Sentenza nº 67 da Constitutional Court (Italy), 22 Aprile 2024

Data di Resoluzione22 Aprile 2024
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 67 del 2024

SENTENZA N. 67

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39 (Norme in materia di edilizia residenziale pubblica), promosso dal Tribunale ordinario di Padova, sezione seconda civile, nel procedimento vertente tra Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) aps e altri, Regione Veneto e Comune di Venezia, con ordinanza del 22 maggio 2023, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti gli atti di costituzione della Regione Veneto, di ASGI, di Razzismo Stop onlus, di G.A. G.F., di R.S. N. e di J. E.;

udita nell’udienza pubblica del 6 marzo 2024 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

uditi gli avvocati Alberto Guariso per ASGI, per R.S. N. e per J. E.; Marco Ferrero per Razzismo Stop onlus e per G.A. G.F.; Giacomo Quarneti e Marcello Cecchetti per la Regione Veneto;

deliberato nella camera di consiglio del 7 marzo 2024.

Ritenuto in fatto

  1. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 113 del 2023), il Tribunale ordinario di Padova, sezione seconda civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39 (Norme in materia di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui prevede, tra i requisiti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica (di seguito: ERP), quello della «residenza anagrafica nel Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi dieci anni».

  2. – In punto di fatto, il rimettente riferisce di essere stato adito con ricorso promosso ai sensi degli artt. 702-bis del codice di procedura civile e 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69).

    2.1.– Secondo quanto riporta il giudice a quo, i ricorrenti – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) aps, Razzismo Stop Onlus, SUNIA-Federazione di Padova, G.A. G.F., R.S. N. e J. E. – hanno chiesto di «accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta» dalla Regione del Veneto e dal Comune di Venezia nell’aver approvato ed emanato l’art. 4, comma 1, del regolamento regionale 10 agosto 2018, n. 4 (Regolamento Regionale in materia di edilizia residenziale pubblica. Articolo 49, comma 2, legge regionale 3 novembre 2017, n. 39), nonché il «bando di concorso per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica anno 2022 sotto ambiti: Venezia centro storico e isole; terra ferma veneziana».

    I ricorrenti hanno segnalato che entrambi i citati atti, nel richiedere, ai fini dell’accesso all’ERP, il requisito della residenza anagrafica nel Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi dieci anni, riproducevano il contenuto precettivo dell’art. 25, comma 1, lettera a), della legge reg. Veneto n. 39 del 2017. Pertanto, hanno prospettato possibili questioni di legittimità costituzionale di tale previsione, per violazione degli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’art. 12 della direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, nonché all’art. 11 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.

    Da ultimo, hanno chiesto che fosse rimossa l’asserita discriminazione e che venissero riaperti i termini per la partecipazione al bando impugnato.

    Nel giudizio principale si sono costituite la Regione Veneto e il Comune di Venezia, facendo valere l’inammissibilità del ricorso e adducendo, comunque, ragioni a sostegno del rigetto.

    2.2.– Il Tribunale di Padova riferisce di avere respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione, ritenendo che il giudizio spettasse al giudice ordinario sulla base di quanto sostenuto, con costante orientamento, dalla giurisprudenza di legittimità (vengono richiamate, ex plurimis, Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 15 febbraio 2021, n. 3842, e sezioni unite civili, ordinanza 15 febbraio 2011, n. 3670).

    Parimenti, il rimettente dà conto di aver respinto l’eccezione di difetto di interesse ad agire con riguardo sia alle persone fisiche sia agli enti ricorrenti.

    Quanto ai primi, rileva che trattandosi di azione antidiscriminatoria, l’interesse ad agire sussiste indipendentemente dalla presentazione della domanda di partecipazione al bando, considerato che «è la stessa previsione di un requisito “escludente” […] a tradursi nella lesione del diritto dei ricorrenti alla parità di trattamento in relazione all’accesso alle abitazioni di edilizia residenziale pubblica». Osserva, inoltre, che i ricorrenti non avrebbero potuto inviare le domande secondo la modalità prevista dal bando, perché avrebbero dovuto falsamente dichiarare di essere in possesso dei requisiti censurati; pertanto, reputa legittimo il ricorso a modalità equipollenti, quale l’invio «di una pec o di una raccomandata a.r. (come verificatosi nel caso di specie)».

    Con riferimento agli enti ricorrenti, il giudice a quo osserva che essi agiscono per tutelare «l’interesse di tutti i soggetti, non immediatamente e direttamente identificabili, a non subire discriminazioni nell’accesso a beni e servizi, incluso l’alloggio, in ragione della nazionalità».

  3. – Così riferite le premesse in fatto, il Tribunale di Padova, preso atto che il tenore testuale della disposizione censurata non ammette margini ermeneutici idonei a renderlo conforme alla Costituzione, se non accedendo a «interpretazioni “creative” di dubbia ammissibilità», argomenta la rilevanza e la non manifesta infondatezza dei dubbi che solleva in riferimento all’art. 3 Cost.

  4. – In punto di rilevanza, il giudice a quo afferma che «la decisione delle domande proposte dai ricorrenti» richiede necessariamente l’applicazione nel giudizio principale della norma censurata, avendo questa «“orientato” la condotta tanto della Regione quanto del Comune».

    Il Tribunale di Padova – dopo aver preso atto «che i ricorrenti lamentano l’esistenza di una discriminazione indiretta, individuale e collettiva, derivante dalla applicazione da parte del Comune di Venezia e della Regione del Veneto, dell’art. 25 comma 2, lett. a) della L.R. Veneto 3.11.2017 n. 39» – ritiene che la citata previsione costituirebbe «l’indefettibile presupposto normativo del Regolamento e del Bando per mezzo dei quali, nella prospettiva dei ricorrenti, [sarebbe] stata attuata la discriminazione nell’accesso ai servizi di edilizia residenziale pubblica».

    I ricorrenti persone fisiche – prosegue il rimettente – sono impossibilitati a partecipare al bando ERP emanato dal Comune di Venezia per l’anno 2022 «esclusivamente in ragione della mancanza del requisito delle pregressa residenza quinquennale in Veneto», essendo pacifico, «perché non contestato specificamente dai convenuti ai sensi dell’art. 115 comma 1 c.p.c., il possesso in capo ai ricorrenti di tutti gli altri requisiti richiesti dal bando, ossia i requisiti di cittadinanza o di soggiorno e quelli di reddito». Nello specifico, il rimettente riferisce che G.A. G.F., «cittadino venezuelano, risulta titolare dello status di rifugiato e di permesso di soggiorno; [R.S. N.], cittadina camerunense, risulta titolare di un permesso per protezione internazionale; [J. E.] risulta titolare di un permesso per motivi di lavoro subordinato» e che tutti i ricorrenti rientrano nei requisiti reddituali previsti dal bando.

  5. – Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente richiama le argomentazioni di cui alla sentenza n. 44 del 2020 di questa Corte, con la quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 22, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lombardia 8 luglio 2016, n. 16 (Disciplina regionale dei servizi abitativi), nella parte in cui prevedeva il requisito della residenza ultraquinquennale per l’accesso ai servizi abitativi pubblici. Il rimettente ritiene che tale pronuncia abbia costituito il punto di approdo di una più ampia giurisprudenza costituzionale sui...

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