Sentenza nº 134 da Constitutional Court (Italy), 06 Maggio 1985

RelatoreOronzo Reale
Data di Resoluzione06 Maggio 1985
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 134

ANNO 1985

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI

Prof. GIUSEPPE BORZELLINO

Dott. FRANCESCO GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 244, comma secondo, del codice civile in relazione all'art. 235, comma primo, n. 3, stesso codice e dell'art. 263 codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 23 maggio 1980 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Condoleo Domenico e Savinelli Filomena ed altro, iscritta al n. 765 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 352 del 1980;

2) ordinanza emessa il 25 febbraio 1983 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Norrito Giacomo e Cacioppo Antonia ed altro, iscritta al n. 1044 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 del 1984;

3) due ordinanze emesse l'8 novembre 1983 e il 17 gennaio 1984 dal tribunale di Genova nei procedimenti civili vertenti tra Cabua Saverio e Cabua Manlio ed altra e tra Pirrozzi Vittorio e Franco Anna Maria ed altro, iscritte ai nn. 214 e 313 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 162 e 190 del 1984.

Visti gli atti di costituzione di Condoleo Domenico e di Norrito Giacomo nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 febbraio 1985 il Giudice relatore Oronzo Reale;

udito l'avv. Pietro Morganti per Norrito Giacomo.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza in data 23 maggio 1980 (n. 765 del 1980), il tribunale di Torino, anteriormente alla pronuncia della sentenza n. 64 del 1982 di questa Corte, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 244 c.c. per preteso contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.

    Rilevava all'uopo il tribunale che se corrisponde a verità la maggiore difficoltà del figlio di conoscere i fatti che determinano la mera apparenza del rapporto di paternità, pure, come nel caso soggetto al suo giudizio, non possono escludersi ipotesi in cui il presunto padre possa incolpevolmente ignorare quegli stessi fatti e venirne a conoscenza solo in seguito; la norma che dispone come il termine per chiedere il disconoscimento decorre per il padre dalla nascita del figlio ovvero, in determinati casi, dalla conoscenza di tale nascita mentre per il figlio decorre dal compimento della maggiore età o dal momento in cui questi viene a conoscenza dei fatti che renderebbero ammissibile il disconoscimento, sarebbe pertanto lesiva dell'art. 3 della Costituzione in quanto creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra presunto padre e figlio e colliderebbe anche con l'art. 24 della Costituzione, atteso che verrebbe ingiustificatamente limitato il diritto di difesa.

    Il fatto che con la sentenza n. 249 del 1974 la Corte avesse pronunciato negativamente sulla medesima questione non sarebbe di ostacolo alla riproposizione della stessa, atteso che nel frattempo é entrata in vigore la nuova disciplina del diritto di famiglia che ha dato largo spazio al favor veritatis che in numerosi casi ha costituito il motivo ispiratore di più disposizioni, soppiantando il criterio ispiratore del favor legitimitatis, presente nella normativa previgente.

    Si costituiva la parte Domenico Condoleo che, nel chiedere l'accoglimento della questione, si rifaceva, con memoria presentata nell'imminenza della trattazione, ad altra ordinanza dello stesso tribunale, facendone proprie le ragioni ivi contenute.

  2. - Lo stesso tribunale infatti, con altra ordinanza emessa in data 25 febbraio 1983 (n. 1044 del reg. ord. 1983) e pertanto successiva alla pronuncia della Corte n. 64 del 1982, sollevava più questioni di costituzionalità relativamente al novellato art. 244 c.c. nella parte in cui detta norma assegna al padre, per chiedere il disconoscimento, il termine di un anno dal giorno della nascita o della conoscenza di essa, ed al figlio lo stesso termine, decorrente però dalla conoscenza dei fatti che il disconoscimento medesimo rendono ammissibile.

  3. - Il Collegio a quo, prendendo le mosse dalla surrichiamata sentenza della Corte, aveva sottoposto a critica gli argomenti addotti a sostegno della pronuncia di infondatezza.

    Secondo il tribunale di Torino, sarebbe quanto meno opinabile che i bisogni di assistenza familiare del figlio minore possano trovare adeguata soddisfazione nell'ambito di una famiglia in cui la sua posizione é da considerarsi irrimediabilmente falsa e certamente anomala.

  4. - Partendo da questi presupposti logici, normativi e giurisprudenziali, il Collegio a quo proponeva nuove questioni e diversi profili di incostituzionalità della norma impugnata.

    Osservava il tribunale che l'art. 244, comma secondo del codice civile (in relazione all'art. 235, comma primo, n. 3, stesso codice), laddove impedisce al marito, in forme irragionevoli, di far valere in giudizio l'adulterio della moglie, anche successivamente al decorso dell'anno dalla nascita del figlio legittimo e, conseguentemente, di proporre l'azione entro un anno dal momento in cui viene a conoscenza del fatto adulterio, onde disconoscere la propria paternità del figlio medesimo, violerebbe il disposto degli artt. 24, comma primo, e 3, comma primo, della Costituzione.

    A sostegno di tale asserzione, il Collegio rileva che l'aver riconosciuto (art. 235 c.c.) all'adulterio della moglie la dignità di fatto atto a fondare la richiesta di disconoscimento senza nel contempo prevedere che lo stesso fatto possa essere giudizialmente addotto come causa di disconoscimento, se non nel termine di un anno (art. 244 c.c.) dalla nascita (o dalla conoscenza di essa) lederebbe ad un tempo e l'art. 24, comma primo, della Costituzione, in quanto sarebbe denegata la possibilità di agire giudizialmente a tutela del diritto al disconoscimento, e l'art. 3, comma primo, della Costituzione, in ragione di una irrazionalità intrinseca della normativa.

    Sotto quest'ultimo profilo il Collegio osserva che se l'adulterio é, dallo stesso art. 244 c.c., considerato fatto di difficile conoscibilità per il figlio (donde la previsione normativa di decadenza solo dopo un anno dalla conoscenza di esso), non é ragionevole considerarlo di facile agnizione neppure per il padre; e che, se la prova della conoscenza di esso é difficile da darsi, del pari é difficile se riferita alla nascita; eppure quest'ultima é consentita dallo stesso art. 244 c.c..

    Discende direttamente dalla nuova formulazione dell'art. 235 c.c., d'altro canto, che l'evoluzione giurisprudenziale concernente le prove ematologiche e genetiche della paternità in tanto ha un senso in quanto queste possono servire concretamente all'accertamento della verità biologica; tale dato risulterebbe vanificato dalla prefissione di un termine di decadenza legato ad un fatto di per sé neutro, quale la nascita, insensibile ai successivi apprendimenti di realtà effettuali da parte di uno dei titolari dell'azione di disconoscimento.

  5. - Altra censura, sempre concernente l'art. 244, comma secondo, c.c., (in relazione all'art. 235, comma primo, n. 3, stesso codice), é prospettata relativamente alla pretesa violazione degli artt. 2 e 3, comma primo, della Costituzione, in relazione agli artt. 24, primo comma, 29, comma primo e 30, commi primo, terzo e quarto, della Costituzione; la detta norma, laddove impedirebbe, in forme irragionevoli, al marito di far valere in giudizio l'adulterio della...

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