Sentenza nº 141 da Constitutional Court (Italy), 22 Aprile 1999

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione22 Aprile 1999
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 141

ANNO 1999

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Prof. Annibale MARINI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 4 e da 6 a 11 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 29 ottobre 1997 (Rideterminazione delle dotazioni organiche del ruolo tecnico dei beni culturali ed ambientali e disposizioni in materia di catalogazione informatizzata dei beni culturali) e degli artt. 1 e 3 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 23 dicembre 1997 (Ulteriori interventi per la catalogazione del patrimonio culturale siciliano e disposizione per la rendicontazione di spese sostenute da enti aventi finalità culturali ed artistiche), promossi con ricorsi del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana notificati l’8 novembre e il 31 dicembre 1997, depositati in Cancelleria il 15 novembre 1997 e il 9 gennaio 1998 e iscritti ai nn. 71 del registro ricorsi 1997 e 5 del registro ricorsi 1998.

Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi l’Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli Avvocati Giovanni Pitruzzella e Giovanni Lo Bue per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

1.1. — Con ricorso notificato l’8 novembre 1997 (r. ric. n. 71 del 1997), il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 29 ottobre 1997 (Rideterminazione delle dotazioni organiche del ruolo tecnico dei beni culturali ed ambientali e disposizioni in materia di catalogazione informatizzata dei beni culturali). Secondo il ricorrente la legge, nel suo complesso (con la esclusione del solo art. 5), si configurerebbe come un tentativo di superare gli obblighi derivanti dall’applicazione della normativa nazionale in materia di razionalizzazione del pubblico impiego, eludendo al contempo i principi posti dalla sentenza n. 59 del 1997 della Corte costituzionale, in quanto produrrebbe quella inversione di priorità tra interesse del personale precario all’impiego ed esigenze dell’amministrazione che é stata censurata in detta sentenza, con conseguente violazione degli artt. 3, 51, 97 e 136 della Costituzione.

In particolare, la legge viene impugnata nella parte in cui prevede "apoditticamente" la modifica e l’ampliamento, per taluni profili professionali, delle piante organiche dei ruoli tecnici dell’assessorato ai beni culturali, sovrapponendosi al procedimento di rilevazione dei carichi di lavoro avviato dall’amministrazione regionale, e in assenza, come rivelano i lavori preparatori, di qualsiasi valutazione dei dati relativi alla utilizzazione del personale degli uffici periferici dell’amministrazione dei beni culturali.

Specifiche censure investono gli artt. 4, 6 e 7, relativi al procedimento concorsuale per la copertura dei posti vacanti in organico, nonchè l’art. 8, sulle assunzioni di personale fino al quarto livello. Da tali disposizioni, unitamente alla creazione, con la tabella A, allegata alla legge, di nuove figure professionali, emergerebbe che il reale intento del legislatore é quello di assicurare comunque la prosecuzione dei rapporti di lavoro a termine stipulati, ai sensi dell’art. 111 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, con gli oltre cinquecento "catalogatori" del patrimonio culturale siciliano, in quanto sarebbero questi ultimi, nella quasi totalità, i beneficiari del provvedimento legislativo. Inoltre, l’art. 4 disporrebbe l’integrale devoluzione di compiti di natura prettamente pubblica, quali quelli relativi ai procedimenti concorsuali, a imprese private.

E’ censurato, infine, l’art. 9, che prevede la proroga dei contratti a termine del personale già addetto alla catalogazione, proroga che sarebbe motivata unicamente sulla base dei tempi concorsuali previsti, e non del riscontro e della verifica dei risultati conseguiti.

