Legittimità

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CORTE DI CASSAZIONE PENALE SEZ. VI, 5 OTTOBRE 2011, N. 36022 (UD. 12 LUGLIO 2011)

PRES. MILO – EST. FIDELBO – P.M. (CONF.) – RIC. P.G. IN PROC. G. C.

Appropriazione indebita y Elemento oggettivo del reato y Appropriazione y Amministratore di condominio y Ammanco di lieve entità dalla cassa condominiale y Reato y Sussistenza.

Il reato di appropriazione indebita, da parte dell’amministratore nella gestione contabile di un condominio, si configura anche in relazione ad un esiguo ammanco dalla cassa condominiale, qualora l’amministratore non sia in grado di provare che tale minima differenza di cassa sia riconducibile a cause diverse dalla finalità di indebita appropriazione e non da lui volute consapevolmente. (c.p., art. 646) (1)

(1) Cfr., sempre in tema di appropriazione indebita di somme di denaro da parte dell’amministratore condominiale, Cass. pen., sez. II, 23 novembre 2010, Fabrini, in questa Rivista 2011, 309.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. - Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Palermo, quale giudice del rinvio, a seguito del-l’annullamento disposto dalla Corte di cassazione nei confronti della sentenza d’appello pronunciata il 29 gennaio 2007, che confermando la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la responsabilità di G. C. per il reato di appropriazione indebita, condannandola anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile, ha assolto l’imputata escludendo la sussistenza del fatto contestato.

    I giudici del rinvio, dopo avere premesso che l’impu-tata era stata condannata per essersi appropriata indebitamente del denaro depositato nel conto corrente del Condominio via (omissis), di cui era stata amministratrice dal 1 aprile 1996 al 31 marzo 1997, hanno ritenuto, sulla base della perizia del prof. P., disposta nel corso della precedente istruttoria dibattimentale d’appello, che l’ammanco, calcolato in lire 1.018,754 a fronte della somma di lire 23.637.922 contestata inizialmente, era frutto di una oggettiva confusione nella gestione contabile da parte dell’imputata, escludendo la sussistenza del reato di cui all’art. 646 c.p.

  2. -Contro questa sentenza ha presentato ricorso per cassazione il procuratore generale, deducendo il vizio di motivazione e censurando le conclusioni cui giungono i giudici del rinvio sulla base dei calcoli, ritenuti errati, contenuti nella perizia del prof. P..

    Ha presentato ricorso per cassazione anche la parte civile, denunciando la errata applicazione dell’art. 646 c.p. nonché la manifesta illogicità della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento delle prove, costituite dalle perizie disposte nel corso del giudizio e che avevano accertato ammanchi di cassa molto più elevati di quelli calcolati dall’ultima perizia.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

  3. -Preliminarmente si osserva che l’imputata, nell’udienza di appello del 2 aprile 2010, ha dichiarato di rinunciare alla prescrizione del reato contestatole, che altrimenti avrebbe dovuto ritenersi estinto, ai sensi dell’art. 157 c.p., nel marzo del 2010.

    Ciò comporta la necessità di procedere all’esame dei ricorsi, che appaiono fondati nei limiti di seguito indicati.

  4. - Entrambi i ricorsi hanno dedotto l’intrinseca contraddittorietà della motivazione con cui la Corte d’appello ha assolto l’imputata dal reato di appropriazione indebita, fondando la decisione esclusivamente sui risultati dell’ultima perizia, senza prendere in alcuna considerazione le precedenti consulenze disposte che giungevano a conclusioni diverse in ordine all’ammontare degli ammanchi.

    Infatti, mentre il consulente di parte (rag. C.), quello del pubblico ministero (rag.. R.) e il perito del Tribunale (dott. C.) concordavano sulla somma di circa 20 milioni di lire costituente l’ammanco nella gestione contabile del condominio da parte dell’imputata, il perito nominato in sede di appello (prof. P.) indicava in sole lire 1.018.754 la somma mancante. Ed è con riferimento a tale limitato importo che la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del reato, ritenendo che “una piccola differenza di cassa” non potesse configurare l’ipotesi di appropriazione indebita, dovendo invece essere ricondotta “a cause diverse e non volute consapevolmente dall’agente”.

    Ebbene, come rilevato nei ricorsi, si tratta di una motivazione manifestamente illogica, in quanto l’esclusione del reato, sia sul piano oggettivo che soggettivo, viene giustificata unicamente in relazione all’importo esiguo del-l’ammanco, affermando in maniera apodittica che tale minima differenza di cassa è “riconducibile a cause diverse”, laddove non può certo escludersi che anche un minimo importo possa configurare un’ipotesi appropriativa.

