Sentenza nº 9 da Emilia Romagna, Parma, 14 Gennaio 2009

Data di Resoluzione14 Gennaio 2009
EmittenteEmilia Romagna - Parma

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Luigi Papiano, Presidente

Umberto Giovannini, Consigliere

Italo Caso, Consigliere, Estensore

per l'annullamento

della deliberazione consiliare n. 9196/117 del 26 maggio 2006, con cui il Comune di Reggio Emilia, ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, ha disposto di acquisire al proprio patrimonio indisponibile il terreno di proprietà della società ricorrente, per un'estensione di mq. 79.048;

per la condanna

dell'Amministrazione comunale alla restituzione dell'area occupata, previa riduzione in pristino, o - in via subordinata - al risarcimento del danno.

sul ricorso n. 272 del 2006 proposto da Nuova Sport S.r.l., in persona del legale rappresentante dott. Dante Bagnacani, difesa e rappresentata dall'avv. Alberto Della Fontana ed elettivamente domiciliata in Parma, via Garibaldi n. 23, presso lo studio dell'avv. Alberto Rondani;

il Comune di Reggio Emilia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Guglielmo Saporito e dall'avv. Santo Gnoni, ed elettivamente domiciliato in Parma, borgo Antini n. 3, presso lo studio dell'avv. Giorgio Pagliari;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Emilia;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 16 dicembre 2008 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Riferisce la società ricorrente che essa è proprietaria di un'azienda agricola di ha. 31.23.87 in S. Prospero di Reggio Emilia, in parte interessata da un progetto di ?bosco urbano? elaborato dal Comune di Reggio Emilia; che con sentenza n. 597 del 22 dicembre 2005 questa Sezione annullava l'atto di approvazione del progetto definitivo dell'opera e l'atto di occupazione d'urgenza dell'area corrispondente; che con sentenza n. 309 del 22 giugno 2006 questa Sezione annullava anche l'atto di espropriazione dell'area; che, dopo il rigetto della richiesta di sospensione dell'esecutività della prima sentenza da parte del giudice d'appello, l'Amministrazione comunale disponeva, ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, l'acquisizione al proprio patrimonio indisponibile di una parte del terreno di proprietà della società ricorrente ? per un'estensione di mq. 79.048 ?, con quantificazione in ? 339.676,84 del risarcimento dovuto (v. deliberazione consiliare n. 9196/117 del 26 maggio 2006).

Avverso tale determinazione ha proposto impugnativa l'interessata, deducendo:

1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 43, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.

Essendo l'area destinata a ?zona cuscinetto di mitigazione ambientale? per la creazione di un ?polmone di verde?, è indubbio che la stessa non ha le caratteristiche per essere qualificata come opera pubblica, o comunque come opera rientrante nella sfera di applicazione dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001.

2) Ancora violazione e falsa applicazione dell'art. 43, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.

Anche a ritenere che si tratti di opera pubblica, risulta in ogni caso che ne difetta l'utilizzazione in atto da parte dell'Amministrazione comunale, non essendo a tal fine sufficiente il semplice possesso dell'area.

3) Violazione e falsa applicazione, sotto un ulteriore profilo, dell'art. 43, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.

Uno dei presupposti per l'applicazione della norma di che trattasi è che l'immobile sia stato ?modificato?, e cioè che la realizzazione dell'opera abbia determinato un ?quid novi?, da intendere come profondo cambiamento materiale del bene, tale da fargli assumere una struttura, una forma e una consistenza diverse da quelle originarie. Nella fattispecie, in realtà, il terreno è stato semplicemente fatto oggetto di un'attività agricolo-vivaistica, senza variazione della natura agricola del suolo, e senza dunque quella sostanziale modifica dell'immobile necessaria per l'applicazione dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001.

4) Eccesso di potere per insufficiente e contraddittoria valutazione degli interessi in conflitto, per difetto di adeguata istruttoria, nonché per illogicità ed erroneità dei presupposti, con violazione dell'art. 43, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.

