare riferimento alla permanenza della funzione di controllo, viene modificato nel senso che gli enti diversi dal Comune non sono più "competenti", ma solo "interessati". Nella stessa direzione si muoverebbe anche la lettera t del decreto impugnato, che interviene sulla "procedura di collaudo": i tecnici che vi prendono parte non sono più quelli dipendenti "dalle amministrazioni competenti ai sensi della normativa vigente", ma quelli della struttura comunale, "la quale a tal fine può avvalersi del personale dipendente da altre amministrazioni";

infine, la lettera u dell’art. 1. Tale norma sostituisce l’art. 10 del d.P.R. n. 447 del 1998, il quale, nella versione originaria, faceva salve "le disposizioni che prevedono a carico dell’interessato il pagamento di spese o diritti in relazione ai procedimenti disciplinati dal presente regolamento". Ora la competenza a riscuotere tali importi viene attribuita alla "struttura responsabile del procedimento"; la misura di essi viene dimezzata nel caso del "procedimento per autocertificazione"; la stessa percezione delle somme – da parte della Regione e di enti diversi dal Comune – diventa meramente eventuale, essendo prevista solo per il caso in cui la amministrazione abbia svolto attività istruttoria (ciò che dipenderebbe dalla struttura procedente): si introdurrebbe surrettiziamente una "sanzione" a carico della Regione (e degli altri enti), in quanto si prevede che, se non sono rispettati i termini fissati dallo stesso regolamento, le spese e i diritti (che pure vengono riscossi), non sono riversati ai soggetti ai quali essi spetterebbero secondo la normativa vigente.

Ad avviso della Regione, il d.P.R. n. 440 del 2000 interferirebbe con le competenze regionali, tanto di normazione, quanto di amministrazione. Il regolamento si sostituirebbe alle fonti pregresse, sia statali che regionali, ridisciplinando compiti e funzioni, in materie proprie della Regione, o ad essa conferite. Inoltre, nessuna disposizione del d.P.R. n. 440 del 2000 escluderebbe che esso vincoli anche per il futuro la normazione regionale.

La Regione ricorrente lamenta la violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. a causa dell’imposizione di limiti alla Regione con norme di natura regolamentare.

Un’altra ragione, subordinata, di violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. deriverebbe dal fatto che l’imposizione di limiti alla Regione sarebbe avvenuta con norme adottate in violazione delle prescritte regole procedimentali. Difatti l’art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla cui base deve ritenersi adottato il regolamento impugnato (così come il d.P.R. n. 447 del 1998, che esso modifica), stabilisce – attraverso il rinvio alle "modalità" del comma 3 del medesimo articolo – che nel procedimento normativo intervenga il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Dal preambolo del regolamento n. 440 del 2000 non risulterebbe, però, che il Governo abbia provveduto ad acquisire il necessario parere, né risulterebbe l’inutile decorso del termine di trenta giorni, assegnato alle Commissioni per pronunciarsi (evenienza alla quale l’ultimo periodo del citato comma 3 subordina la possibilità di emanare comunque il regolamento).

Un altro motivo di doglianza concerne la violazione delle funzioni legislative ed amministrative attribuite alla Regione dagli artt. 117 e 118 della Costituzione. All’interno di materie affidate alla competenza legislativa concorrente della Regione, il regolamento n. 440 del 2000 ritaglierebbe un settore "trasversale", individuato dal riferimento agli "impianti produttivi", "relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi", ed attribuirebbe al Comune il potere unico di autorizzare l’"impianto", "degradando" tutte le funzioni amministrative "interferenti" (salvo, forse, quelle attinenti alla valutazione d’impatto ambientale) a funzioni consultive ed istruttorie, le quali hanno una natura ben diversa da quelle di amministrazione "attiva". In tal modo, sostiene la ricorrente, verrebbero irrimediabilmente lese le funzioni legislative ed amministrative costituzionalmente spettanti alla Regione.

Il regolamento in questione – in particolare la lettera a dell’art. 1 – lederebbe le attribuzioni regionali anche perché, in violazione dell’art. 20, comma 8, della legge n. 59 del 1997, in relazione ai numeri 26, 42, 43 e 50 dell’allegato l alla medesima, estenderebbe lo sportello unico agli impianti relativi alle attività agricole, artigiane, turistiche o alberghiere.

Ad avviso della ricorrente, il d.P.R. n. 440 del 2000 sostanzialmente delegificherebbe l’autonomia costituzionale delle Regioni. In particolare, mentre le disposizioni del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), lette alla luce della legge di delega nel suo insieme, sarebbero da intendere nel senso che il conferimento ai Comuni si deve sostanziare non in un effettivo spostamento della titolarità delle funzioni quando esse attengono ad...

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