  5. - Peraltro, la motivazione appare illogica e contraddittoria anche sotto un diverso punto di vista, in quanto la sentenza impugnata si è allineata acriticamente sulle conclusioni dell’ultima perizia, senza che tale scelta sia stata giustificata da una seria e approfondita comparazione tra le diverse perizie disposte nel corso del processo: confron-

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    to tanto più necessario dal momento che le conclusioni della perizia P. differivano profondamente da quelle dei precedenti accertamenti tecnici.

  6. -I rilevati vizi della motivazione determinano l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo. (Omissis)

    CORTE DI CASSAZIONE CIVILE SEZ. III, 31 AGOSTO 2011, N. 17881

    PRES. TRIFONE – EST. UCCELLA – P.M. RUSSO (CONF.) – RIC. CONDOMINIO X (AVV.TI IACUBINO E SESTA) C. G.N. ED ALTRA (AVV. GIANNUZZI CARDONE)

    Obbligazioni del locatore y Garanzia per molestie y Infiltrazioni y Azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno y Autonoma legittimazione del conduttore y Sussistenza.

    Parti comuni dell’edificio y Suolo su cui sorge l’edificio y Terrapieno y Presunzione di comunione y Fondamento y Ragioni.

    Sussiste, in capo al conduttore, il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata. In particolare, qualora nell’immobile si verifichi una infiltrazione d’acqua, il conduttore ex art. 1585, comma 2, c.c. gode di una autonoma legittimazione a proporre azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno (Nella specie, il conduttore di un locale commerciale, a causa delle infiltrazioni, lamentava un danno attinente non alla struttura del locale, ma al pavimento in parquet). (c.c., art. 1170; c.c., art. 1585) (1)

    Il terrapieno insito sul suolo su cui sorge l’edificio condominiale, in virtù del combinato disposto degli artt. 1117 e 840 c.c., gode di una presunzione di comunione, perchè su di esso poggia l’intero edificio, ovvero l’area limitata dalle mura perimetrali dell’edificio sulla quale poggia il pavimento del piano terreno e l’area dove sono infisse le fondazioni. (c.c., art. 840; c.c., art. 1117) (2)

    (1) Conforme Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2003, n. 12220, in questa Rivista 2004, 55. Cfr., inoltre, Cass. 20 dicembre 1990, n. 12089, in Giust. civ. Mass. 1990, 2065 e Cass. 6 novembre 1982, n. 5859, ivi 1982, fasc. 10-11.

    (2) Si veda, in senso conforme, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1996, n. 2469, pubblicata per esteso in questa Rivista 1996, 921.

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Il 14 marzo 2001 il Tribunale di Bari rigettava la do-manda proposta da G.N. nei confronti del Condominio di via (omissis) e della Lloyd Italico Assicurazioni s.p.a., volta ad ottenere il risarcimento di tutti i danni da quantificarsi in corso di causa, asseritamene subiti a causa di vistose manifestazioni di umidità sul pavimento in parquet e sui muri perimetrali dell’immobile ad uso commerciale da lui condotto in locazione e rigettava la domanda di garanzia avanzata dal Condominio nei confronti della Compagnia assicuratrice, chiamata in causa dal convenuto Condominio.

    Su gravame principale del G.N. e incidentale del Condominio e della Compagnia la Corte di appello di Bari il 7 marzo 2008 riformava la decisione di prime cure, condannando il Condominio a pagare in favore del G.N. la somma di euro 10.281,62 oltre rivalutazione ed interessi; rigettava l’appello incidentale del Condominio e accoglieva quello dispiegato dalla Lloyd Italico Assicurazioni s.p.a., condannando il G.N. al pagamento delle spese di primo grado da esso istituto sopportate.

    Nell’occasione il giudice dell’appello dichiarava la legittimazione attiva del G.N. nei confronti del Condominio per essere il G.N. conduttore del locale.

    Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il Condominio, affidandosi a cinque motivi, di cui il primo sembra principale, gli altri subordinati.

    Resiste con controricorso il solo G.N..

    L’intimata Compagnia assicuratrice non risulta aver svolto attività difensiva.

    Il ricorrente Condominio ha depositato memoria.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

  7. - Osserva il Collegio che, come deduce il ricorrente Condominio, il primo motivo è dirimente ai fini del presente giudizio.

    Con esso (violazione degli artt. 100 e 81 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.) il Condominio lamenta che la domanda del G.N. era rivolta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti ad un elemento strutturale del locale condotto in locazione dallo stesso, per cui solo il proprietariocondòmino sarebbe, in ipotesi, la persona danneggiata e come tale titolare del diritto risarcitorio.

    La censura è infondata.

    In linea di principio si deve, infatti, riconoscere in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata; in particolare, qualora nell’immobile si verifichi una infiltrazione il conduttore ex art. 1585, comma 2, c.c. gode di una autonoma legittimazione a proporre azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno (Cass. n. 12220/2003). Nel caso in esame e sulla base della CTU il giudice dell’appello ha chiarito che al di sotto del locale...

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