Sentenza nº 102 da Constitutional Court (Italy), 08 Luglio 1967
Data di Resoluzione | 08 Luglio 1967 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 102
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZì
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Dott. LUIGI OGGIONI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 316 e 320 del Codice civile, promosse con ordinanza emessa il 7 gennaio 1966 dal pretore di Imola su ricorso di Carla Folli in Perrella, iscritta al n. 40 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 105 del 30 aprile 1966.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 10 maggio 1967 la relazione del Giudice Costantino Mortati;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
La signora Carla Folli in Perrella ha chiesto, con ricorso 4 dicembre 1965, al pretore di Imola, nella sua qualità di giudice tutelare, di volere autorizzare l'acquisto da parte del figlio minore Annibale di un'autovettura, utilizzando all'uopo la somma di cui quest'ultimo disponeva. E poiché a tale acquisto si opponeva, nella considerazione di non volersene assumere la responsabilità giuridica e morale, il marito della ricorrente e padre del minore, costei proponeva preliminarmente questione di legittimità costituzionale degli artt. 316 e 320 del Codice civile per violazione delle norme della Costituzione sulla parità dei coniugi.
Il pretore, accertata la rilevanza della questione, l'ha ritenuta non manifestamente infondata, nella considerazione che la discriminazione fra i due coniugi in rapporto all'esercizio della patria potestà sui figli minori, quale risulta dagli articoli denunciati e dall'insieme delle altre disposizioni del Codice civile in materia, non é ispirata alla salvaguardia del principio dell'unità familiare, richiamato dall'art. 29 della Costituzione, ma invece alla pura semplice considerazione della diversità del sesso, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Che ciò sia vero emerge, secondo il pretore, dal rilievo che l'esercizio dei poteri consentiti alla madre può riuscire limitato anche quando l'unità sia venuta meno. Il che appare tanto più abnorme quando si tenga presente che le deroghe all'esigenza della parità fra coniugi, affermata dal citato art. 29 della Costituzione, devono rivestire carattere eccezionale (come la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto), carattere che non sarebbe rispettato ove la supremazia del marito si facesse valere anche in confronto a rapporti normali e continui, quali sono quelli attinenti all'esercizio della patria potestà. Osserva inoltre il pretore che l'unità alla quale ha avuto riguardo l'art. 29 non é l'unità del governo che si accentri in un solo soggetto, ma l'unitarietà di fatto dell'organismo familiare, che non presuppone un capo (secondo sembra sia stato riconosciuto dalla sentenza n. 9 del 1964 della Corte, che ha considerato la famiglia nel suo insieme, quale titolare di rapporti giuridici esercitabili sia dall'uno che dall'altro coniuge).
Si aggiunge nell'ordinanza che il sacrifizio del principio di parità non potrebbe ritenersi giustificato dall'esigenza di prevenire e risolvere i conflitti di volontà nel governo della famiglia poiché tali conflitti sono rivelatori di una situazione eccezionale e patologica, e quindi il criterio regolatore dei normali rapporti fra i coniugi non può trarsi dalla detta abnorme eventualità. é invece piuttosto da ritenere che i rapporti in parola riuscirebbero pregiudicati proprio dal fatto che la moglie debba passivamente subire la volontà del marito, senza potere...
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