Ordinanza nº 29 da Constitutional Court (Italy), 27 Febbraio 2024

Data di Resoluzione27 Febbraio 2024
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Ordinanza n. 29 del 2024

ORDINANZA N. 29

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)», promosso dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e V. M., con ordinanza dell’8 marzo 2023, iscritta al n. 82 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti gli atti di costituzione dell’INPS e di V. M.;

udita nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2024 la Giudice relatrice Maria Rosaria San Giorgio;

uditi gli avvocati Patrizia Ciacci per l’INPS e Alberto Guariso per V. M.;

deliberato nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024.

Considerato in diritto

  1. – Questa Corte deve pronunciarsi sulla compatibilità dell’art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 con gli artt. 3, 11, 38, primo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 34 CDFUE e all’art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva (UE) 2011/98, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro.

    Le questioni sono state sollevate dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, investita del ricorso promosso dall’INPS per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado, era stata accolta la domanda di riconoscimento di assegno sociale avanzata da V. M., cittadina albanese titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari, ma priva di permesso di soggiorno di lungo periodo.

    1.1.– A sostegno delle censure di illegittimità costituzionale, il giudice a quo ha evocato disposizioni sia costituzionali, sia di diritto dell’Unione, ritenendo, in primo luogo, che la previsione in scrutinio confligga con il principio di parità trattamento nella sicurezza sociale sancito dall’art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE, il quale «dà espressione concreta al diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale di cui all’articolo 34, paragrafi 1 e 2, della Carta» (Corte di giustizia UE, in causa C-350/20, O.D. e altri).

    In linea con quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza ora richiamata, il Collegio rimettente sottolinea che, a norma dell’art. 3 della citata direttiva, detto principio opera in favore sia dei cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, sia dei cittadini extra UE che, come la parte privata controricorrente nel giudizio principale, sono titolari di un permesso di soggiorno per finalità diverse dall’attività lavorativa, ma che consente di lavorare.

    A giudizio del rimettente, la norma oggetto di censura lederebbe, al contempo, l’art. 3 Cost., in quanto il principio di parità di trattamento nella sicurezza sociale, come delineato dalle citate fonti di diritto primario e derivato dell’Unione e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, interseca il principio costituzionale di eguaglianza e «ne avvalora e illumina il contenuto assiologico, allo scopo di promuovere una più ampia ed efficace integrazione dei cittadini dei Paesi terzi» (è citata la sentenza di questa Corte n. 54 del 2022).

    La Corte di cassazione ritiene, infine, che la norma in scrutinio contrasti con l’art. 38, primo comma, Cost., attesa la «stretta correlazione esistente tra di esso e l’art. 34 CDFUE», il quale, come affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 24 aprile 2012, in causa C-571/10, Kamberaj), nel riconoscere il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa, mira a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti.

  2. – Tanto premesso, deve, anzitutto, ribadirsi che, nel caso in cui il giudice comune sollevi una questione di legittimità costituzionale che coinvolga anche le norme della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, questa Corte non può esimersi dal fornire una risposta con gli strumenti che le sono propri e che l’effetto diretto delle norme di diritto primario e derivato evocate dal giudice a quo (sentenza n. 67 del 2022, nonché Corte di giustizia UE, in causa C-350/20, O.D. e altri) non rende le odierne questioni inammissibili, in quanto esse prospettano il contrasto tra una disposizione di legge nazionale e diritti della Carta che «intersecano in larga misura i principi e i diritti garantiti dalla stessa Costituzione italiana» (sentenza n. 149 del 2022).

  3. – I dubbi di legittimità costituzionale sollevati involgono primariamente la questione interpretativa della riconducibilità, o meno, dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 tra le prestazioni di sicurezza sociale rispetto alle quali i cittadini di Paesi terzi muniti di permesso di soggiorno per finalità lavorative o che, comunque, consenta di lavorare, beneficiano della parità di trattamento ex art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE.

    Tale quesito esige preliminarmente una risposta nella prospettiva del diritto europeo e, poiché non è ancora stato oggetto di specifiche pronunce della Corte di giustizia, cui spetta la funzione di interpretare il diritto dell’Unione in modo tale da assicurarne l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri, si ritiene necessario interpellare, mediante il rinvio pregiudiziale, la Corte medesima affinché chiarisca, rispetto all’istituto di diritto interno che viene in rilievo nel caso di specie, la portata e gli effetti delle norme dell’Unione assunte a parametro interposto nell’odierno incidente di costituzionalità.

  4. – In un quadro di costruttiva e leale cooperazione tra i diversi sistemi di garanzia (sentenza n. 269 del 2017; ordinanze n. 216 e n. 217 del 2021, n. 182 del 2020 e n. 117 del 2019), questa Corte reputa opportuno illustrare, anzitutto, i tratti salienti della disciplina nazionale applicabile.

  5. – L’assegno sociale di cui si tratta è una prestazione in denaro che l’INPS eroga, su domanda, ai soggetti di età superiore a sessantacinque anni (dal 1° gennaio 2019, superiore a sessantasette anni) che versano in disagiate condizioni economiche, in quanto sono sprovvisti di reddito o lo percepiscono in misura inferiore alla soglia stabilita annualmente dalla legge nell’ammontare massimo dello stesso assegno in oggetto.

    Tale provvidenza viene riconosciuta indipendentemente dalla circostanza che il beneficiario sia stato un lavoratore, ed ha natura «meramente assistenziale» (sentenza n. 137 del 2021).

    L’assegno sociale mira, infatti, esclusivamente a far fronte allo stato di bisogno, derivante dall’indigenza, nel quale versano i soggetti sprovvisti di risorse economiche adeguate e che, a causa della vecchiaia, vedono scemare le proprie energie lavorative.

    Esso si distingue, dunque, sia dalle prestazioni assistenziali che – come l’indennità di accompagnamento – sono preordinate a soccorrere il bisogno determinato dalla grave invalidità o dalla non autosufficienza dell’avente diritto (sentenze n. 137 del 2021, n. 12 del 2019 e n. 400 del 1999), sia dalle misure di sostegno che – come l’abrogato reddito di cittadinanza e il reddito di inclusione – sono motivate da ulteriori finalità, come il reinserimento lavorativo e l’inclusione sociale (sentenze n. 34 e n. 19 del 2022, n. 137 e n. 126 del 2021).

    5.1.– Diverso dall’istituto in scrutinio è l’assegno sociale che opera come prestazione sostitutiva delle provvidenze per inabilità già in godimento. In quest’ultima ipotesi, che non riguarda la fattispecie in esame, una volta che l’invalido o inabile già titolare di prestazione di invalidità civile abbia raggiunto il limite di età suddetto, la pensione di inabilità e l’assegno di invalidità vengono automaticamente sostituiti dall’assegno sociale, sul quale si proietta la funzione previdenziale di protezione nel caso dell’evento avverso della disabilità.

    5.2.– A norma dell’art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995, il richiedente la prestazione in esame deve avere la cittadinanza italiana e la residenza in Italia. Ai cittadini italiani residenti in Italia sono equiparati quelli di uno Stato dell’Unione europea e, secondo quanto disposto dall’art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, oggetto di censura, i cittadini di Paesi terzi titolari della carta di soggiorno, titolo, questo, sostituito dal...

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