Sentenza nº 308 da Constitutional Court (Italy), 17 Dicembre 2013

RelatoreGiuseppe Tesauro
Data di Resoluzione17 Dicembre 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 308

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gaetano SILVESTRI Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

- Giuliano AMATO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione autonoma della Sardegna 12 ottobre 2012, n. 20 (Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17-19 dicembre 2012, depositato in cancelleria il 21 dicembre 2012 ed iscritto al n. 193 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2013 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso, depositato il 21 dicembre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in via principale, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Sardegna 12 ottobre 2012, n. 20 (Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici), in riferimento agli artt. 9, 24, 97, 103, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., all’art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nonché al principio di leale collaborazione.

    1.1.– Il ricorrente impugna il citato art. 1, comma 1, della legge regionale n. 20 del 2012, nella parte in cui stabilisce che «La Giunta regionale, nel rispetto della norma fondamentale di riforma economico-sociale di cui all’articolo 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche ed integrazioni, ed in particolare in applicazione di quanto disposto alle lettere a) e b) di detto articolo, assume una deliberazione di interpretazione autentica dell’articolo 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale nel senso che la fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia è da riferirsi esclusivamente, come in tali disposizioni già stabilito, ai laghi naturali e agli invasi artificiali e non si applica alle zone umide».

    1.2.– Così disponendo, il citato articolo contrasterebbe, anzitutto, con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «con le norme interposte di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost., contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, concernenti la pianificazione paesaggistica congiunta Stato–Regioni (artt. 135 e 143), con la stessa disciplina di statuto speciale (attributiva alla Regione Sardegna di una potestà legislativa regionale propria in materia di tutela del paesaggio, ma nei limiti del rispetto delle norme statali di “grande riforma economico-sociale” di cui all’art. 3, comma 1, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), nonché infine con il principio di leale collaborazione». La disposizione regionale impugnata violerebbe i richiamati parametri costituzionali in quanto attribuirebbe alla sola Giunta regionale, senza alcun coinvolgimento, né preventivo, né successivo, dei competenti organi statali, il compito di interpretare unilateralmente l’art. 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del vigente Piano paesaggistico regionale, che individua, tra le categorie di beni paesaggistici, le «zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi», predeterminando il contenuto di tale delibera regionale nel senso, riduttivo dell’ambito di protezione, che la tutela paesaggistica della fascia di rispetto di 300 metri dalla linea di battigia non si applica per le suddette zone umide, in violazione dell’obbligo di pianificazione congiunta.

    1.3.– L’impugnata disposizione regionale violerebbe, altresì, l’art. 97 Cost., nonché gli artt. 24, 103 e 113 Cost., in quanto mirerebbe a vanificare gli effetti del giudicato formatosi con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, n. 2188 del 16 aprile 2012, che ha annullato una concessione edilizia rilasciata, in assenza della necessaria autorizzazione paesaggistica, per la realizzazione di un edificio, collocato nella fascia di rispetto di 300 metri dalla linea di battigia in una zona umida, imponendo per legge e con efficacia retroattiva una soluzione opposta a quella affermata dal giudice e favorevole ad una delle parti in contesa, in violazione del principio di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, nonché del principio di separazione dei poteri.

    1.4.– Infine, secondo il ricorrente, la norma regionale impugnata contrasterebbe anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU, in quanto il legislatore regionale, con norma sopravvenuta dotata di efficacia sostanzialmente retroattiva, avrebbe inteso interferire nei giudizi in corso e, in particolare, eliminare gli effetti di una decisione irrevocabile dell’autorità giudiziaria.

    1.5.– Il ricorrente chiede, altresì, a questa Corte se, «a seguito dell’auspicata declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 20 del 2012», debba ritenersi «automaticamente caducato anche il comma 2 del predetto articolo, poiché privo di presupposto e quindi inapplicabile».

  2. – Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, la quale, nell’atto di costituzione e nelle memorie depositate nell’imminenza dell’udienza pubblica, ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile e comunque infondato il ricorso promosso nei confronti dell’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 20 del 2012.

    2.1.– In via preliminare, la resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso, per il fatto che il ricorrente non avrebbe sufficientemente dato conto dell’ambito di autonomia legislativa affidato alla Regione resistente dalle norme statutarie. Tutte le censure sarebbero, poi, inammissibili per difetto di motivazione e sarebbe anche inammissibile la richiesta di «automatica caducazione» del comma 2 dell’art. 1, sia perché un simile istituto non sarebbe previsto dall’ordinamento, sia perché non sarebbero indicate le norme da colpire, né sarebbero fornite adeguate motivazioni a sostegno della richiesta di caducazione.

    2.2.– Nel merito, le questioni sarebbero tutte prive di fondamento.

    2.2.1.– Quanto alla prima questione, la resistente rileva che il legislatore regionale, esercitando la propria competenza in materia di tutela paesaggistica, prevista dallo statuto e dalle relative norme di attuazione, preso atto della particolare difficoltà interpretativa delle norme tecniche di attuazione del Piano paesistico regionale, ben poteva e può risolvere detta difficoltà attraverso un’interpretazione autentica delle predette norme tecniche, senza dover sottostare al procedimento di pianificazione congiunta ai sensi dell’art. 135 del d.lgs. n. 42 del 2004. Quand’anche le previsioni del Codice dei beni culturali invocate dal ricorrente fossero considerate quali limiti alla potestà legislativa regionale, la Regione sostiene che esse non sarebbero applicabili nel caso di specie, posto che le zone umide di cui alla norma regionale impugnata non sono quelle per le quali è prescritta, dal citato d.lgs. n. 42 del 2004, la procedura di pianificazione congiunta. In ulteriore subordine, la Regione rileva che, nel caso in cui la Corte dovesse ritenere viceversa che il procedimento di copianificazione debba seguirsi anche al fine dell’individuazione delle “zone umide” in esame, la questione risulterebbe comunque infondata, in quanto nulla impedirebbe che il procedimento per l’adozione della delibera di interpretazione autentica, per la quale la legge dà mandato alla Giunta regionale, passi attraverso il raggiungimento dell’intesa con il Ministero dei beni e delle attività culturali.

    2.2.2.– Anche il secondo gruppo di censure sarebbe privo di fondamento.

    Quanto, infatti, alla pretesa lesione del principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, la Regione ne contesta la fondatezza sulla base del rilievo che la disposizione impugnata non detterebbe alcuna misura relativa all’organizzazione ed al funzionamento degli uffici regionali o degli enti territoriali, cosicché non risulterebbe chiaro come essa possa influenzare il buon andamento dell’apparato burocratico pubblico. Anche la dedotta violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost. risulterebbe priva di fondamento, considerato che la disposizione impugnata non impedirebbe ad alcuno di agire per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, né inciderebbe in alcun modo sul riparto di giurisdizione tra magistratura ordinaria, Consiglio di Stato, Corte dei conti e magistratura militare.

    2.2.3.– Infine, anche la censura inerente alla pretesa violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. in relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU, sarebbe infondata. La norma impugnata, infatti, non avrebbe alcuna pretesa di travolgere il giudicato, ma si configurerebbe quale norma di interpretazione autentica, il...

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