La valutazione degli interessi in conflitto andrebbe effettuata in simili casi con particolare rigore, ed invece l'Amministrazione comunale ha motivato in modo insufficiente, illogico e contraddittorio, oltre che sulla base di un'erronea rappresentazione dei fatti e di un altrettanto grave difetto di istruttoria. Ciò in quanto non è stato effettuato un serio studio a fondamento della presunta necessità di mitigazione ambientale nella zona ? in realtà insussistente alla luce dello stato dei luoghi ?, né si è considerato che l'attività agricola condotta dalla ricorrente avrebbe certamente un effetto più positivo rispetto al bosco urbano per la maggior produzione di ossigeno, né ancora si è correttamente vagliata l'incidenza quantitativa dell'area della ricorrente rispetto all'estensione complessiva del ?bosco?, né infine si è valutato il rapporto costi-benefici alla luce dell'esborso economico che graverà sull'Amministrazione in conseguenza dell'acquisizione del bene del privato.

5) Ancora violazione e falsa applicazione dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001. Eccesso di potere per contraddittorietà e manifesta ingiustizia.

Il risarcimento riconosciuto alla ricorrente appare di importo irrisorio (? 339.676,84), tanto più se confrontato con il valore venale dell'area (? 1.841.818,40) stabilito all'atto dell'espropriazione poi annullata in sede giurisdizionale. Donde un ulteriore profilo di illegittimità dell'atto impugnato.

6) Eccesso di potere per travisamento delle precedenti statuizioni del giudice amministrativo, nonché per contraddittorietà e illogicità.

La determinazione consacrata nell'atto oggetto di impugnativa muove dall'erronea convinzione che, in sede di pronuncia cautelare sulla sentenza n. 597/2005 questa Sezione, il giudice d'appello avesse dato atto della sussistenza dei presupposti di applicazione dell'istituto di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001. Il che vizia il provvedimento, posto che il Consiglio di Stato si era limitato ad un astratto richiamo alla figura dell?«acquisizione sanante», senza addentrarsi nella verifica del caso concreto.

7) Ancora eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità con violazione sotto altro profilo dell'art. 43 del d.P.R. n. 327/2001.

L'atto impugnato risulta esplicitamente sottoposto alla condizione risolutiva dell'esito favorevole per l'Amministrazione della lite pendente con la ricorrente in ordine alla procedura espropriativa pregressa. Tanto vizia il provvedimento comunale, atteso che la determinazione ex art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 non ammette riserve o condizioni di sorta.

8) Ancora violazione e falsa applicazione dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, con violazione anche del successivo art. 57.

Secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione, l'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 non trova applicazione nei casi in cui la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera sia intervenuta prima della data di entrata in vigore di tale normativa, e tanto alla luce della disciplina transitoria di cui al successivo art. 57. Nella fattispecie, dunque, risalendo la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera ad epoca anteriore, illegittimamente l'Amministrazione comunale ha disposto l'acquisizione al proprio patrimonio indisponibile del terreno di proprietà della società ricorrente.

9) Violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Illegittimità costituzionale dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 per violazione degli artt. 111 e 117 Cost.

L'istituto di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 si presenta contrastante con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, così come si evince da varie pronunce della Corte europea, in quanto l'espropriazione indiretta non può mai costituire una alternativa alla espropriazione regolare; e allora la questione va sottoposta alla cognizione della Corte costituzionale per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., stante la subordinazione della legge nazionale alle fonti internazionali. Un ulteriore profilo di incostituzionalità scaturisce poi dalla violazione dei principi del giusto processo (art. 111 Cost.), in ragione dell'intromissione del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, allo scopo di influire sulla risoluzione di una circoscritta e determinata categoria di controversie.

Conclude dunque la società ricorrente per l'annullamento dell'atto impugnato e per la condanna dell'Amministrazione comunale alla restituzione dell'area occupata, previa riduzione in pristino. In via subordinata, ove non sia possibile la restituzione, viene invocata la condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno.

Si è costituito in giudizio il Comune di Reggio Emilia, resistendo al gravame.

L'istanza cautelare della ricorrente veniva prima respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 24 ottobre 2006 (ord. n. 208/2006) e successivamente respinta anche dal giudice d'appello (Cons. Stato, Sez. IV, ord. 27 febbraio 2007 n. 1027).

All'udienza del 16 dicembre 2008, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

La controversia ha ad oggetto il provvedimento con cui, dopo l'annullamento in sede giurisdizionale degli atti della procedura espropriativa preordinata alla realizzazione di un ?bosco urbano?, il Comune di Reggio Emilia ha disposto di acquisire al proprio patrimonio, ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, l'area privata a tale scopo precedentemente occupata, per un'estensione pari a mq. 79.048. La società...

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