Sentenza nº 109 da Constitutional Court (Italy), 28 Aprile 1983

Data di Resoluzione28 Aprile 1983
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N 109

ANNO 1983

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 82, comma primo, e 91 commi secondo e tredicesimo n. 2 del d.P.R. 15 settembre 1959, n. 393 e successive modificazioni (codice della strada) promossi con le ordinanze emesse il 26 febbraio 1976 dal Pretore di Prato, il 3 dicembre 1975 dal Pretore di Misilmeri, il 7 dicembre 1978 dal Pretore di Cerignola e il 9 gennaio 1980 dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Frosinone, rispettivamente iscritte ai nn. 279 e 358 del registro ordinanze 1976, al n. 330 del registro ordinanze 1979 e al n. 100 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 139 e 158 del 1976, n. 175 del 1979 e n. 118 del 1980.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1982 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'avvocato dello Stato Luigi Siconolfi, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza emessa il 26 febbraio 1976 (r.o. 279/76) nel corso di un procedimento penale a carico di Ciabatti Alessandro - imputato del reato di cui all'art. 80, comma tredicesimo C.d.S. per aver condotto un autocarro nonostante la sospensione della patente, disposta nei suoi confronti in quanto diffidato (art. 1 l. 27 dicembre 1956, n. 1423) - il Pretore di Prato sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 91, secondo comma, del codice della strada (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393), assumendone il contrasto con gli artt. 4 e 3, primo e secondo comma, Cost..

    Il conferimento al Prefetto del potere "del tutto discrezionale" di privare i diffidati - "a carico dei quali grava, al più un semplice sospetto, e dunque un'ammonizione a ben comportarsi e a darsi un lavoro" - del possibile strumento per esercitare un'attività onesta sarebbe in contrasto con l'art. 4 Cost. in quanto, precludendo tutta una serie di attività che comportano la guida di veicoli, vanificherebbe, ad avviso del giudice a quo, il diritto al lavoro garantito dall'art. 4 Cost..

    D'altra parte, non essendo la discrezionalità del Prefetto circoscritta con la fissazione di parametri oggettivi - donde possibili ingiustizie e distorsioni, non sanabili a posteriori con la ricorribilità del provvedimento in quanto aventi radice nella stessa attribuzione del potere - sarebbe altresì violato l'art. 3, primo comma, Cost. La norma renderebbe invero possibile un trattamento diseguale tra i diffidati, e soprattutto tra questi e i non diffidati, "non giustificato dal sommario giudizio di cattiva condotta formulato dal questore in sede di diffida, né da esigenze di difesa sociale, per la mancanza di pericolosità insita nella titolarità della patente in sé considerata".

    Inoltre, poiché le situazioni di cui all'art. 1 l. 1423/1956 trarrebbero origine, almeno in molti casi, da condizioni di emarginazione sociale ed economica, la preclusione, nei confronti dei diffidati, dell'opportunità di svolgere un'attività lavorativa onesta si tradurrebbe in un ostacolo limitativo di fatto della libertà ed eguaglianza dei cittadini, con conseguente violazione dell'art. 3, secondo comma, Cost..

    In punto di rilevanza, il giudice a quo osservava che la dichiarazione d'illegittimità dell'art. 91, secondo comma, C.d.S. sarebbe valsa "a porre nel nulla il provvedimento del Prefetto, e quindi a fare ritenere la conservazione, da parte del Ciabatti, della titolarità della patente, al peggio ponendolo nella condizione di chi abbia guidato senza portare con sé la patente (violazione amministrativa prevista dall'art. 90 C.d.S.)".

  2. - La medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 91, secondo comma, C.d.S. veniva altresì sollevata - sempre in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 4 Cost. - dal Pretore di Cerignola con ordinanza del 7 dicembre 1978 (r.o. 330/79) emessa nel procedimento penale a carico di Raffaele Francesco, di professione autotrasportatore.

    Nell'ordinanza, il Pretore svolgeva argomentazioni analoghe a quelle sopra richiamate, insistendo, in particolare, da un lato sul fatto che la guida di autoveicoli "é spessissimo vera e propria necessità, tanto da costituire ormai un vero e proprio diritto alla guida", e dall'altro sulla mancanza di determinazione dei presupposti, caratteri e limiti del provvedimento di sospensione della patente, che sarebbe sostanzialmente "una pena accessoria, applicata, senza la commissione di un reato, da una autorità non giurisdizionale, e pertanto al di fuori di una sicura garanzia".

  3. - Nel giudizio così instaurato interveniva l'Avvocatura dello Stato, la quale rilevava che con la misura in questione veniva privilegiato l'interesse della collettività alla sicurezza nei confronti dei diffidati rispetto alla conservazione da parte di costoro dell'abilitazione alla guida e che non poteva perciò ritenersi leso il diritto al lavoro, trovando questo dei limiti nell'esigenza di tutela di altri interessi di rilievo costituzionale.

    Nel momento della sua emanazione - osservava ancora l'Avvocatura - il provvedimento di sospensione della patente postula la rispondenza a specifiche esigenze di tutela dell'ordine pubblico, la cui mancanza consente il ricorso in via amministrativa e in via giudiziaria con le conseguenti connesse garanzie. Né potrebbe ritenersi che il potere discrezionale trasmodi in arbitrio, essendo il Prefetto tenuto a mantenere il...

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