Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine181-208

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. Un, 8 gennaio 2010, n. 22 (c.c. 29 ottobre 2009). Pres. Gemelli – Est. Iacopino – P.G. (Conf.) – Ric. Galdieri

Sentenza penale - Requisiti - Sottoscrizione - Mancata sottoscrizione del presidente - Impedimento dovuto a trasferimento presso altra sede - Valutazione - Incensurabilità in Cassazione

Non è censurabile in sede di legittimità la valutazione circa la sussistenza dell’impedimento del presidente del tribunale di prevenzione (nella specie causato dal suo trasferimento in altra sede), che deve comunque essere effettivo, serio, grave e duraturo, in forza del quale il componente anziano deve sottoscrivere il provvedimento anche per il presidente impedito. (Mass. Redaz.) (C.p.p., art. 546) (1)

    (1) Le SS.UU. confermano quanto già espresso in precedenza da Cass. pen., sez. I, 28 febbraio 2007, Risaliti, in questa Rivista 2007, 802, che ha ritenuto legittimo l’impedimento del presidente del collegio dovuto a trasferimento ad altra sede giudiziaria per sei mesi, apparendo inaccettabile un ritardo nel deposito della decisione di oltre sei mesi. La Corte ha altresì precisato, in altri arresti giurisprudenziali, che le ferie non possono costituire legittimo impedimento ai sensi dell’art. 546 comma 2 c.p.p.. In tal senso si vedano Cass. pen., sez. V, 1 settembre 2004, Prestifilippo, ivi 2005, 619 e Cass. pen., sez. I, 14 febbraio 1997, Trigila, ivi 1997, 495.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 20 settembre 2005 il Tribunale di Avellino ha respinto la proposta del Procuratore della Repubblica del medesimo Tribunale di applicazione nei confronti di Galdieri Pasquale della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di anni tre, con contestuale ritiro della patente di guida, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575.

La proposta non accolta era stata formulata sul presupposto della sussistenza di indizi dell’appartenenza del Galdieri ad una associazione di stampo camorristico operante nel territorio della provincia di Avellino e denominata clan Genovese.

Avverso il provvedimento di rigetto ha presentato appello il Procuratore della Repubblica; e la Corte di appello di Napoli con decreto n. 62/08 depositato il 31 marzo 2008, in riforma di quello impugnato, ha disposto l’applicazione nei confronti del Galdieri della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di anni tre e con imposizione di una cauzione di € 5.000,00.

La Corte di appello ha osservato che l’esistenza del detto clan camorristico costituiva dato pacifico in quanto accertato con sentenza 2 agosto 2002 con la quale il Gip del Tribunale di Napoli, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato per il reato di partecipazione alla stessa organizzazione criminosa tra gli altri tali Moscatiello Gianluca, Spiniello Raffaele e Masucci Antonio, peraltro assolvendo per non avere commesso il fatto dalla medesima imputazione il Galdieri sul presupposto che gli elementi di accusa, costituiti dalle risultanze di alcune intercettazioni ambientali e dalle dichiarazioni del coimputato Viesto Luigi, non erano state ritenute idonee a giustificarne la condanna. Infatti, non era possibile attribuire tutte le telefonate al Galdieri e nella menzionata sentenza del 2 agosto 2002 erano state dal Gip valutate di dubbia attendibilità, in quanto generiche e prive di riscontro, le dichiarazioni del Viesto il quale, iniziando dopo l’arresto a collaborare, aveva indicato nel Galdieri un componente del clan Genovese con il ruolo di picchiatore, come personalmente constatato in occasione da uno specifico episodio, riferito nel suo svolgimento e nel suo sviluppo, nel corso del quale vi era stata da parte del medesimo l’aggressione fisica di esso Viesto e del Moscatiello, oltre che il ferimento di quest’ultimo ad opera di Genovese Amedeo. Tali dichiarazioni del Viesto, per il Gip, si ponevano, inoltre, in contrasto con dichiarazioni, giurate, prodotte dalla difesa, di diverse persone che avevano tra l’altro parlato di ragioni di rancore del predetto nei riguardi del Galdieri.

