Sentenza nº 246 da Constitutional Court (Italy), 24 Ottobre 2013

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione24 Ottobre 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 246

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gaetano SILVESTRI Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Sabino CASSESE "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

- Giuliano AMATO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 5, commi 1 e 2, della legge della Regione Umbria 4 aprile 2012, n. 7 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2012 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 4-6 giugno 2012, depositato in cancelleria il 7 giugno 2012 ed iscritto al n. 88 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Umbria;

udito nell’udienza pubblica del 24 settembre 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Paola Manuali per la Regione Umbria.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 4-6 giugno 2012 e depositato il successivo 7 giugno, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – per violazione degli articoli 9 e 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Umbria 4 aprile 2012, n. 7 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2012 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali), che ai commi 1 e 2, definisce un modello procedimentale semplificato per la proroga delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività estrattiva vigenti alla data del 31 dicembre 2011 e per le quali è in corso, ovvero si è concluso positivamente, il procedimento di accertamento di giacimento di cava (comma 1), e delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività estrattiva vigenti alla data del 31 dicembre 2011, per le quali non sia stato completato il progetto autorizzato e non sia stata presentata richiesta di accertamento di giacimento di cava (comma 2). Il ricorrente rileva che, in entrambi i casi, la norma regionale prevede espressamente che si tratti di una proroga ulteriore rispetto ai termini biennali di cui agli artt. 8, comma 4, della legge della Regione Umbria 3 gennaio 2000, n. 2 (Norme per la disciplina dell’attività di cava e per il riuso di materiali provenienti da demolizioni) e 4, comma 1, della legge della Regione Umbria 12 febbraio 2010, n. 9 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2010 in materia di entrate e di spese).

    La difesa dello Stato osserva preliminarmente che, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale (confermata dalla sentenza n. 67 del 2010), spetta allo Stato disciplinare l’ambiente e l’ecosistema come entità organiche, attraverso una disciplina unitaria e complessiva (inerente ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto) tesa a garantire, come prescrive il diritto dell’Unione europea, un elevato livello di tutela, in quanto tale inderogabile da altre discipline di settore; sicché la disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l’ambiente nel suo complesso, costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, sottoposte al rispetto degli standard minimi ed uniformi di tutela posti in essere in materia dalla legislazione nazionale e da quella comunitaria di riferimento.

    In particolare, per il ricorrente, i censurati commi 1 e 2 dell’art. 5 si pongono in contrasto sia con le disposizioni della direttiva 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati), sia con la vigente normativa nazionale di settore recata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) ed in particolare con le disposizioni di cui agli artt. da 20 a 28 ed agli Allegati III, lettera s), e IV, punto 8, lettera i), secondo le quali – se è ammissibile sottrarre alla procedura VIA quei rinnovi di autorizzazione per progetti estrattivi autorizzati sulla base di una previa valutazione di impatto ambientale ovvero di una verifica di assoggettabilità a VIA (tenendo comunque presente il termine di decadenza quinquennale stabilito dall’art. 26, comma 6, di detto decreto legislativo) – tuttavia ciò non può avvenire nel caso in cui l’originaria autorizzazione alla realizzazione dell’impianto e la conseguente autorizzazione all’esercizio risultino rilasciate anteriormente all’entrata in vigore della normativa nazionale in esame, di recepimento della disciplina comunitaria.

    Richiamata la giurisprudenza costituzionale e comunitaria in tema di proroghe automatiche delle attività estrattive in assenza di procedure di VIA, che «equivarrebbe(ro) a rinunciare al controllo amministrativo dei requisiti che, medio tempore, potrebbero essersi modificati o essere venuti meno, con esclusione, peraltro, di qualsiasi sindacato in sede giurisdizionale comune» (vengono citate le sentenze n. 67 del 2010 e n. 273 del 1998; nonché le decisioni della Corte di giustizia 3 luglio 2008, C-215/06; 7 gennaio 2004, C-201/02; 16 settembre 1999, C-435/07; 2 maggio 1996, C-133/94), e ribadito che la censurata normativa regionale prevede che l’attività di estrazione di materiale di scavo possa avvenire senza la prescritta autorizzazione ambientale, il ricorrente deduce la lesione: a) dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che attribuisce potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e del territorio; b) dell’art. 117, primo comma, Cost., in ragione della lesione delle disposizioni di derivazione comunitaria (la direttiva comunitaria n. 85/337/CEE) di cui i testi normativi statali (il d.lgs. n. 152 del 2006) costituiscono attuazione; c) dell’art. 9 Cost., in quanto non viene assicurata la dovuta tutela dell’ambiente, rimanendo sostanzialmente esclusa la possibilità di verificare l’eventuale compromissione del territorio conseguente alla prosecuzione dell’attività estrattiva dopo la naturale scadenza dell’autorizzazione o in sua assenza.

  2. – Si è costituita la Regione Umbria, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, concludendo preliminarmente per l’inammissibilità della censura di violazione dell’art. 9 Cost. alla quale la relazione del Ministro per gli affari...

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