1.2. — Nel giudizio si é costituita la Regione Siciliana, chiedendo il rigetto di tutte le questioni. Obiettivo principale della legge sarebbe il raggiungimento di finalità istituzionali dell’amministrazione dei beni culturali, e non il soddisfacimento delle aspettative di una categoria di precari. La rideterminazione delle dotazioni del ruolo tecnico, infatti, non solo comporterebbe una riduzione dell’organico, ma sarebbe strumentale ai nuovi compiti che il legislatore ha affidato all’amministrazione regionale dei beni culturali. L’art. 2 della legge ridefinisce in particolare l’attività di catalogazione, qualificandola come un’attività permanente, stabile, che non si esaurisce nel momento della prima inventariazione e catalogazione dei beni.

La fattispecie disciplinata dalla legge impugnata si differenzierebbe da quella presa in considerazione dalla sentenza n. 59 del 1997: la legge regionale annullata prevedeva in quel caso la trasformazione automatica a tempo indeterminato di contratti di lavoro a termine, mentre oggi si é in presenza di un pubblico concorso, aperto anche a soggetti diversi dai catalogatori. Il fatto che la legge regionale vada anche incontro alle aspettative occupazionali delle persone che hanno già prestato la loro attività per l’amministrazione, maturando notevole esperienza nel settore, non potrebbe, di per sè, costituire un vizio della legge, trattandosi comunque di un risultato aggiuntivo e non sostitutivo rispetto all’interesse dell’amministrazione.

1.3. — In prossimità dell’udienza l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria, ribadendo che la dotazione organica del ruolo tecnico dei beni culturali e ambientali é stata rideterminata "apoditticamente" dal legislatore siciliano, che ha prescisso dal necessario, preventivo riscontro dell’effettivo utilizzo del personale già in servizio. Dalla rilevazione dei carichi di lavoro dell’intera amministrazione regionale, conclusasi recentemente, emergerebbe, tra l’altro, un esubero di personale, che investirebbe principalmente proprio i ruoli tecnici.

2.1. — Con ricorso notificato il 31 dicembre 1997 (r. ric. n. 5 del 1998) il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha impugnato gli artt. 1 e 3 della legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 23 dicembre 1997 (Ulteriori interventi per la catalogazione del patrimonio culturale siciliano e disposizione per la rendicontazione di spese sostenute da enti aventi finalità culturali ed artistiche), per violazione, rispettivamente, degli artt. 3, 51, 97 e 136, e 3 e 97 della Costituzione.

Secondo il ricorrente l’art.1 di detta legge, che proroga per diciotto mesi i contratti di lavoro stipulati con il personale già utilizzato nelle campagne di catalogazione del patrimonio culturale siciliano, violerebbe l’art. 97 della Costituzione, sotto il profilo del buon andamento, così come specificato dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 59 e 153 del 1997. Infatti, la norma, prorogando tout court tutti i contratti di lavoro in questione e demandando a una ulteriore fase amministrativa la nuova definizione dell’attività di catalogazione, opererebbe quel ribaltamento di priorità tra interesse pubblico e privato sottolineato nelle citate sentenze della Corte. Gli stessi lavori preparatori della legge testimonierebbero che la norma é nata in assenza di una ricognizione delle necessità esistenti e della valutazione dei risultati conseguiti, nonchè prima del completamento della ricognizione del personale in servizio avviata dalla Giunta regionale. La legge costituirebbe un tentativo di superare gli obblighi derivanti dall’applicazione della normativa nazionale in materia di razionalizzazione del pubblico impiego, in elusione della sentenza n. 59 del 1997, con conseguente violazione dell’art. 136 della Costituzione.

L’art. 3 della legge, a detta del Commissario, riprodurrebbe, sostanzialmente, l’art. 2 della legge regionale approvata il 29 ottobre 1997 e impugnata con il ricorso di cui al r. ric. n. 69 del 1997: tale art. 3, nella formulazione utilizzata per superare i rilievi allora avanzati dal Commissario, risulterebbe manifestamente illogico, in quanto consentirebbe ex post l’utilizzo per fini diversi di contributi già rendicontati (e quindi già impiegati) in esercizi ormai remoti (1990 e 1991). Con accorgimenti lessicali, si...

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