Sentenza nº 63 da Constitutional Court (Italy), 19 Aprile 2024

RelatoreMarco D’Alberti
Data di Resoluzione19 Aprile 2024
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 63 del 2024

SENTENZA N. 63

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 332 e 774, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), promosso dalla Regione Liguria con ricorso notificato il 27 febbraio 2023, depositato in cancelleria il 7 marzo 2023, iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2024 il Giudice relatore Marco D’Alberti;

uditi l’avvocato Pietro Piciocchi per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Carmela Pluchino per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024.

Ritenuto in fatto

  1. – La Regione Liguria, con ricorso notificato il 27 febbraio 2023, depositato il 7 marzo 2023 e iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2023, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 332 e 774, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), in riferimento agli artt. 5, 114, 119, primo, terzo e quarto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.

    1.1.– Le questioni sono state promosse su proposta del Consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria, ai sensi dell’art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in quanto le suddette disposizioni lederebbero l’autonomia finanziaria dei comuni della Liguria, nonché il principio di leale collaborazione.

  2. – La prima disposizione impugnata (art. l, comma 332, della legge n. 197 del 2022), nell’estendere anche ai dipendenti degli enti locali l’emolumento accessorio una tantum previsto per il personale statale dall’art. 1, comma 330, della medesima legge (da corrispondersi per tredici mensilità e determinato nella misura dell’1,5 per cento dello stipendio), ha stabilito che i relativi oneri «sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell’art. 48, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». Secondo tale disposizione, infatti, in relazione agli enti locali «gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono determinati a carico dei rispettivi bilanci nel rispetto dell’articolo 40, comma 3-quinquies».

    La ricorrente – pur non contestando «il riconoscimento del trattamento una tantum al personale dipendente del comparto, che appare chiaramente orientato alla comprensibile finalità di mitigare le conseguenze negative dell’inflazione sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti» – censura la disposizione statale nella parte in cui ha attribuito il relativo onere (che ammonterebbe «per l’intero settore delle autonomie locali ad euro 150 milioni») a carico del bilancio dei comuni, anziché a carico del bilancio dello Stato, ovvero nella parte in cui non ha disposto alcuna forma di ristoro, né ha previsto alcuna forma di consultazione con le associazioni rappresentative degli enti locali.

    2.1.– In primo luogo, viene lamentata la violazione degli artt. 5, 114 e 119, primo comma, Cost., perché la disposizione impugnata – imponendo ai comuni un onere finanziario – verrebbe a limitarne la capacità di spesa, con conseguente violazione dell’autonomia politica e delle competenze finanziarie di tali enti. La disposizione, infatti, impatterebbe «sulla possibilità di questi ultimi di perseguire, con mezzi idonei anche in termini di adeguato numero di risorse umane, il proprio indirizzo politico amministrativo».

    D’altra parte, poiché la disciplina sulla contrattazione collettiva del comparto degli enti locali è riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», spetterebbe allo Stato «provvedere alle risorse finanziarie necessarie per farvi fronte» in via diretta o comunque assicurando alle amministrazioni territoriali «forme di adeguato ristoro».

    2.2.– In secondo luogo, viene lamentata la lesione dell’art. 119, quarto comma, Cost., poiché la disposizione impugnata, aggravando ulteriormente la spesa corrente degli enti locali per il costo del personale «e senza alcuna previa valutazione d’impatto», impedirebbe agli stessi il regolare esercizio delle funzioni attribuite dall’ordinamento.

    Ad avviso della ricorrente, infatti, è «del tutto intuitivo» l’effetto che la disposizione produrrà «in termini di riduzione di servizi ovvero di turn over del personale». D’altra parte, poiché il pagamento dell’emolumento accessorio una tantum concorrerà alla determinazione del raggiungimento delle soglie di spesa del personale, verranno ad essere inevitabilmente ridimensionate le capacità assunzionali degli enti locali, con conseguente compromissione dei risultati dell’azione amministrativa.

    2.3.– In terzo luogo, la ricorrente denuncia la violazione del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120, secondo comma, Cost., poiché la disposizione statale, pur imponendo un onere finanziario in capo agli enti locali, non ha previsto alcuna intesa, né altra forma di consultazione con gli enti rappresentativi delle autonomie locali.

    Secondo la Regione, infatti, la disposizione impugnata avrebbe richiamato l’art. 48, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), al solo fine di imputare l’onere finanziario della spesa al bilancio degli enti locali, e non già al fine di rinviare anche alla disciplina che – al successivo periodo del medesimo comma – prevede la consultazione del Governo con le «rappresentanze istituzionali del sistema delle autonomie» per la definizione delle risorse da destinare agli incrementi retributivi derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali dei dipendenti delle amministrazioni locali.

    In ragione di ciò, risulterebbe violato il principio di leale collaborazione, il quale, in un sistema di decentramento politico e amministrativo fondato sul modello della coesione e della solidarietà, dovrebbe ispirare anche le relazioni tra lo Stato e gli enti locali.

  3. – La seconda disposizione impugnata (art. l, comma 774, della legge n. 197 del 2022) interviene sulla disciplina del fondo di solidarietà comunale (FSC), previsto dall’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», incrementandone la dotazione finanziaria per l’anno 2023 di 50 milioni di euro rispetto a quanto già previsto dall’art. 1, commi 448 e 449, lettera d-quater), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019).

    3.1.– La ricorrente premette che lo Stato, con la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), ha disposto la graduale restituzione della quota “verticale” del fondo di solidarietà comunale, che era stata sottratta – a titolo di concorso degli enti locali al risanamento delle finanze pubbliche – dall’art. 47, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89.

    Tale progressiva restituzione – pari a 100 milioni di euro nel 2020, 200 milioni di euro nel 2021, 300 milioni di euro nel 2022, 330 milioni di euro nel 2023 e 560 milioni di euro a decorrere dal 2024 – era destinata «a specifiche esigenze di correzione nel riparto del Fondo di solidarietà comunale, da individuare con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri [...]» (art. 1, comma 449, lettera d-quater, della legge n. 232 del 2016, inserito dall’art. 1, comma 849, della legge n. 160 del 2019).

    Come ricorda la difesa regionale, l’intervento legislativo mirava anche a sterilizzare gli effetti negativi della progressione della perequazione fondata sulla differenza fra capacità fiscali e fabbisogni standard che era stata disposta, ai fini del riparto delle quote del FSC, dall’art. 57, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157.

    3.2.– La ricorrente sottolinea che le somme sin qui stanziate dallo Stato hanno in effetti «consentito fino ad oggi di rendere praticamente nulli gli effetti negativi della perequazione», assicurando l’attribuzione di maggiori risorse ai comuni con minore capacità fiscale, senza che fossero gli altri comuni a sopportarne il peso.

    Tuttavia, ad avviso della Regione, con il progressivo avanzare della percentuale di perequazione per il riparto delle quote del FSC, l’effetto di neutralizzazione in favore dei comuni non potrebbe «più essere perseguito se non attraverso una nuova iniezione di risorse da parte dello Stato, non essendo a tale scopo più sufficienti gli importi originariamente previsti». In particolare, sulla base delle stime della Fondazione IFEL, la ricorrente sostiene che, al fine di evitare ripercussioni negative sui comuni per l’anno 2023, occorrerebbero – oltre...

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