La Corte di appello ha posto in rilievo nel provvedimento impugnato che, successivamente a tale sentenza del Gip, il PM aveva già avanzato in data 11 aprile 2003 una proposta di applicazione al Galdieri della stessa misura di prevenzione poi disposta indicando, a dimostrazione dell’appartenenza dello stesso al sodalizio, un’informativa dei Carabinieri del 19 febbraio 2002, che riportava altre intercettazioni ambientali del 25 settembre 2000 e dell’8 gennaio 2001 dalle quali era emerso che si era parlato del medesimo Galdieri come di un esponente del clan Genovese, nonché le dichiarazioni rese dallo Spiniello il 15 ottobre 2001, il 18 ottobre 2001, il 20 ottobre 2001, il 7 novembre 2001 e il 26 febbraio 2002. Il Tribunale di Avellino aveva però rigettato la proposta ritenendo precluso l’esame di detti elementi in quanto, secondo la Corte di appello, aveva affermato erroneamente che erano già stati oggetto di valutazione nella sentenza del Gip di assoluzione. Ad avviso della corte territoriale, invece, da dettaPage 182 sentenza emergeva che il giudicante, quando aveva valutato la posizione del Galdieri, non aveva preso in esame la conversazione dell’8 gennaio 2001 ai fini della verifica dello specifico episodio raccontato dal Viesto e che le dichiarazioni dello Spiniello del 7 novembre 2001 e del 15 novembre 2001, le sole portate alla conoscenza del Gip, non erano state da costui vagliate perché inutilizzabili in quanto versate in atti dopo la richiesta di giudizio abbreviato avanzata dal Galdieri.

Ha aggiunto la Corte di appello che il 16 settembre 2003 era stata fatta dal Questore di Avellino altra richiesta di applicazione nei confronti del Galdieri della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per anni tre, fondata su un decreto del Gip del Tribunale di Ariano Irpino del 4 febbraio 2003 di condanna di quest’ultimo per il reato di rissa e per la pendenza a carico di un procedimento penale per il delitto di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Il Tribunale di Avellino, però, con decreto del 26 ottobre 2004 aveva respinto la richiesta del Questore osservando che la rissa costituiva un episodio di nessun significato, l’estorsione era rimasto fatto isolato e risalente al 1999 mentre la partecipazione mafiosa era stata esclusa con la sentenza del 2002 e, secondo quanto si evinceva dalla sentenza di condanna, la vittima del fatto estorsivo era stata aggredita dai correi.

Era seguita la proposta del PM, poi respinta dal Tribunale il 20 settembre 2005 sul rilievo che non poteva tenersi conto della condanna per estorsione del 1999 né delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Moscatiello e Spiniello, trattandosi di elementi già vagliati nei precedenti decreti non impugnati e nelle sentenze di merito, e che gli unici elementi nuovi non erano significativi di un’appartenenza mafiosa. Secondo la Corte di appello, appariva evidente l’errore in cui era incorso il Tribunale in quanto le dichiarazioni del Moscatiello mai erano state prese in considerazione nei precedenti provvedimenti e quelle dello Spiniello, anche se erano state menzionate, non erano state valutate da alcun giudice, pur essendo di notevole importanza ai fini del giudizio sulla pericolosità del Galdieri. Per il collegio assumevano significato anche le frequentazioni del Galdieri con tali Dello Russo Carlo e Pagano Beniamino in quanto si trattava di soggetti arrestati in flagranza di un’estorsione con il fratello del Galdieri e proprio di coloro che, insieme ad altri, avevano reso le dichiarazioni prodotte dalla difesa sulla base delle quali il Gip nel 2002 aveva ritenuto non credibili le dichiarazioni del Viesto. Significativa appariva anche la circostanza, evidenziata nella informativa dei Carabinieri, che Genovese Amedeo tenesse appesa in carcere una foto del Galdieri, emblematica del legame tra i due.

Avverso il decreto della Corte di appello applicativo della chiesta misura di prevenzione hanno proposto ricorso per cassazione il difensori del Galdieri, Avv. Gaetano Aufiero e Avv. Antonio Abet.

Il primo difensore ha dedotto tre doglianze.

Con la prima ha eccepito la nullità del decreto della Corte di appello per mancanza di un requisito formale, osservando che in calce al provvedimento era stata apposta la sola firma del consigliere estensore, che aveva sottoscritto anche, quale consigliere anziano, in sostituzione del presidente trasferito ad altra sede, trasferimento che a suo giudizio non poteva ritenersi impedimento tale da giustificare la sottoscrizione per il presidente.

Con il secondo motivo di ricorso ha lamentato la nullità del decreto per violazione del giudicato ai sensi degli artt. 648 e 649 cod. proc. pen., in quanto il collegio aveva utilizzato risultanze investigative risalenti nel tempo e già esaminati nei provvedimenti di rigetto delle proposte da parte del Tribunale di Avellino, le cui decisioni mai erano state impugnate, con la conseguenza che su di esse si era formato il giudicato. In assenza di elementi nuovi, non era possibile una rivalutazione di quelli già esistenti ed apprezzati dal Tribunale che non li aveva ritenuti sufficienti a giustificare l’irrogazione della chiesta misura.

Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto la mancanza dell’attualità della ritenuta pericolosità sociale, necessaria ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione.

L’avv. Abet ha svolto due motivi di ricorso censurando la decisione per violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. in senso analogo al codifensore e concludendo che illegittimamente la Corte di appello aveva ritenuto censurabili o insufficienti, e perciò rivedibili, le valutazioni in precedenza espresse, tra l’altro con motivazione illogica in ordine alla...

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